Firenze, eppur si muove. Valentina Gensini racconta il progetto Le Murate
Inaugura il 6 giugno a Firenze la mostra “Charlotte Perriand. Un’icona della modernità”. Dove? Alle Murate, nuovo centro dedicato alle arti contemporanee: visive, ma anche performative. Ci siamo fatti raccontare genesi, struttura e progetti futuri dalla direttrice artistica, Valentina Gensini.
Raccontaci qual è stata la filiera che ha portato alla partenza del progetto Le Murate. C’è stato un bando di gara, un’assegnazione diretta? L’associazione Mus.e che tipologia di soggetto è?
Mus.e è un’associazione del Comune di Firenze partecipata al 100% da enti pubblici. Naturalmente fa riferimento ai beni culturali del Comune di Firenze, e si occupa della valorizzazione del patrimonio museale e cittadino. Nel corso del 2013 la direzione cultura ha deciso di assegnarci la direzione artistica di questa parte del complesso monumentale dedicandolo non più a eventi culturali genericamente intesi ma richiedendoci un progetto culturale specificamente dedicato al contemporaneo, secondo modalità inclusive e aperte a tutte le associazioni del territorio. È infatti interesse dell’assessorato che questo luogo pubblico resti aperto a tutti, cosa che noi garantiamo. L’unica selezione che facciamo è sulla qualità dei progetti.
Ora raccontaci di te, Valentina Gensini. Quale la tua carriera fino ad ora, come sei arrivata fin qui, quali i tuoi progetti per il futuro.
Sono storica dell’arte e curatrice, e questa doppia dimensione tra ricerca e contemporaneità fa parte del mio Dna. Mentre ancora frequentavo la scuola di specializzazione con Crispolti a Siena, ho lavorato per qualche anno alla Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti con Carlo Sisi, prima con un incarico della Soprintendenza per lavorare alla realizzazione del catalogo generale del museo, quindi con collaborazioni a cataloghi e pubblicazioni, e con una borsa di studio biennale della Fondazione Ambron Castiglioni, cui è seguita una pubblicazione recentemente presentata alla Galleria d’arte moderna. In quel periodo fui selezionata per il primo Seminario Internazionale di Museologia dell’Ecole du Louvre a Parigi, che ho frequentato nell’estate 2004.
E la parte curatoriale?
Ho curato mostre ed eventi dedicati al contemporaneo a Palazzo Pitti, al Museo Marini, a Monza, a Santa Maria della Scala a Siena; ho lavorato per oltre due anni come consulente per la Strozzina, dove ho co-curato la mostra Green Platform. Arte Ecologia Sostenibilità nel 2009. Sempre mantenendo il binario Novecento/Contemporaneo, nel 2010 ho co-curato la mostra Novecento Sedotto a Villa Bardini, sul mito del Seicento nel Novecento. Ho tenuto seminari e collaborazioni presso l’Accademia di Belle Arti e l’Università di Firenze; per l’Università di Siena ho tenuto e coordinato un corso sulla mediazione del contemporaneo attraverso la videoarte sotto la direzione di Anna Mazzanti per un progetto di ToscanaIncontemporanea.
Arriviamo così alle Murate?
Nel 2011 ho partecipato alla sua “nascita” e ho avuto la direzione artistica della Notte bianca, completamente dedicata al contemporaneo, in cui abbiamo cercato di condividere con la cittadinanza gli esiti artistici di realtà di ricerca in ambito visivo, musicale, performativo: Virgilio Sieni iniziò un bellissimo progetto per i cenacoli, Tempo Reale creò un percorso inedito di Palazzo Vecchio attraverso improvvisazioni live, artisti performativi del teatro di ricerca italiano proposero le loro performance in strada e nei chiostri, alla Pergola invitai la Turandot dei Kinkaleri gremita di bambini entusiasti, Ryoichi Kurokawa presentò una performance sonora e video prima di essere alla Biennale di Venezia nel giugno successivo… Fu un progetto di grande sfida, in cui la ricerca del contemporaneo è stata “arganianamente” condivisa con i cittadini e non più esclusivamente con gli addetti ai lavori; come ora nel progetto delle Murate, ci muoveva una forte tensione condivisa con gli artisti: la fiducia nella possibilità di una condivisione della ricerca con la cittadinanza, anche attraverso installazioni e iniziative di arte pubblica. Ci abbiamo riprovato con il Progetto Riva, un progetto pubblico partecipato dedicato al fiume Arno all’interno dell’Estate fiorentina 2012 e 2013.
