L’arte e “il bel gioco”. L’omaggio del Lacma ai Mondiali di calcio in Brasile
La febbre da mondiali di calcio sta lentamente prendendo piede negli Stati Uniti. In occasione di questa FIFA World Cup si stanno registrando record di ascolto alla tv, mentre il numero dei tifosi statunitensi che hanno acquistato biglietti per assistere alle partite è secondo solo a quello dei brasiliani. Ciò nonostante, l’atmosfera che si respira a Los Angeles non è paragonabile a quella europea. Per assaporare un po’ di adrenalina da tifo mondiale, oltre che per consolarsi della pessima prova italiana, non resta allora che rifugiarsi al LACMA.
Curata da Franklin Sirmans, la mostra Fútbol: The Beautiful Game ci ricorda che anche gli artisti sono appassionati di calcio e che lo prendono molto sul serio quando si tratta di interpretarlo attraverso il proprio lavoro. Come disse lo scrittore Albert Camus, che da giovane giocava nel ruolo di portiere: “Tutto quello che so sulla moralità e sui doveri degli uomini, lo devo al calcio”. Il che potrebbe dirsi per lo sport in generale, ma certo è difficile restare immuni dal fascino – e dalla retorica – del calcio quando si tratta di mondiali, per di più giocati in Brasile.
Due lavori di grandi dimensioni catapultano subito il visitatore nella giusta atmosfera, ponendo l’accento sulla spettacolarità di massa del calcio e creando un rimando reciproco all’interno della mostra. Maracanã (2003), del brasiliano Nelson Leirner, arriva direttamente dal Brooklyn Museum ed è una singolare, impressionante ricostruzione in scala del famoso stadio, dove al posto di pubblico e giocatori figurano soldatini, santi e martiri, gatti cinesi, gli indiani, i sette nani, i guerrieri dei manga giapponesi e pure l’incredibile Hulk (che è poi il soprannome di un giocatore della nazionale brasiliana). L’umanità intera è rappresentata attraverso i miti del proprio immaginario di massa, dalla cultura pop alla religione: le statuine del Cristo Redentore chiudono in cerchio l’ultima fila degli spalti e abbracciano benevolmente l’intera scena. Mentre la videoinstallazione Volta (‘curva’ in portoghese) del francese Stephen Dean dà voce e volto alle folle dei tifosi in un suggestivo montaggio che riprende immagini e audio delle più coinvolgenti e spettacolari performance di tifo in curva, con un sottofondo di samba che fa da colonna sonora anche alle altre opere in mostra.
La squadra di artisti messa in campo è spiccatamente internazionale, con molti nomi di origine latino-americana (Miguel Calderón, Gustavo Artigas, Oscar Murillo) e africana (Robin Rhode, Hassan Hajjaj, Philippe Parreno). Il pallone Made in the Colonies dipinto dal ghanese George Afedzi Hughes mette in luce il controverso legame fra lo sport e l’economia globale che vi ruota attorno, cui allude anche Feetball di Hajjaj.
Nessun italiano tra gli artisti presenti, eppure l’Italia figura in diversi lavori. Nella serie fotografica dell’afro-americano Lyle Ashton Harris per esempio, che nel 2001 si trovava a Roma, in residenza all’American Academy. Ispirato da un articolo sul razzismo nel calcio italiano, letto sull’Herald Tribune, Harris comincia a frequentare gli stadi e produce un “saggio fotografico” che esplora i concetti di “mascolinità e potere, tratti che sono profondamente connaturati nella cultura calcistica italiana” (recita la didascalia in mostra). In Ragazzi del calcio, Polizia, Verona, l’obiettivo di Harris è puntato su ultras e poliziotti, mentre in Opel c’è l’eroe, Paolo Maldini, colto in un momento di vulnerabilità umana.
Vestono la maglia azzurra anche i personaggi del trittico Sorrow – Pietà – Joy, del duo General Art Solutions. Ricollocandole nello schema dei dipinti rinascimentali, gli artisti re-interpretano le drammatiche quanto familiari gestualità dei calciatori: nello specifico, “l’espressionismo dei giocatori italiani”, come sottolinea il curatore. L’effetto è ironico e sorprendente.
Tre le donne invitate, tutte statunitensi. Mary Ellen Carroll (protagonista suo malgrado delle recenti polemiche legate all’ultima performance di Marina Abramovic), Wendy White e la californiana Petra Cortright, che nel video Footvball/Faerie se la cava niente male nel palleggio. Non per niente negli Stati Uniti il calcio femminile è più blasonato di quello maschile: la nazionale ha vinto finora due mondiali e quattro olimpiadi.
Ben tre opere scelgono il registro del ritratto-monumento al calciatore famoso. Pelé (1978) di Andy Warhol, Samuel Eto’o di Kehinde Wiley e Zidane: A 21st Century Portrait, di Philippe Parreno e Douglas Gordon. Quest’ultimo, tutto giocato sulla restituzione dell’intensità emotiva dell’uomo e giocatore Zidane, attraverso il montaggio delle riprese effettuate da 17 videocamere poste tutto attorno allo stadio Bernabéu durante una partita tra Real Madrid e Villareal nel 2005, era nella lista di opere scelte dal compianto Harald Szeemann per la sua mostra sul calcio, che non fece in tempo a terminare, in occasione dei mondiali giocati in Germania nel 2006. Come ha sottolineato lo studioso Pietro Rigolo, archivista presso il Getty Research Institute, in un recente articolo pubblicato sul blog del Lacma, il progetto di mostra di Szeemann comprendeva già alcuni nomi selezionati da Sirmans in Fútbol e mostrava un accento socio-politico forse più acuto.
Concludiamo questa carrellata mondiale con The Rules of the Game del messicano Gustavo Artigas. Nel 2000 costruisce a Tijuana un piccolo campo da gioco proprio a ridosso della frontiera Messico-Usa, dove i bambini vanno a giocare e spesso per sbaglio mandano la palla al di là del confine. Nella seconda parte del progetto, invece, Artigas organizza una partita tra due squadre di calcio messicane e una tra due squadre di basket americane, giocate però sullo stesso campo e alla stessa ora. Dal video che documenta l’evento non si capisce chi vinca, ma alla fine festeggiano tutti.
Emanuela Termine
Los Angeles // fino al 20 luglio 2014
Fútbol: The Beautiful Game
a cura di Franklin Sirmans
LACMA
5905 Wilshire Boulevard
+1 (0)323 8576000
www.lacma.org
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