Sei anni per cambiare la Campania. Intervista con Domenico De Masi
Nell’ambito del Forum Universale delle Culture, spicca il progetto Campania 2020. Lo dirige il sociologo Domenico De Masi e il 18 giugno si tiene il primo di cinque incontri. Cosa si farà e con quali obiettivi lo abbiamo chiesto allo stesso De Masi.
Professore, partiamo dai fondamentali: spieghi brevemente cos’è il Forum Universale delle Culture.
Il Forum Universale delle Culture è una manifestazione itinerante che intende risvegliare l’interesse per la creatività artistica, letteraria e socio-economica. Per una regione come la Campania e per le sue cinque provincie, che si collocano agli ultimi posti nella graduatoria della qualità della vita in Italia, si tratta di un’occasione preziosa non solo per esibire le sue potenzialità, ma per programmare il suo sviluppo.
A proposito delle politiche culturali in Campania, la Commissione Europea ha rilevato senza mezzi termini che “non esiste una vera e propria programmazione delle azioni da mettere in campo a medio e lungo termine per ottenere una vera e propria strategia, segnatamente in funzione di un obiettivo di divulgazione delle attività e delle manifestazioni culturali organizzate nella Regione Campania. La programmazione è effettuata su base annuale, secondo criteri non definiti preliminarmente, sotto forma di decisioni ad hoc delle autorità regionali”. La formulazione non è delle più felici sotto il profilo scientifico ma la sua sostanza è chiara: occorre che la Regione Campania elabori una strategia pluriennale entro la quale imbrigliare i suoi interventi e con la quale indirizzare lo sviluppo delle attività culturali programmate sul suo territorio.
Cos’è invece Campania 2020?
Per contribuire al rispetto di questo dovere imposto dall’Europa, il progetto Campania 2020 si è proposto una serie sinergica di attività (una ricerca-intervento, un volume, un forum, cinque eventi) capace di raggiungere i seguenti obiettivi: costruire uno scenario credibile su come potrà evolvere il sistema della cultura in Campania dal 2014 al 2020; fornire un set di indicazioni e raccomandazioni per l’intervento pubblico nel settore culturale, utili a formulare le strategie regionali 2014-2020; suscitare un aumento di attenzione sullo sviluppo culturale sia fra gli operatori del settore, sia fra gli studiosi del settore stesso e nell’insieme della popolazione campana; consentire agli studiosi, agli operatori e ai cultori dei diversi comparti del settore culturale di discutere, assimilare e approfondire i contenuti dello scenario previsionale e del set di raccomandazioni, in modo da favorirne la valorizzazione pratica nella loro azione quotidiana.
Quali saranno le azioni concrete in questo senso?
Le azioni concrete che il progetto Campania 2020 pone in atto per raggiungere questi obiettivi sono: un’indagine previsionale condotta con metodo Delphi, basata sulla consultazione di un panel di prestigiosi esperti, sul futuro dell’offerta culturale in Campania; un forum, in cui i risultati dell’indagine previsionale sono stati discussi approfonditamente dagli esperti che l’hanno realizzata e da un gruppo di qualificati discussant scelti tra i massimi decision maker e operatori culturali della Regione; un ciclo di cinque workshop, ognuno relativo a un diverso tema emerso come particolarmente significativo dalla ricerca previsionale. Ogni tema è discusso da prestigiosi esperti della materia, sotto la guida di un chairman qualificato.
Tutto ciò a cosa servirà?
Attraverso questo sistema di interventi, che occuperà un arco di vari mesi, si intende offrire elementi utili a chi dovrà condurre a sistema la programmazione strategica e le azioni pratiche degli enti culturali della Regione; indirizzare i diversi flussi finanziari; precisare i nessi esistenti tra fondi ordinari e fondi europei; mettere in sinergia la cultura, la ricerca, la formazione e il turismo; individuare, attrarre, formare e fidelizzare i talenti; definire il genius loci dei singoli sottosistemi territoriali della Campania; far percepire la cultura campana come motore di aggregazione e sviluppo; programmarne gli ambiti; pianificarne l’organizzazione; ripensarne le modalità di sostegno; monitorare la qualità dei servizi offerti; realizzare un riassetto normativo del settore con un unico codice regionale.
Ma nella pratica?
