L’Anima Pura di Palermo. Tra santi, fantasmi e macerie
Due palazzi del Settecento comunicanti. Due edifici in pieno degrado, in attesa di un costoso intervento di restauro. Un posto straordinario, nel cuore di Palermo, che nella notte della Santa Patrona si accende miracolosamente. Con le opere di ventisette artisti dedicate al tema del sacro
La notte del 14 luglio Palermo si accende di euforia e di devozione popolare. Notte di “vucciria”, aspettando l’alba della Santuzza che scacciò la peste, secoli fa, e che ancora copre di rose e di speranze la città, dalla cima del Monte Pellegrino su cui riposa l’antico santuario. Poco misticismo, durante la festosa processione, e una lunga tradizione di vanità pirotecniche, di narrazioni sceniche, di folle urlanti, ciancianti, gaudenti, colorate di pop e di barocco.
E in questa overdose sacra e profana, lungo la linea d’asfalto che taglia il centro storico, dalla Cattedrale arabo-normanna fino all’orizzonte del mare, gli immobili del Settecento sono sentinelle meste, eredi di un’aristocrazia colpita al cuore: edifici decadenti, sventrati dal fuoco delle bombe o semplicemente consegnati all’abbandono. Covi di spiriti senza requie. Come i due palazzi Costantino e Di Napoli, attigui e comunicanti, incastonati nell’antico crocevia dei Quattro Canti e qualche anno fa acquistati dal collezionista e mecenate Roberto Bilotti Ruggi d’Aragona.
Qui prende vita, il prossimo 14 luglio, una mostra a misura di fantasmi, di macerie, di liturgie sbiadite. “Anima Pura. Dialogo tra Sacralità e Contemporaneità”, con la direzione artistica di Giacomo Rizzo e la colloborazione di Serena Ribaudo, mette in relazione le opere di ventisette artisti con gli ampi saloni, gli snodi, i corridoi, gli affreschi, le scalinate, la grande cavallerizza, i marmi ed i balconi: spazi mai restaurati, ripuliti dai detriti e poi lasciati così, nel tempo congelato di uno sfinimento, di un disfacimento al rallentatore. Quando la consunzione si eleva a destino e si trasforma in occasione estetica. Tutto sul punto di franare. Mentre tele, installazioni, video, sculture, offrono una voce contemporanea a questo corpo architettonico in agonia, agganciandosi all’energia spirituale che scorre al di là delle possenti mura, nella notte del “festino”.
“Palermo non ama il suo centro storico: i cittadini assistono immoti e indifferenti all’abbandono dei palazzi, dei quartieri, dei vicoli. È l’unica città al mondo in cui sulla sua piazza principale si affacciano palazzi chiusi e dimenticati”. Sono parole forti, con cui Roberto Bilotti racconta il suo amore per la città e insieme la sua rabbia, quello stupore mai risolto per l’incantesimo che condanna, tutti e tutto, a un’eterna bellezza potenziale, a un torpore misto ad energia, come dentro a un limbo instabile. Tutto scorre, niente accade. Fatalmente. “Gli artisti”, aggiunge, “hanno dimostrato di avere una sensibilità maggiore dei politici: sono stati loro a farmi aprire per la prima volta i palazzi alla città, tre anni fa”. Due mostre, in passato, della durata di 24 ore appena, per provare a combattere la malattia della dimenticanza e a risvegliare il sentimento – sempre malinconico – della partecipazione.
Quest’anno un terzo esperimento, stavolta con una selezione di nomi e opere più coerente, ed un progetto maggiormente consapevole. L’equilibrato allestimento assegna un ambiente ad ogni artista, procedendo per riflessi, passaggi, geometrie tracciate tra gli scorci e le aperture. Commovente l’ingresso, affidato a un’installazione di Mauro Cappotto, che il sacro lo legge tra i flutti del mare e lo racconta con una collezione di reperti emersi, con la prua di una barca pescata chissà dove, con una lirica di Pascoli tatuata su un muro, quasi fosse stata lì da sempre. Solitario ed imponente il calco di un frammento di Monte Pellegrino, che Giacomo Rizzo ha issato al centro di una stanza: un gigantesco foglio bianco accartocciato, che restituisce forma e sostanza della roccia sacra.
Il sacro è poi quello della gualdrappa nera ricamata d’oro da Giovanni Gaggia, su cui sedettero due performer-viaggiatori in sella ad un mulo, in marcia attraverso lo Stivale; e c’è poi la piccola folla tratteggiata a grafite da Alessandro Bazan, che guarda il cielo scorgendo ciò che non si vede oltre il limite (sacro) del foglio; c’è la conchiglia finemente disegnata da Manlio Sacco, che è insieme seme, stilla, origine simbolioca dell’esistenza; c’è un rettangolo d’astrazione pittorica dal nuovo ciclo di Stefano Cumia, scansione di linee dense tra le direttrici del telaio e la tela nuda, come una preghiera scarna, luminosa; ci sono gli scatti in bianco e nero di Turi Rapisarda, mani in alto e volti contro il muro: come sottrarsi al mondo, offrendo all’occhio dell’uomo – e di Dio – una condizione inaudita di fragilità.
E ci sono ancora Sasha Vinci & Mariagrazia Galesi, con un giardino di cemento nero che sigla tappeti di foglie-scultura con scritture antiche e concettuali; e poi Francesco Lauretta, Francesco De Grandi, Fulvio Di Piazza, ognuno con una piccola tela solitaria, offerta alla contemplazione; Federico Baronello e le sue architetture-mausoleo d’epoca fascista, templi pagani alterati graficamente da icone politico-economiche; Hugo Canolias, anche lui a scegliere un nero-petrolio per i suoi landscape su alluminio resinato; Giuseppe Agnello e il suo campo da arare, candida disesa di gesso per una germinazione scultorea; Sandro Scalia, ad aprire finestre sul bosco, là dove coincidono senso panico e dimensione spirituale; Miao Xiachun, autore di animazioni surreali, naufragi di corpi stilizzati in mutazione. E molti altri ancora, perduti e scovati tra una stanza e uno strapiombo, procedendo col rumore della folla fuori ed il silenzio dello sguardo assorto, all’interno.
Anima Pura, al di là di tutto, resta una maniera per accendere un palazzo dormiente, provando a puntarvi addosso un riflettore. Affinché giungano, prima o poi, collaborazioni istituzionali, investimenti adeguati e condizioni idonee a immaginarvi un centro per le arti e la cultura. Un giorno, per miracolo, chissà.
Helga Marsala
“Anima Pura. Dialogo tra Sacralità e Contemporaneità”
opening: 14 luglio 2014, dalle 19 in poi
fino al 19 luglio 2014 – orari: 16-20
Palazzo Costantino/Palazzo Di Napoli – Via Maqueda, a ridosso dei Quatttro Canti, Palermo
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