Vi presentiamo la Vinyl Factory. Dove arte e musica sono letteralmente fuse
Uno sguardo al famoso progetto discografico e multi-spazio londinese. Un laboratorio dove si lavora per sviluppare il lato iconico della musica contemporanea, il cosiddetto vinile d’artista. Che sta assumendo sempre più importanza nell’era del digitale.
Il vinile come rinascimento, nell’era del citazionismo, chiama sempre più spesso in causa l’aura del recording. È la sfida, oltre lo spazio-tempo, di performance multimediali che si convertono in edizioni analogiche a tiratura limitata. Nel magma delle etichette discografiche inglesi che hanno sperimentato la fusione tra arti visive e musica contemporanea, alcune idee di qualità artistica e manifatturiera hanno assunto le sembianze di un’eclettica factory.
In un laboratorio londinese chiamato The Vinyl Factory si lavora per trovare sempre nuovi motivi per parlare di Led Zeppelin, Duran Duran o John Cage, come se non fosse già stato detto abbastanza. Gli spazi della factory ospitano live-performance e producono eccentriche compilation: dai dischi del duo Maurizio Cattelan & Pierpaolo Ferrari, firmati Toilet Paper, passando per gli album incisi in occasione di sodalizi, come quello tra il pittore John Currin e lo stilista Marc Jacobs, fino all’elettronica più sperimentale di Dinos Chapman e Anna Meredith.
Ma The Vinyl Factory è molto più che un’etichetta. Si tratta di un progetto che, dal 2001, porta avanti uno studio di produzione, due gallerie d’arte contemporanea, un negozio di dischi, un negozio online e, dulcis in fundo, anche due note riviste musicali: The Vinylfactory e FACT magazine. Il decennale laboratorio collabora, ormai stabilmente, con un certo numero di artisti impegnati a traghettare la produzione artistica oltre la musica, e viceversa, verso il terreno della produzione musicale. In prima linea c’è Christian Marclay, Leone d’oro alla Biennale di Venezia 2011, che ha manipolato in tutti i modi dischi e giradischi fin dai primi Anni Ottanta. Sulla scia del successo di The Clock, il collage di frammenti audio-visivi presentato a Venezia da Marclay, The Vinyl Factory ha registrato in esclusiva su vinile Groove, uno dei suoi collage di suoni più esemplare. Hanno subìto il fascino della factory anche alcuni enfant terrible della scena inglese, come i Turner Prize Dinos Chapman e Martin Creed. Mentre il primo collabora con The Vinyl Factory a 360 gradi, attraverso esclusivi live-show, presentati in alcuni musei e incidendo edizioni limitate dall’inconfondibile sapore noir, Creed prepara produzioni congiunte tra la Vinyl Factory e la Hayward Gallery di Londra.
Alla Vinyl Factory l’incisione di un nuovo disco, quasi come la presentazione di un totem, si trasforma in una mostra e in uno show, per sperimentare nuovi percorsi e per fruire della musica più attuale. È in quest’ottica trasversale che tante esposizioni della factory hanno visto protagonisti giovani e consacrati artisti della scena inglese, dallo scultore Haroon Mirza al poliedrico Jeremy Deller. L’installazione English Magic che Deller ha presentato alla scorsa Biennale di Venezia, poi trasformata nell’esclusivo English Magic EP, prodotto dalla Vinyl Factory, è protagonista di un tour in Inghilterra proprio in questi mesi.
Se dopo la mania del vinile, è l’ossessione per il cofanetto e per la copertina a farla da padrone, The Vinyl Factory non si fa mancare anche qualche esaustiva monografia, come l’ultima dei Massive Attack. Per il gruppo di Bristol, lo stesso Robert del Naja ne ha curato una intitolata 3D and the art of Massive Attack.
The Vinyl Factory è figlia di quel boom dell’industria del vinile, nuovo e di seconda mano, che è tornato a farsi sentire negli ultimi dieci anni. A tal proposito, a fine anno, uscirà l’atteso libro Vinyl: The Analogue Record in the Digital Age, un viaggio a cura di due sociologi, Ian Woodward e Dominik Bartmanski, che va oltre la nostalgia del disco nell’era della tecnologia. Spazio dunque alle più svariate declinazioni del feticismo del vinile, in veste d’icona della musica contemporanea.
Enrichetta Cardinale Ciccotti
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