È chiaro che questi obiettivi potranno essere raggiunti solo attraverso successivi interventi concreti, coerenti con i risultati dell’indagine previsionale e dei workshop. Se ne può immaginare un primo elenco: tutela e valorizzazione delle risorse culturali di natura materiale e immateriale; creazione di nuove risorse; messa in rete delle principali risorse già diffuse sul territorio; formazione del personale responsabile della gestione culturale; offerta competitiva delle risorse disponibili e create ex-novo; potenziamento dell’imprenditorialità e del management culturale.
A ognuno di questi punti il progetto Campania 2020 può offrire un prezioso supporto conoscitivo e divulgativo, avviando la costruzione di un osservatorio permanente sulla domanda, sull’offerta e sull’organizzazione dei musei e dei luoghi espositivi, degli istituti culturali, delle biblioteche, delle istituzioni per la formazione artistica e culturale, del cinema, del teatro, dei festival, dell’urbanistica, dell’architettura, dei sistemi informativi connessi ai vari settori della cultura.
Il ciclo di incontri che inizia il 18 giugno parte dalle solide basi di uno studio che riguarda il contesto culturale campano. Alcuni giorni fa su Artribune abbiamo fornito alcune cifre: ci aiuta a interpretarle? Ha senso, ad esempio, che una Regione abbia 7 università e 43 festival? Significa ricchezza o dispersione, in linea generale e nella fattispecie?
La Campania ha nove festival jazz sconosciuti in Italia e all’estero. L’Umbria ha un solo festival jazz conosciuto in tutto il mondo. È ovvio che la qualità deve prevalere sulla quantità. A suo tempo proposi di ridurre tutti i festival campani a sette. Non ridurrei, invece, le università ma ne farei altrettante eccellenze, capaci di attirare studenti da tutto il mondo. Darei comunque la precedenza assoluta alla creazione di una scuola alberghiera prestigiosa come quella di Losanna.
Passiamo ai flussi turistici: in maggioranza si tratta di turismo interno e la permanenza di poco superiore ai quattro giorni. Pensando alla classica vacanza mare e cultura, sono pochini…
Il turismo non si giudica in base al numero di turisti ma in base alla loro qualità e al loro potere d’acquisto. Sotto questo profilo, un turista di Ravello vale tre turisti di Amalfi e due turisti di Capri.
Restiamo ai fondamentali: una buona fetta di potenziali turisti evita la Regione per paura della micro e macro criminalità. Si tratta di una percezione supportata anche da diverse guide. La cultura come può essere di ausilio a questa percezione? Perché non basta dire che Napoli ha la più bella metropolitana del mondo…
Il Brasile potrebbe avere più turisti della Spagna ma la violenza dissuade i potenziali clienti. Stessa cosa vale per la Campania. Non si tratta di percezione ma di realtà: in Italia, sotto il profilo socio-economico, la nostra regione è ultima in quasi tutti i parametri positivi ed è prima in quasi tutti i parametri negativi.
Chiudiamo non con una ricetta, ma con una visione verosimile: come si immagina la Campania del 2020? E come è possibile concretizzarla?
Sono un sociologo e dunque giudico e immagino in base ai dati. Sono, inoltre, un sociologo che in Campania si è impegnato concretamente e su più fronti: università, ricerca, turismo, amministrazione. Lo studio e l’esperienza mi hanno insegnato che gli aspetti positivi della regione ci vengono dalla natura (clima e panorami) o dagli antenati (storia e monumenti).
Ben quattordici aspetti negativi, invece, sono imputabili solo a noi stessi: pressappochismo, infantilismo, incompetenza, arroganza, presunzione, familismo, clientelismo, rozzezza, trasformismo, provincialismo, disfattismo, sospetto, irriconoscenza. Soprattutto disorganizzazione.
La Campania 2020 sarà migliore della Campania 2014 solo se in questi sei anni riuscirà a liberarsi di questi quattordici difetti che si sono accumulati nel corso dei secoli. Purtroppo il sottosviluppo è una cosa seria: richiede impegno e tenacia. Ma, quando si è insediato in un territorio, non è facile estirparlo.
Marco Enrico Giacomelli
http://www.forumdelleculture.it/programma-eventi.cfm?manifestazione=17
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