Artecucina: i fiori di plastica di Piero Gilardi e quelli eduli di Enrico Crippa
Continua il parallelo tra arte e cucina del padre-figlio Aldo e Carlo Spinelli. Questa volta il fulcro d’indagine speculativa sono i fiori, ai fornelli e nel magico mondo dell’arte. Due fuoriclasse a confronto: lo scultore e attivista Piero Gilardi e lo chef tristellato Enrico Crippa.
L’artista è il confidente della natura; i fiori portano avanti un dialogo con lui attraverso la graziosa piega dei loro steli e le sfumature armoniosamente tinte dei loro petali. Ogni fiore ha una parola cordiale che la natura dirige verso l’artista. Parole quasi illuminanti quelle di Auguste Rodin, scultore parigino con l’occhio e il polpastrello lungo, e forse anche profeta artistico dell’illusione carnosa della verità. È interessante far combaciare quello che veramente è e quello che falsamente si vuole esprimere: i fiori di Enrico Crippa, chef d’avanguardia naturale del Piazza Duomo ad Alba, sembrano finti ma invece si mangiano; i fiori dello scultore torinese Piero Gilardi sembrano veri ma invece sono di plastica.
L’occhio non si fa ingannare dai fiori di poliuretano di Piero Gilardi mentre il palato si sbalordisce al gusto delle primule di Enrico Crippa, con la maionese delle stesse primule al posto del capolino o corolla centrale dei fiori. Oppure si può cadere nel tranello con l’ormai celeberrima Insalata 51, sempre di Crippa, ovvero una cornucopia di cinquantun fiorellini serviti insieme, freschi e crudi, e da mangiare rigorosamente con le mani.
Non esiste nulla di più “naturalmente” bello di un fiore. È così bello che sembra finto, e quando è finto può essere così perfetto da sembrare vero. Non è il caso dei fiori e degli altri elementi vegetali dei “tappeti natura” di Piero Gilardi. Realisticamente tridimensionali, si allontanano dalla tradizionale “copia dal vero” tanto quanto dalla “natura morta” rifiutandone sia la destrezza nell’esecuzione che la leziosità del contesto convenzionale. Il loro essere ostentatamente di plastica, di poliuretano espanso dai colori così sgargianti e adulterati, ha il solo scopo di manifestare l’artificiosità dell’arte. Creati alla fine degli Anni Sessanta (in equilibrio tra Nouveau Réalisme e Arte Povera) nella loro smagliante verosimiglianza ponevano il dilemma tra il vero e il falso, tra il naturale del soggetto e la finzione dell’arte che, oltre a essere prodotta a metri, arrotolata e distesa sul pavimento, si concedeva alla vera e propria distensione del “fruitore” che ne apprezzasse la morbidezza. Sia l’arte che la cucina amano la negazione delle consuetudini: se i tappeti natura vanno percepiti con il tatto, anche i fiori di Enrico Crippa superano il piacere dello sguardo.
Relatà o finzione? Naturale o artificiale? Fiori e arte? Le cose sono unite da legami invisibili. Non si può cogliere un fiore senza turbare una stella. Michelin. Grazie Galileo Galilei per la risposta sempre pronta.
Carlo e Aldo Spinelli
www.piazzaduomoalba.it
http://www.italiasquisita.net/foto-di-cucina-l%E2%80%99insalata-con-51-elementi-di-enrico-crippa/
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