Dal 2012, dopo la curatela delle Arti visive per il festival Fabbrica Europa 2012 con il progetto Post Elettronica, sono stata chiamata dall’amministrazione a lavorare per il Museo del Novecento, quindi alla direzione artistica di questo progetto per le Murate. Il lavoro di questo momento è così denso che non mi consente di pensare al futuro prossimo!
Al di là della tua direzione artistica, quali sono gli altri incarichi? Da chi è composto lo staff del progetto e che durata avrà il progetto stesso?
Giada Margheri si occupa di front office e back office e mi aiuta nell’organizzazione di tutte le iniziative che produciamo e ospitiamo, lavorando a tempo pieno per Le Murate. Altri colleghi di Mus.e lavorano sia sui musei civici che sulle Murate. Progetti Arte Contemporanea: Valentina Zucchi responsabile dei progetti di mediazione insieme ai mediatori, tra cui Giaele Monaci e Yan Blusseau, Andrea Batistini responsabile operativo, Lorenzo Valloriani e Daniele Pasquini alla comunicazione. E poi c’è tutto il gruppo di referenti del Comune di Firenze cui facciamo riferimento e che lavorano con noi, con grande affiatamento: il funzionario Rodolfo Ademollo con Laura Calderaro e Daniele Pasquini per la direzione cultura; e l’architetto Mario Pittalis, “padrino” delle Murate, che ci accompagna fin dal primo giorno aiutandoci a rendere questo spazio sempre più funzionale. Tutti insieme lavoriamo per sostenere il progetto, ciascuno con le proprie competenze ed esperienze.
Quali sono, prima di entrare nello specifico dei singoli progetti, le linee guida curatoriali e generali dell’iniziativa. Come l’hai concepita?
Le Murate. Progetti Arte Contemporanea vuole offrire alla città un centro di ricerca e produzione. Un luogo che, al di là dei progetti espositivi che vi si proporranno, lavori con specifica attenzione alla processualità dell’arte, alla ricerca che la produce, e alle dinamiche di sviluppo e articolazione dei linguaggi del contemporaneo. Il tutto in un’ottica convintamente interdisciplinare. È un limite tutto italiano quello per cui le arti visive vivono scarse e occasionali relazioni con quelle performative (si parli di musica, teatro, danza). Credo sia interessante guardare all’ibridazione dei linguaggi – dato per altro ormai storicizzato – in un luogo che non privilegi l’una o l’altra disciplina, ma che le accolga tutte favorendo l’incontro e il confronto dei differenti approcci. Inoltre offriamo finalmente un’emeroteca – che abbiamo chiamato più semplicemente Spazio riviste – dedicata al contemporaneo in cui giovani, artisti, curatori e curiosi possono aggiornarsi sul dibattito critico internazionale. Anche la programmazione di incontri con artisti, conferenze e presentazioni di libri costituisce un importante momento di aggiornamento. Le residenze per artisti invece offrono finalmente uno spazio di lavoro in città.
Raccontaci come sono suddivisi gli spazi e all’interno di quale contesto monumentale (e immobiliare) sono collocati. Quanti sono i mq a disposizione, quanti espositivi, quanti per residenze?
