Giuseppe Stampone e l’anima del volto. L’intervista
Alla GAMeC di Bergamo, il 4 giugno inaugura un percorso personale dell’artista italiano. Cento ritratti inediti, delineati dall’inchiostro della penna a sfera, cento volti di personalità dell’artworld faranno da contraltare a un video sul ritorno elementare all’arte. Abbiamo intervistato Giuseppe Stampone.
Da Ai Weiwei a William Kentridge, da Marina Abramović a Shirin Neshat, da Jannis Kounellis a Maurizio Cattelan: questi sono alcuni fra i cento protagonisti di Ritratti – Bic Data Blue, galleria di volti frontali e a mezzo busto di Giuseppe Stampone (Cluses, 1972; vive a Teramo e Roma), realizzati appositamente per gli spazi della GAMeC di Bergamo. Prendendo a modello immagini trovate su Google e archiviate su iPhoto, i ritratti escludono la ripresa dal vero del soggetto, creando le premesse per una lettura politica dell’intero processo compositivo e del retrostante apparato concettuale. Artribune ha approfondito l’iter formale e allestitivo della personale attraverso la voce diretta dell’artista.
Com’è nata Ritratti – Bic Data Blue?
È una mappatura tecnicamente mutuata dagli Abbecedari, così come dal progetto Global Education, una ricerca nata due anni fa e oggi conclusa, proposta come un’esigenza, un’esperienza di tipo politico. In questo periodo, invece di preoccuparsi di “fare arte” unicamente realizzando mostre, partecipando a fiere, proponendosi a musei e via discorrendo, bisognerebbe rivedere il concetto di “essere” artista. Essere artisti eticamente, al di là del mercato e delle regole di un sistema sempre più autoreferenziale. In qualità di artisti, abbiamo una responsabilità che supera i meccanismi del sistema del quale siamo schiavi felici o infelici, a seconda della temporanea centralità che illusoriamente pensiamo di occupare. A mio parere bisogna piuttosto tornare a essere figure al centro del dibattito dell’arte, del dibattito sul senso che ha oggi fare arte e del suo ruolo nel mondo e nella società. Tutto questo soprattutto in un Paese come l’Italia, che vive un momento storico difficile.
Come si colloca la mostra nell’ambito di questa riflessione?
Questa mostra intende divenire uno strumento attraverso il quale inquadrare e comprendere quale sia il senso dell’essere artista oggi. Dopo cinque secoli di centralismo determinato dalla rappresentazione rinascimentale, si sono rotti gli argini della prospettiva, con la conseguente perdita del senso della nostra identità. Bisogna tornare al centro della propria essenza, al di là di ogni possibile declinazione.
Lavorando con la penna a sfera, quale aspetto ti ha permesso di delineare il tratto veloce ma pastoso di questa tecnica?
Oggi gran parte della conoscenza passa attraverso Internet, in particolare da Google. Le immagini in Rete esistono solo quando le si cerca. Allora appaiono, vivono per il tempo necessario, per poi tornare in non si sa quale magazzino. Io traggo proprio da questo non-luogo il modello compositivo da seguire per comporre i ritratti. L’insieme più popolare delle iconografie a cui mi ispiro fa riferimento a un gruppo di immagini, di volti che la maggior parte della gente conosce e associa ai personaggi da me selezionati. I ritratti fotografici ad alta risoluzione, che cerco su Internet per poi riproporli e riconfigurarli a penna, vengono successivamente eseguiti attraverso numerosi passaggi, grazie alla tecnica della velatura.
La penna a sfera è un medium che mi appartiene da molto tempo e che si adatta perfettamente al mio ruolo di pittore di corte. L’inchiostro, infatti, contiene un’alta percentuale di olio e rievoca la storia della ritrattistica da un punto di vista tecnico e artistico. I miei lavori, infatti, sono tutti pezzi unici e di medie misure, circa 45×70 cm. Una volta conclusi, i ritratti divengono un emblema, sfuggendo alla rapida mortalità prodotta dall’ambiente da cui sono state prelevate le immagini utilizzate per comporli; diventano opere perché ritrovano l’aspirazione all’eternità.
Con quali criteri sono stati scelti i cento soggetti e in quanto tempo sono stati composti?
