Eclettica Russia
Le tensioni politiche tra Russia e Ucraina restano sopra il livello di guardia. E tutto è iniziato nella penisola della Crimea, che già in passato è stata oggetto di storiche dispute. La Russia era appena stata sotto i riflettori olimpici, dando prova di non essere ancora del tutto pronta ad aprirsi ai cambiamenti che la società contemporanea impone, come dimostra l’irrisolta “questione gay”. E dal punto di vista architettonico?
Dal punto di vista architettonico, l’atteggiamento russo – in bilico fra l’insistente carattere conservatore e l’aspirazione a un progresso rapido e all’avanguardia – è risultato evidente nelle scelte fatte per il nuovo Parco Olimpico di Sochi. Da un lato l’impostazione generale sembra volersi allineare con le recenti pianificazioni in materia di Giochi Olimpici; dall’altra, nell’analizzare le singole opere architettoniche, risulta chiara l’incoerenza e la titubanza nel definire un linguaggio valido e riconoscibile.
Al Parco ha lavorato, fra gli altri, uno dei più importanti studi di architettura russi, Gup Mniip Mosproject-4. Fondato nel 1968, ha realizzato numerosi progetti “sociali” a Mosca ed è tra le firme a capo del Moscow Committee for Architecture and Urban Planning, un’istituzione che si occupa di cercare nuove soluzioni nel rispetto nel patrimonio esistente, preservando gli edifici storici e introducendo restrizioni sulle nuove costruzioni nel centro di Mosca. Ma cosa sta succedendo nella capitale più popolosa d’Europa?
All’ultimo Mipim di Cannes – fiera internazionale per i professionisti del real estate – l’architetto capo di Mosca, Sergei Kuznetsov, ha scelto di presentare una serie di grandi progetti in fase di realizzazione su cui la città punterà. Un esempio è il grande intervento nella zona industriale vicino l’impianto automobilistico ZIL, dove stanno lavorando gli architetti di Project Meganon (partecipanti al Padiglione russo che nel 2012 si è aggiudicato una menzione d’onore alla Biennale di Architettura di Venezia).
Sono oltre 200 le aree industriali della città (circa il 20% della superficie urbana) ed è qui che si giocherà gran parte dello sviluppo cittadino. Secondo Kuznetsov, infatti, il territorio è in una “fase di ristrutturazione totale che comporta la radicale riduzione della capacità produttiva, lo sviluppo di una rete stradale e di un sistema di trasporto pubblico efficaci, la costruzione di case, uffici, centri culturali e sportivi”.
Una capitale in esplosione, si potrebbe dire. Basti pensare al progetto della cosiddetta Nuova Mosca, che prevede di espandere di quasi due volte e mezzo la capitale in direzione sud-ovest, per unirla al territorio circostante in un unico distretto federale, su modello di Washington DC. Piani faraonici che cercano costantemente investitori esteri, i quali però spesso tardano ad arrivare. E questo per almeno tre fattori: regole poco trasparenti, assenza di infrastrutture sviluppate e complessità dei collegamenti alle reti di pubblica utilità. E lo stesso vale per gli architetti stranieri, che a Mosca – a differenza di quanto si possa pensare – sono mosche bianche. I progetti realizzati dai non russi sono appena il 2-3%. Negli ultimi quindici anni, ha raccontato Kuznetsov in un’intervista a Russia Oggi, “un gruppo piuttosto ristretto di architetti ha monopolizzato il mercato. Lo hanno diviso in sfere di influenza e sono perfettamente contenti di ciò. Non c’è concorrenza. Hanno imparato a difendersi dagli stranieri e a tenere a bada i giovani architetti”.
Ma, guardando più da vicino il patrimonio architettonico contemporaneo in Russia, ci si rende conto che a essere determinanti, ancor più che i singoli studi di progettazione, sono le grandi società di costruzione, che qui la fanno da padrone (il padiglione di quest’anno alla Biennale di Architettura, strutturato come una fiera, può essere interpretato come un riferimento a questa impostazione?). Tra queste, una in particolare opera con modalità che potremmo prendere a caso studio. È la Krost Construction, fondata agli inizi degli Anni Novanta da Aleksej Alekseevich Dobashin: in vent’anni, e con oltre cinquecento progetti, è diventata una delle più grandi e influenti società del settore immobiliare. Il modo in cui interviene sul territorio racconta un approccio estremamente eterogeneo e capillare, che passa dal riproporre stili “alla maniera di” fino alla ricerca di nuovi linguaggi formali. E per farlo, in molti casi, chiama a raccolta i migliori progettisti europei, organizzando concorsi interni in cui vengono messi a confronto per scegliere la proposta che meglio si addice all’operazione immobiliare che la società ha in programma di mettere in atto.
Il risultato? Una serie infinita di mega insediamenti quasi tutti concentrati nelle nuove periferie, che va dalle forme più organiche dell’Art Nouveau al rigore del Razionalismo all’olandese, passando per le forme neoclassiche del Beaux-Arts americano. Un mix complesso di eclettismo e megalomania, in perfetto stile russo, come risulta evidente dal collage della pagina precedente.
Zaira Magliozzi
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #18
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