Addio, maestro Hollein. Un saluto da Vienna per l’artista e architetto appena scomparso
Scompare a ottant’anni uno dei protagonisti internazionali dell’architettura del secondo Novecento. Artista d’avanguardia negli Anni Sessanta, poi architetto di grande fama. Artefice, nel 1980, della “Strada Novissima” di Paolo Portoghesi alla 1. Biennale di Architettura di Venezia, insieme a Rem Koolhaas, Frank O. Gery, Robert Venturi, Arata Isozaki e altri tra i maggiori esponenti mondiali del postmoderno di allora.
“Lei adesso vuol sapere se il vecchio che ha davanti è pericoloso? So bene che io, il domani, potrei vederlo oppure no. Al tempo stesso potrei immaginarmi un futuro di altri dieci o quindici anni. Non sta a me decidere. Sono pericoloso per questo?”. Si concludeva con queste parole, un po’ risentite, l’ultima intervista che l’architetto Hans Hollein (Vienna, 1934-2014) rilasciò alla rivista specializzata Architektur & Bau Forum nel febbraio 2009, in occasione del suo 75esimo compleanno. L’intervistatore aveva provocatoriamente citato un monito di Bernhard Shaw, secondo il quale bisogna diffidare degli uomini vecchi perché sono indifferenti verso il futuro. Evidentemente un principio che non si addiceva per nulla al grande architetto austriaco. Consapevole, sì, di trovarsi in un’età avanzata, ma non tanto da sentirsi fuori gioco. E, soprattutto, escludendo che il tempo davanti a sé, breve o lungo che fosse, potesse essere un’epoca di rinunce, scaricandosi di dosso le responsabilità etiche della propria professione.
Hans Hollein è deceduto giovedì 24 aprile 2014, dopo cinque anni da quell’intervista. Ottuagenario, ma ancora in piena attività. Era nato a Vienna nel 1934, si era laureato nel 1956 nel corso di Architettura della prestigiosa Akademie der Bildenden Künste Wien; aveva continuato gli studi negli Usa e, dopo aver fatto esperienza presso alcuni uffici di progettazione in America e in altri Paesi, nel 1964 aveva fondato il proprio studio a Vienna. Dal 1995 al 1999 è stato preside presso la viennese Università delle Arti Applicate dopo avervi insegnato per anni.
Ma intanto, nel bel mezzo di una brillante carriera di progettista a livello internazionale, nel 1985 gli era stato attribuito il Pritzker Prize, il maggior riconoscimento mondiale nel campo dell’architettura. Non di meno, nella seconda metà del Novecento ha incarnato il simbolo stesso della scuola austriaca di architettura nella fase cruciale del “ripensamento” del movimento moderno.
Nell’intervista che abbiamo citato, l’interlocutore vuol ricordare a Hollein che uno dei suoi motti di maggior successo è stato “Tutto è architettura”, quindi gli chiede: “La pensa sempre così?”. “Sì, naturalmente”, è la risposta, “mi sembra una frase con molta potenza, che dà spazio a interpretazioni. Questa è anche la ragione per la quale è stata accolta così bene. Architettura non è solo edificare, va molto oltre”.
Franco Veremondi
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