Il ribasso della qualità. L’esempio di Palazzo Citterio a Milano
Il Maxxi propone la mostra “Verso la Grande Brera, Palazzo Citterio. Progetti in mostra”. Cioè la presentazione dei disegni dei tredici gruppi che hanno partecipato all’appalto integrato per il restauro del celebre palazzo milanese. Che da anni versa vergognosamente in stato di degrado e inagibilità.
La storia di Palazzo Citterio è una tipica vicenda italiana di spreco demenziale: già due volte la pubblica amministrazione aveva tentato di restaurare il palazzo, affidando prima la progettazione agli architetti Ortelli e Sianesi e poi a James Stirling. In entrambi i casi, purtroppo, i lavori furono eseguiti solo parzialmente, e la loro sommatoria aveva determinato infine un pastrocchio paradossale e inutilizzabile. Così nel 2012, invece di bandire un concorso di progettazione, si è pensato bene di fare un bell’appalto integrato i cui risultati sono visibili nella mostra al Maxxi. Su tredici tavoli sono esposti i “riassunti dei riassunti” dei progetti, incomprensibili ai non addetti ai lavori, che però hanno la possibilità di leggere – al di sotto dei nomi delle imprese edili che hanno consegnato le offerte economiche – i nomi di alcuni dei più importanti progettisti italiani: Antonio Citterio, Michele De Lucchi, Italo Rota, tanto per fare qualche nome.
Ma incredibilmente non sono loro ad aver portato a casa il risultato. Il vincitore è infatti Amerigo Restucci, il rettore dello IUAV, che si è classificato primo con un ribasso del 38% sulla cifra a base della gara (la media dei ribassi dei restanti dodici concorrenti è pari al 21,9%). Come ha fatto un progetto raffinato come quello di Citterio, nel quale il riuso dei vecchi serramenti è affidato alla mano garbata di un artista come Flavio Favelli, ad arrivare ottavo? Semplice: il ribasso proposto era del 12%.
In domande – e risposte – come questa risiede la profonda ipocrisia dell’appalto integrato e il grande limite della mostra: l’esibizione dei progetti descrive una gara tra alcuni dei migliori architetti italiani, nella quale però il parametro che ha infine determinato l’esito è stato il ribasso percentuale dell’offerta economica, invece della qualità.
Si potrebbe obiettare dicendo che i progetti erano tra loro diversi, e che di conseguenza ogni offerta descriveva una presa di posizione di tipo progettuale e quindi di ordine strategico.
Questo è solo parzialmente vero: la cosa più triste che la mostra rivela è la poca discrezionalità che i progettisti hanno potuto applicare ai loro lavori, i cui binari erano già stati rigidamente impostati dal progetto preliminare redatto dagli uffici della Soprintendenza di Milano.
Per chiarire il concetto, proviamo ad esempio ad analizzare l’elemento che tutte le proposte hanno messo – giustamente – in maggior evidenza: la scala. Ad oggi, dentro palazzo Citterio c’è la scala progettata da Ortelli e Sianesi, che è rimasta incompiuta ed è stata lasciata al rustico. Il preliminare della Soprintendenza prevede di demolire quella scala e di realizzarne una nuova; così ne descrive la geometria, le rampe, il numero di alzate e pedate, i pianerottoli, gli ascensori, e persino uno svaso diagonale, una specie di vezzo architettonico. Di fatto tutti i concorrenti, non potendo progettare la scala, si sono limitati a definirne i materiali e i parapetti, abdicando, loro malgrado, a portare avanti il sia pur minimo tentativo di ricerca e di soluzione spaziale o distributiva. Questo atteggiamento rispecchia fedelmente anche gli altri aspetti dei lavori esposti, che di fatto si limitano ad applicare alle geometrie del progetto preliminare diverse soluzioni di finitura.
Due domande diventano a questo punto inevitabili: se davvero questa operazione progettuale era importante, perché le scelte e gli indirizzi architettonici sono stati stabiliti dai progettisti della Soprintendenza? In secondo luogo: questa operazione, nella quale, come si è visto, l’aspetto economico supera di gran lunga quello culturale, meritava davvero una mostra al Maxxi (e alla Triennale)?
L’unica cosa che merita davvero un commento positivo è il filmato di Gianni Amelio, che descrive poeticamente il solitario palazzo milanese in attesa di una sua definitiva sistemazione.
Francesco Napolitano
Roma // fino al 30 marzo 2014
Verso la Grande Brera, Palazzo Citterio. Progetti in mostra
a cura di Caterina Bon Valsassina, Margherita Guccione
MAXXI
Via Guido Reni 4a
06 39967350
[email protected]
www.fondazionemaxxi.it
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