750mila euro? Ma Celant è come Mourinho! Parla Francesco Bonami
Non riscuoterà enormi simpatie, ma che sia un vincente non ci piove. Il paragone tra José Mourinho e Germano Celant nasce chiacchierando con Francesco Bonami, che ci dice la sua sul caso del maxi-cachet da 750mila euro che il collega è pronto a intascarsi per lavorare alla mostra che accompagnerà Expo 2015. Uno scandalo? Decisamente no...
Cosa c’è di vergognoso, scandaloso o riprovevole nel cachet offerto a Germano Celant?
Assolutamente nulla. È stato contattato per svolgere un lavoro, ha chiesto un compenso e questo gli è stato accordato: che cosa c’è da rimproverargli? Gli architetti, del resto, si comportano così: chiamano Frank Gehry per fare un museo dove non ci si può appendere nulla, chiamano Zaha Hadid per fare un museo che non è un museo e nessuno va a sindacare se ricevono cifre milionarie. Vengono ingaggiati, presentano il conto, vengono pagati: nessuno ha niente da ridire. È esagerato pagare tre milioni di euro Prandelli per allenare la Nazionale? O darne quattro a Mourinho? Sono solo partite di calcio, in fin dei conti. Ma se c’è qualcuno disposto a pagare certe somme… bravi loro che riescono a ottenerle!
Si tratta però di ambiti troppo diversi per essere messi sullo stesso piano: l’architetto ha responsabilità anche penali che il curatore di una mostra si presume non abbia…
Attenzione: parliamo di una somma che è sicuramente alta in senso assoluto, ma se guardiamo al contesto da cui matura risulta parametrata: se è vero che il budget della mostra di aggira tra i sei e i sette milioni di euro circa, il compenso di Celant è assolutamente proporzionato. Ed è qui allora che, paradossalmente, la questione dei 750mila euro diventa lo smoke screen…
In che senso?
Secondo me Demetrio Paparoni, e chi come lui si lamenta per il compenso di Celant, manca il bersaglio quando sceglie di non entrare nel merito del budget complessivo della mostra: è invece proprio quello il tema da affrontare, perché sei milioni per una mostra sono una cifra troppo alta per un evento che dura appena sei mesi. Si tratta di una somma che poteva essere investita nella città. È quello, se vogliamo, il vero nodo da sciogliere. Ma è argomento su cui sembra nessuno voglia intervenire.
Forse a infastidire molti addetti ai lavori è l’assenza di risposte, di spiegazioni da parte dello stesso Celant. Non sarebbe più giusto prendere il toro per le corna e affrontare la situazione, invece di trincerarsi dietro i no comment?
Celant non è in cima alle mie simpatie, ma non si può negare quanto abbia fatto per l’arte contemporanea, non solo in Italia. Credo dovrebbe molto semplicemente ricordare i suoi meriti: lui è uno che può ottenere prestiti ad altri preclusi, che sa attrarre investitori, che ha una riconoscibilità internazionale. Tutti fattori a cui un professionista, legittimamente, dà un prezzo: se questo viene accettato… mica è colpa sua, anzi: tanto di cappello!
Francesco Sala
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati