Un’estate ad arte. Al Muse di Trento
Tre mostre di arte contemporanea animano quest’estate il Museo delle Scienze progettato da Renzo Piano a Trento. Dai tronchi sonorizzati di Roberto Pugliese fino alla biodiversità dipinta da Maurizio Boscheri e alle sculture en plein air di Bruno Lucchi. Un’analisi delle potenzialità - ma anche delle problematiche - di questa nuova sinergia.
Proprio quest’estate – per la precisione il 27 luglio – il Muse di Trento compie il suo primo anno di attività. La “montagna” di Renzo Piano continua ad affascinare i suoi visitatori con gli scenografici allestimenti e le esperienze interattive, ma conferma anche la propria vocazione di hub culturale, facendosi sede in questi mesi di ben tre mostre di arte contemporanea. Tre progetti autonomi ed eterogenei, dalla pittura alla scultura fino agli interventi installativi, ma tutti strettamente legati alle caratteristiche e alle attività del nuovo Museo delle Scienze.
Nell’ampio spazio dedicato alle mostre temporanee al secondo piano, giunge direttamente da Verona il Concerto per natura morta di Roberto Pugliese (Napoli, 1982). La scelta è giustificata in primo luogo dalla concomitanza con l’altra temporanea (Wood) ospitata al piano inferiore: i tronchi cavi sonorizzati da Pugliese offrono una visione diversa ma non alternativa delle problematiche dell’ecosostenibilità. La loro sospensione da terra – come tanti vascelli di una consapevolezza residua – richiama anche la spettacolare cascata del Big Void al centro del museo, dove sono i fossili e le tassidermie a stimolare quel bisogno d’incontro e di conoscenza. Il progetto giunge direttamente da Studio La Città (curato da Valerio Dehò e Olimpia Eberspacher) e testimonia una nuova sinergia tra una galleria d’arte contemporanea e un Museo delle Scienze di concezione moderna.
Rispetto all’allestimento veronese, il progetto perde forse quel senso di totale immersività sonora, disperso negli ampi spazi e nei rumori diffusi del museo, ma guadagna proprio da questa perdita un maggiore coinvolgimento del visitatore, stimolato ad avvicinarsi, a interagire (pur con la dovuta cautela) e a scoprire le minime variazioni del soundscape. In linea con la mission del museo, dopo la fase dell’interazione giunge quella della consapevolezza: questi tronchi ospitano infatti la traccia sonora (elettronicamente rielaborata) degli ambienti naturali cui erano appartenuti. Come nota Valerio Dehò, Concerto per natura morta “restituisce vita agli alberi attraverso il suono, la musica diventa la loro rinnovata sostanza vitale”. E il rapporto fra natura e tecnologia diviene quanto mai organico.
Scesi al piano sotterraneo, prima di accedere al microclima della serra tropicale, s’incontra la mostra BioDiversitArt del pittore trentino Maurizio Boscheri (Mezzolombardo, 1955). Selezionato tra i partecipanti del Padiglione Italia di Vittorio Sgarbi, la sua opera è stata accostata a quella di Ligabue e di Keith Haring, o anche alle pratiche della Transavanguardia. Una certa carenza sul piano concettuale e nella consapevolezza storico-artistica è compensata dalla buona abilità tecnica, che gli permette di non sacrificare il realismo della rappresentazione alla grande vivacità cromatica. In questo la sua esposizione s’inserisce organicamente nel percorso del museo: una pre-immersione nell’ambiente pluviale tramite un sovraccarico di stimoli immaginativi, per ritrovare nella serra tropicale le tracce di una fauna ricca ed esuberante, ma anche per invogliare a una discriminazione scientifica di tale esuberanza, compito assunto in particolare dal ricco catalogo che accompagna la mostra.
Nel vicino eco-quartiere Le Albere (parte integrante del progetto di Renzo Piano) sono poi installate le sculture di Bruno Lucchi, anch’egli trentino, per il progetto MUSE en plein-air. L’allestimento si diffonde attraverso il viale centrale e i grandi parchi circostanti, instaurando un dialogo che parte già dalla scelta di materiali quali il semirefrattario o l’acciaio corten, per suggerire un connubio con l’ecosistema e con i suoi processi di continua mutazione. I soggetti rappresentati alludono a forme di consapevolezza archetipica, figure mitologiche in cui i generi si mescolano e confondono. Per quanto meno strettamente integrata con gli obiettivi e le pratiche del museo, la mostra esalta le potenzialità urbanistico-paesaggistiche del suo eco-quartiere, e si pone come primo passo di un progetto che coinvolgerà un numero crescente di artisti contemporanei.
Sicuramente si potrà criticare la qualità scostante di questi progetti espositivi, che spaziano dalla più coerente ricerca concettuale fino a rievocazioni mitico-androgine o a naturalismi pseudo-naïf. Occorre però notare come, per il pubblico che frequenta abitualmente il museo (bambini con famiglie al seguito), un Damien Hirst – giusto per citare un esempio all’ordine del giorno – sarebbe potuto risultare non poco indigesto. Nella funzione di stimolo alla conoscenza e all’indagine scientifica, quindi, sia un Pugliese che un Boscheri funzionano, seppure in modo assai diverso. E forse, a questo punto, il fulcro della questione si sposta più estesamente sul ruolo dell’arte in tali musei: semplice ancella che introduce a discipline di gran lunga più serie e determinanti, o essa stessa tramite di un arricchimento cognitivo?
Simone Rebora
Trento // fino all’11 luglio 2014
Roberto Pugliese – Concerto per natura morta
a cura di Valerio Dehò e Olimpia Eberspacher
Trento // fino al 1° settembre 2014
MUSE en plein-air – Bruno Lucchi
a cura di Carmela Perrucchetti
Trento // fino all’8 settembre 2014
BioDiversitArt. La pittura naturalistica di Maurizio Boscheri
a cura di Mario Liberali e Osvaldo Negra
MUSE
Corso del Lavoro e della Scienza 3
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www.muse.it
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