È una visione multipla, sincronica e indelebile. Un’apparizione stratificata che non solo si interroga su come il ritratto è stato composto, ma anche sul perché è stato realizzato. Un’immagine che, attraverso l’inchiostro blu della penna a sfera, riproduce le aree di luce per trasposizione, apparendo in negativo. Ogni ritratto ha bisogno di molto tempo per essere ultimato e, sebbene stia lavorando a questo progetto da un anno e mezzo, mi sono preoccupato di porre i lavori in una cella frigorifera e di trattarli, per la prima volta, con il compasso, per dare ai contorni una sorta di tridimensionalità.
Per quanto riguarda la scelta dei volti, posso solo affermare che sono stati selezionati per tre motivi: pittoricamente, per la conformazione dei connotati; artisticamente, perché condivido le idee politiche sottostanti al loro lavoro; e, infine, per una mia personale affinità di pensiero. Non è un caso che abbia scelto di ritrarre, ad esempio, Alfredo Jaar, Ai Weiwei o Subodh Gupta.
Come si interseca, oppure come si differenzia, la dimensione temporale del ritratto e quella dell’autoritratto?
La mostra intende porre in evidenza l’importanza dell’essere artista, quale promotore di un’etica dell’immagine e del sé. Tutti, oggi, sono alla ricerca di autorappresentazione e autoaffermazione: la pratica continua del selfie ne è un esempio. Vi è però differenza tra il creativo e l’artista: quest’ultimo possiede, infatti, la coscienza dell’essere artista, ed è una persona che cerca di capire e di mostrare la propria essenza e le inquietudini che da essa derivano.
Ne esistono alcuni che, da “pittore di corte”, ricordi in particolare?
Tutti i ritratti – eccetto il mio autoritratto – mi sono risultati facili; mi sento una fotocopiatrice intelligente, uno scrivano dell’unicità. Non ho avuto alcuna défaillance nella composizione tecnica. Il mio giudizio critico si è, invece, arrestato molte volte durante la scelta dei soggetti. Mi sono dovuto domandare spesso quale fosse la scelta importante per me e per le cose in cui credo. Alla GAMeC presenterò i cento ritratti scanditi in tre moduli da trenta, e in uno da dieci. Serie definite concettualmente, per dividere i volti in macro-gruppi tematici.
Verrà anche proiettato il video inedito L’ABC dell’Arte: come si sviluppa questo lavoro?
Si tratta di un video girato in una scuola elementare americana e mostra alcuni bambini mentre disegnano le lettere dell’alfabeto. L’intento è raccontare l’arte a partire dai suoi fondamenti, dal suo ABC, proprio come se fossi un bambino. L’intenzione è tornare a sognare un’arte pre-sistema, guardandosi dentro, tornando alla gioia dell’essere e non alla fretta del fare. Attraverso questo video ho provato a recuperare le emozioni di quando ero piccolo, quando disegnavo per disegnare, quando senza filtro alcuno riproducevo i colori del cielo e i colori del mare.
Come interagiranno i lavori con gli spazi della GAMeC e quali nuovi significati potrebbero acquisire?
La GAMeC rappresenta una sorta di luogo continuo, uno spazio che ospita un passaggio ininterrotto tra classicità e contemporaneità. I miei cento ritratti, nella loro contemporaneità, risultano assolutamente classici, posthuman, rivisitati seguendo tecniche, misure, proporzioni e materiali antichi.
Progetti futuri?
A settembre inaugurerò una personale alla prometeogallery, a Milano, mentre a ottobre sarò a Roma con un’altra importante mostra all’Istituto Nazionale della Grafica. Inoltre, sto lavorando a un progetto per la Kunsthalle di Würth e a una personale a New York, tra dicembre 2014 e gennaio 2015.
Potresti formulare un augurio o esprimere un pensiero che accompagni la mostra sino alla sua apertura?
Citando Oscar Wilde, mi piacerebbe che chiunque vedesse la mostra fosse disposto a credere a tutto quel che risulta incredibile. Bisogna chiedere all’arte che il passaggio dalla materialità all’immaterialità rappresenti sempre il fantastico, abbandonando la rassegnazione logica alla scienza e alla tecnologia.
Ginevra Bria
Bergamo // dal 5 giugno al 27 luglio 2014
inaugurazione: 4 giugno 2014, ore 18.30
Giuseppe Stampone – Ritratti-Bic Data Blue
a cura di Giacinto Di Pietrantonio
GAMEC
Via San Tomaso 53
035 270272
www.gamec.it
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