Bernard Tschumi, dal concetto alla costruzione
Si è aperta al Centre Pompidou di Parigi la prima retrospettiva dedicata all'architetto e teorico franco-svizzero Bernard Tschumi. Circa 350 tra tavole, collage, maquette e filmati, organizzati tematicamente, tracciano l'evoluzione concettuale dell'architetto avanguardista dagli Anni Settanta a oggi.
La riflessione di Bernard Tschumi (Losanna, 1944) parte da due principi. Il primo riguarda l’architettura come idea e concetto prima ancora che forma. Il secondo postula un’architettura impossibile da dissociare dagli eventi e dal movimento dei corpi che la abitano (è lui fra i primi a usare la nozione di “programma”, la relazione tra l’evento e lo spazio ormai entrata nel linguaggio corrente della pratica architettonica). Da qui, Tschumi capì molto presto la necessità di esplorare nuovi metodi di rappresentazione per poter progettare proiezioni architettoniche che avrebbero incarnato considerazioni sulle interazioni tra evento, azione e movimento in relazione allo spazio.
Tschumi adotta e fa sue le preoccupazioni filosofiche del suo tempo, più spesso esplorate attraverso il cinema, la letteratura o le arti visive e performative. Queste infatti lo conducono ai margini della disciplina architettonica convenzionale, in un “terreno vago”, come lui stesso lo definisce rifacendosi all’Introduzione all’analisi strutturale dei racconti di Roland Barthes.
Mettendo da parte, o meglio post-ponendo, le preoccupazioni formali e stilistiche per partire dall’esperienza vissuta, poiché l’architettura “non può più essere semplicemente un modo di organizzare gli spazi, ma una modalità di esperienza e un modo di vivere,” Tschumi stabilisce un dialogo tra vissuto e concettualizzazione. Apre così le porte della disciplina a una serie di nuove possibilità teoriche e pratiche, gettando le basi per un nuovo modo di fare e pensare architettura, oltre i disegni e la costruzione. È sua convinzione che l’architettura sia prima di tutto una forma di conoscenza, e solo dopo una conoscenza della forma.
Le preoccupazioni teoriche di Tschumi avranno l’occasione di realizzarsi materialmente in forma costruita per la prima volta nel suo progetto a oggi più famoso, il Parc de la Villette di Parigi, il cui compimento negli anni Novanta lo avrebbe consacrato come architetto audace nella pratica come nella teoria. Le teorie informano anche tutti gli altri suoi progetti, realizzati e non, alcuni più assurdi di altri (il progetto per la competizione per la Bibliothèque Nationale Française proponeva sopra alla biblioteca una pista per l’atletica leggera; non sorprendentemente non vinse il concorso), esposti nel corso della mostra.
L’architetto franco-svizzero si è formato nell’immediato post-1968, periodo intensamente critico in particolare per l’architettura, che non era più “il gioco sapiente, corretto e magnifico dei volumi raggruppati sotto la luce” di Le Corbusier, ma una disciplina investita dal fervore culturale dell’epoca. Tschumi seppe reinventarla, portandola al passo con i tempi e reinserendola così nel gioco delle dinamiche socio-culturali in cui è parte integrante e non mero accessorio. La mostra al Centre Pompidou spiega tutto questo molto bene anche attraverso il materiale d’archivio selezionato dallo stesso Tschumi.
Teresa O’Connell
Parigi // fino al 28 luglio 2014
Bernard Tschumi – Concept & Notation
CENTRE POMPIDOU
Place Georges-Pompidou
+33 (0)1 44781233
www.centrepompidou.fr
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