Società Dante Alighieri. Intervista ad Alessandro Masi
La Società Dante Alighieri, fondata nel 1889 da un gruppo di intellettuali guidati da Giosue Carducci, si occupa di “tutelare e diffondere la lingua e la cultura italiane nel mondo”. Abbiamo sentito il segretario generale Alessandro Masi per capire qualcosa di più dell’attività di questa gloriosa istituzione. Dalla fondazione fino al recente progetto Artwireless, incentrato sull’arte contemporanea.
Se dovesse sintetizzare in cinque righe l’attività della Dante come la sintetizzerebbe?
È un’esperienza da vivere con intensità e profondità come intenso e profondo è il patrimonio di lingua, di arte e cultura che promuoviamo. Un’esperienza fuori dalla retorica perché retorica e pragmaticità sono due termini che non si conciliano. Diffondere la lingua di Dante significa addossarsi grandi responsabilità civili e morali che possono avere riflessi importanti sulle future generazioni.
Al di là del vostro ruolo linguistico, concentriamoci sulla vostra vocazione culturale. Come si declina?
C’è un aspetto ordinario del lavoro che chiamerei di “mantenimento” delle posizioni. Oggi il mercato globale della cultura richiede la massima concentrazione e trovare la chiave giusta per valorizzare le posizioni del nostro Paese necessita di scelte precise che spesso vanno fuori dagli schemi. Quindi, direi una vocazione al contemporaneo, vivendo la nobile storia del nostro passato come un evento in continuo progresso.
Siete presenti in tutto il mondo. Quali sono le aree del pianeta dove è più forte la richiesta di lingua e cultura italiana? Quali sono le vostre sedi che vi danno maggiori soddisfazioni?
La “Dante” è ramificata in quasi 70 Paesi del globo con circa 420 sedi attive alle quali vanno aggiunte le 90 italiane. È un lavoro difficile che richiede molta concentrazione e sensibilità nel comprendere i rapidi sommovimenti sociali e antropologici. Se fino agli anni ’80 si viveva sulla rendita della tradizione cinematografica o della canzone, oggi i riflessi di una scoperta scientifica, l’avvio di un nuovo progetto culturale, l’uso dei media possono modificare di colpo l’asse d’interesse. In ogni caso posso dirle che dal 2008 a oggi, ossia da quando gli italiani hanno indossato il cilicio della crisi, le attività all’estero sono cresciute del 48%, soprattutto nei Paesi emergenti.
Come si sostiene economicamente la vostra attività? Qual è la salute economica della macchina e come è stata la dinamica in questo senso negli ultimi anni?
Finanziare la cultura è come finanziare la costruzione di un lungo ponte, di un ponte invisibile che unisce una generazione all’altra, un secolo all’altro. Se il ricco banchiere senese Agostino Chigi non avesse sborsato migliaia di ducati per costruire la Villa Farnesina sul Lungotevere, oggi non avremmo uno dei tanti gioielli che il mondo ci invidia. Le banche finanziano ora solo se’ stesse, non pensando che la ricchezza del correntista è anche il frutto degli investimenti fatti sull’educazione, sulla ricerca, sulla scienza e soprattutto sull’arte.
Quanto è importante il vostro ruolo anche di supporto all’economia italiana all’estero e all’export? Come vi interfacciate con la parte aziendale e il mondo corporate? Quali sono i progetti realizzati e in rampa di lancio?
Nel 2001 lanciammo il progetto con il Sole24Ore di un programma per “L’italiano per gli affari” nel tentativo di spiegare che se la Vespa, Barilla o i vini rossi di Montalcino sono dei primati mondiali questo lo si deve anche agli operatori che importano i nostri prodotti affascinati anche da una delle lingue più belle del mondo. Oggi la Fiat non è più un prodotto made in Italy, come non lo sono più Gucci o Valentino. Quanto tempo, secondo lei, resisteranno questi prodotti senza il retroterra culturale italiano? Senza più un design o un artista italiano che da Depero a Fontana ha cambiato le sorti del gusto mondiale?
Ci avviciniamo all’anno dell’Expo di Milano. Cosa farà la Dante in quella circostanza? Cosa c’è in preparazione?
L’Expo di Milano del 2015 porterà sulla scena mondiale il meglio del prodotto scientifico e tecnologico nazionale e con esso la nostra cultura, la nostra lingua, e, ovviamente la nostra arte. La Società Dante Alighieri sarà presente in massa per ribadire le eccellenze di un Paese le cui risorse nonostante tutto sembrano infinite.
Specificatamente sull’arte contemporanea avete lanciato il progetto Artwireless. Di che si tratta e che sviluppi sono previsti?
Nonostante il nome inglese, mutuato ovviamente dal mondo della tecnologia e del web – non saprei e non vorrei italianizzare nomi stranieri come si faceva durante il fascismo – la rivista telematica è un’ulteriore sfida al progresso del sapere, in particolare dell’arte contemporanea. Abbiamo immaginato che anche la vecchia e cara “Dante”, così come la vive l’immaginario dell’italiano medio, potesse rilanciare insieme a tante altre qualificate riviste del settore, il meglio di ciò che i nostri artisti producono. Non parlo di pittori e scultori già affermati, ma di quelli che stanno per arrivare, che fanno fatica a farsi conoscere e riconoscere un sistema che da sempre seleziona con il più spietato dei giudizi ciò che è destinato a durare nel tempo. Non è un caso che proprio questo pubblico segue la “Dante” dall’Ottocento essendo noi nati sul finire del XIX secolo.
Massimiliano Tonelli
www.ladante.it
www.artwireless.it
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