Anche gli spazi sono ibridi e versatili. Lo Spazio Riviste, di circa 100 mq, è dedicato alla lettura delle riviste cartacee e alla fruizione in formato elettronico su tablet, ma anche a presentazioni. L’attigua Sala vetrata è uno spazio molto ampio dedicato a convegni, conferenze, ma anche a performance artistiche. La stiamo dotando di una vera e propria pedana danza in modo da poter ospitare lavori performativi (il piano terra può ospitare fino a 150 persone). Al primo piano c’è la sala colonne, grande come lo Spazio riviste del piano terra, dedicato a workshop e piccole presentazioni; infine ci sono le nove celle di 15-16 mq ciascuna adibite a studio, e il carcere duro, il cuore pulsante della memoria storica delle Murate.
Come mai avete puntato su uno spazio solo per le riviste d’arte? Non le considerate un tantino superate?
Tu non puoi dirmelo! Sono molti anni che propongo alle istituzioni di aprire un’emeroteca. Quando ancora studiavo storia dell’arte contemporanea con Maria Grazia Messina, che ci raccomandava sempre di aggiornarci sulle riviste, trovavo difficoltà perché desideravo leggere le riviste internazionali di arte, architettura, design e a Firenze era difficile trovarle sia al Kunst che alla biblioteca dell’Università. Mentre si trovavano ottime riviste critiche legate alla storia dell’arte, sul contemporaneo si faceva fatica. Credo che invece per i giovani studenti di storia dell’arte, accademia e architettura sia un’opportunità fantastica, ma non penso solo a loro. Anche curatori, artisti, intellettuali, studiosi e curiosi potranno beneficiare di un servizio di questo tipo.
Con quali risorse si sostiene il vostro programma? C’è l’impegno della Regione? Ci sono i fondi di Arcus? Quanto costa Le Murate Pac? Riuscite a catalizzare anche investimenti privati?
Naturalmente c’è l’impegno del Comune, che copre le spese della struttura e del personale, e che finanzia alcune iniziative durante l’anno. Per il 2013/14 Arcus ha finanziato un importante progetto per cui abbiamo formato i nostri mediatori tramite un aggiornamento metodologico con i dipartimenti educativi di Mambo, Mart, Macro, Maxxi e Palazzo delle Esposizioni; con loro sono stati elaborati formati di mediazione dedicati a target specifici: bambini, teenager, anziani; oppure destinati a utenti particolari come famiglie o gruppi inclusivi persone diversamente abili.
La Regione ci ha selezionati tramite il bando per ToscanaIncontemporanea a cui abbiamo subito partecipato, e che finanzia alcuni progetti di residenza. C’è poi la partnership di associazioni come Selfhabitat cultura con cui produciamo una serie di conferenze sul design e una importante mostra, e l’adesione di sponsor privati come Unicoop che sostiene uno speciale progetto di mediazione sul contemporaneo.
Come funziona in particolare il programma di residenze? Sono studi o proprio appartamenti? Come li fate girare? Per quanto tempo li assegnate?
Le residenze si svolgono su più livelli: ci sono le residenze internazionali che prevedono da parte nostra la messa a disposizione delle sale, più uno studio personale, mentre gli artisti risiedono o presso strutture convenzionate oppure presso la Fondazione Kennedy, come nel caso di Valeria Muledda, che ha lavorato qui per un semestre venendo da Parigi.
Ci sono poi le residenze con artisti del territorio: in questo caso si mettono a disposizione spazi di lavoro e uno studio in modo che possano realizzare un progetto: è il caso di Nicola Toffolini, che sta svolgendo una residenza di sei mesi per portare avanti un progetto sul disegno; oppure di un gruppo di danzatori indipendenti che, con il coordinamento di Marina Giovannini e Cristina Rizzo, in agosto inizieranno una residenza di cinque mesi con progetti speciali sulla danza comprensivi di sharing training, incontri teorici sulla danza e performance contemporanee, serate spettacolo con primi studi, coinvolgimento delle scuole e del pubblico nelle prove.
