Mille tratti per Rimini. Reportage dalla Biennale del Disegno
Venti mostre, mille opere, un mosaico di eventi tra reading, conferenze, performance: è la prima Biennale del Disegno di Rimini. E la Romagna si trasforma - fino all’8 giugno - in un polo magnetico fatto di carta, matite e pastelli. Un'operazione pubblica, ambiziosa e coraggiosa che ha l'obiettivo offrire una panoramica finalmente organica e non frammentata del "primato del disegno".
Impossibile dare conto di tutte le mostre, di tutti gli artisti esposti, di tutti i curatori, perché la Biennale del Disegno è un viaggio senza confini nell’universo dell’opera su carta, dal Cinquecento di Luca Cambiaso ai disegni realizzati solo da qualche mese. E allora vi proponiamo di attraversare questa rassegna tramite una serie di tappe, seguendo un ordine puramente topografico, toccando tutte le sedi delle mostre ufficiali.
Iniziamo dal Museo della Città, e in particolare dalla prima sezione di Krobylos, un groviglio di segni da Parmigianino a Kentridge. La rara sensibilità dei curatori ha accostato, all’interno delle varie sezioni tematiche, disegni antichi e del Novecento o ancora di giovani talenti italiani, facendoli dialogare e instaurando un’immediata consonanza di significati e di schemi compositivi che permette di avvicinare le opere di Tiepolo a quelle di Lucio Fontana, per fare un solo esempio. Nella stessa sede si snodano ininterrotte le sale destinate agli artisti contemporanei, con incursioni nel secolo passato, con il Libro dei sogni di Fellini, con gli elegantissimi manifesti di René Gruau e di Marcello Dudovich, con gli schizzi e i bozzetti per i monumenti pubblici ed ecclesiastici dello scultore Elio Morri, con un cenno a Filippo De Pisis e al suo diario e con le antiche carte della collezione privata bolognese Ridolfi – che conta pezzi dal XVI al XIX secolo – in cui gli angeli svolazzanti fanno da quinta, dentro le vetrine, ai reperti archeologici del museo, senza dimenticare il focus sulla pratica del disegno in archeologia, vero e proprio strumento di lavoro.
Nell’ala del palazzo del museo che fu, fino agli Anni Sessanta, ospedale, quaranta artisti contemporanei occupano le stanze dei tre piani con singoli progetti che declinano il disegno al presente. Seconda tappa Palazzo Gambalunga, sede della biblioteca omonima dove, nelle sale antiche del Settecento, il designer Leonardo Sonnoli propone i suoi manifesti pubblicitari e un omaggio ai libri e alla loro conservazione. Al piano terra, presso la Galleria dell’Immagine, le raffigurazioni oniriche delle bambine di Nicoletta Ceccoli trasportano nel mondo della fiaba, con contaminazioni inquietanti e metamorfosi attraenti e allo stesso tempo spaventose.
Giunti nella piazza principale, la Fabbrica Arte Rimini ospita la seconda parte di Krobylos, centrata in particolare sui disegni del XX secolo, sfiorando il lavoro di decine di artisti fino ad arrivare all’ultima sala che mostra un film animato di William Kentridge. Il piano superiore è dedicato a sua maestà del disegno simbolista di inizio Novecento, Domenico Baccarini, con 43 intensissimi disegni provenienti dalla Pinacoteca di Faenza, i cui volti lasciano senza fiato, e ancora a salire Gianluigi Toccafondo, pittore prestato all’animazione, come ben dimostrano le sue sequenze cinematografiche e le figure continuamente deformate e riplasmate.
Tra i ragazzi che imparano la musica, nei corridoi dell’Istituto Musicale Lettimi che danno luogo a un contesto acustico, è commovente trovare l’omaggio a Paolo Rosa, a cui è dedicato il festival insieme a Saul Steinberg, entrambi recentemente scomparsi: chi conosce le opere di Studio Azzurro può trovare in questi appunti per immagini gli embrioni delle installazioni tecnologiche, il loro scheletro e anche un po’ della loro anima.
A chiudere il percorso, o a cominciarlo, se si vuole, sta la possente mole del Castel Sismomdo, fortezza che durante questa ricca Biennale romagnola contiene altre quattro mostre monografiche. In una biennale del disegno non poteva mancare la graphic novel, e a rappresentarla c’è un grande nome: Hugo Pratt. Le esposizioni su Adolfo Coppedè e Antonio Basoli ci riportano invece in epoche lontane, la prima indagando il gusto eclettico che ha caratterizzato tanta architettura dell’inizio del secolo scorso, e la seconda i viaggi immaginifici e fantastici di un genio visionario, mentre prima dell’uscita dal castello ci aspetta il ritorno al nostro mondo contemporaneo, con disegni a grafite su silicone e su altri materiali non storicizzati dell’artista-filosofo Maurizio Osti.
E non è ancora tutto. La biennale in questi giorni è anche Festival (fino al 25 maggio), e propone rassegne video, incontri (tra tutte, numerosissime, segnaliamo le presenze di Sergio Zavoli, Flavio Caroli, Marco Vallora, Valerio Dehò), workshop, opere collettive e infine una azione collettiva sulla spiaggia, tra ideogrammi, danze e musica.
Marta Santacatterina
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