In altre mostre collettive hai puntato molto non solo sui giovani (sarà un fil rouge che seguirai?) ma anche sull’interpretazione di questi particolari spazi un tempo convento, un tempo carcere…
I giovani mi interessano molto, ma non in modo esclusivo. Mi piace e mi interessa pensare a loro come fruitori da coinvolgere, ma anche attori da stimolare, magari in relazione e collaborazione con artisti più maturi. Lo scambio generazionale è un elemento interessante e può generare situazioni straordinarie, di grande arricchimento reciproco, per cui è un fattore che cerco di stimolare. Un progetto molto importante è quello di Nuclei (vitali). Con questo intervento site-specific, la prima grande committenza che abbiamo fatto in collaborazione con Tempo Reale, Valeria Muledda insieme al giovane Francesco Casciaro ha ridato vita al carcere duro trascorrendo sei mesi alle Murate per realizzare un vero e proprio lavoro di “archeologia” e raccolta di fonti, documenti, racconti importanti. Dopo uno studio approfondito sulle vicende del carcere duro, ha risposto con una complessa installazione site specific di grande valore.
Parliamo di Firenze e di arte contemporanea. Sia in città, ovviamente, che in regione. Il Pecci, con Fabio Cavallucci, si è forse rimesso in carreggiata, mentre in città la situazione è ancora frammentata. Come la giudichi? C’è il Marino Marini, c’è la Strozzina, Ex3 – anch’esso affidato a un’associazione cittadina – non riparte, come mai? Come vedi l’offerta culturale della città e come si pone in questa Le Murate, con quali relazioni, con quali collaborazioni, con quali sinergie?
Cavallucci al Pecci è una benedizione: una figura di grande e comprovata professionalità che potrà guidare questa istituzione sempre più importante, con al fianco l’ottimo Stefano Pezzato. Marino Marini e Strozzina, pur con uno stile e un calibro differenti, arricchiscono la scena fiorentina con proposte espositive. Di Ex3 non si sa ancora niente e attendiamo che l’associazione vincitrice del bando si palesi.
Le Murate non vuol creare un ennesimo spazio espositivo, né avremmo i fondi per farlo. Puntiamo su una linea diversa, legata alla processualità dell’opera nel suo compiersi, alla produzione, al confronto tra le arti. Più laboratorio, più interdisciplinarietà e meno mostre. Tra l’altro mi piace pensare che le nostre mostre verranno generate dal lavoro di questo centro di ricerca, che anche su questi temi potrà interrogarsi: il formato “mostra” può ancora essere luogo di sperimentazione o ormai è un modo classico e cristallizzato di presentare l’arte? S’intenda, i classici sono sempre validi, ma al momento sono piuttosto interessata a formati nuovi, magari legati alla messa in discussione dello spazio-città con interventi di arte pubblica, come il Progetto Riva che ho curato nel 2012 e 2013.
Quali saranno i prossimi progetti a Le Murate? Nuovi nomi in residenza, nuove mostre, nuovi cambiamenti dei prossimi mesi?
Abbiamo già previsto un progetto di interventi di arte pubblica con una breve residenza di artisti dal Galles in collaborazione con Art Council of Wales e Spazi Docili; curerò una mostra del fotografo Gabriele Galimberti, che poi sarà al V&A Museum; una residenza di Studio Vuoto intitolata Corpo-Città; una serie di lezioni di design curate da Vanni Pasca e una grande mostra su Charlotte Perriand in collaborazione con Selfhabitat Cultura, finanziata da Cassina; un solo di Francesca Foscarini, Gut Gift, con la coreografia di Jasmeen Godder in collaborazione con Fabbrica Europa; una live performance di Emanuele Becheri; collaborazioni con Kinkaleri e lo Spazio K…
Massimiliano Tonelli
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