Un’estate accademica. A Roma le “straniere” si aprono al pubblico
Prove tecniche di trasmissione artistica e location eccezionali. Così si potrebbe sottolineare questo articolo. Perché Roma è, fra le tante altre cose, unica anche per questo: per quantità e qualità di Accademie Straniere. Che in estate…
Il ricordo che conservate delle vacanze è ancora legato alle ingombranti pinne, fucile ed occhiali? State già fondendo i motori cercando di coniugare gli incastri per accaparrarvi una prenotazione per gli eventi più disparati in giro per il mondo? Niente di più sbagliato. Abbandonate i pesanti valigioni e lasciate il passaporto nel cassetto della scrivania, non arrovellatevi sulla meta da puntare, quale città d’arte, mare o montagna, galosce o bikini? Perché scegliere? A Roma si viaggia in abito lungo e pochette e di giorno in giorno si valicano senza pagar pedaggio le dogane di Austria, Spagna, si vola nei giardini zen del Giappone per tornare all’essenzialità germanica, e poi Polonia, Francia e Ungheria, solo per fare qualche nome. E lo si fa senza fastidio di piccoli né grandi jet lag.
È l’apertura delle porte delle Accademie straniere nella Capitale a ispirare cotanto ironico preambolo. La tarda primavera romana è infatti lo sfondo per l’inaugurazione delle mostre allestite dagli artisti residenti nelle Accademie e Istituti esteri di riferimento, che Roma ospita da secoli e che si propongono come storiche fucine, se non sempre di veri talenti, sicuramente di curiosi spunti creativi.
Come attraverso una moltitudine di lenti caleidoscopiche, le opere in esposizione fanno da specchio e insieme mutano la sostanza delle terre da cui provengono gli artisti, o comunque alle quali essi sono legati.
La Francia, attraverso gli sguardi di Fabio Mauri, Marcia Hafif, Martin Barré e Olivier Mosset si interroga sul modo di sbarazzarsi della pittura, citando la tragicommedia di Eugène Ionesco. Come il cadavere nel dramma dell’autore franco-rumeno si espande surrealmente invadendo la scena, così ironicamente la pittura, che dovrebbe essere morta, si ripropone all’orizzonte, ricordando agli artisti che il suo assassinio non basterà loro per liberarsene. Uno spirito profondamente fuso e infuso di storia dell’arte, con artisti che provengono da una riflessione prima che da una pratica. Il rigetto, la riplasmazione e il ritorno alla texture pittorica segnano comunque il percorso di un po’ tutti gli artisti in mostra, ma è una pittura che ha quasi assorbito i caratteri e la semitrasparenza ed etericità del minimalismo. Un tratto che ha fatto scuola in anni almeno di tre cifre lontani dai nostri, e che ricompare qui in un’astrazione funambolica in cui la pennellata perde ancora materia e acquista volatilità, una mobilità che travalica perfino la tela diventando film, un film che sembra qui non negazione, bensì passo ulteriore e sorprendentemente naturale che la pittura fa anche dopo la morte della pittura stessa.
Alla morbidezza del tratto che ci parla di Francia, nella Villa Medici dei fichi grassi, degli affacci dolci e le linee neoclassiche, nutrite di un’aria autenticamente classica che il luogo conserva, ecco contrapporsi una severità tutta asburgica, negli spazi e nell’allestimento che riprende il tema della linea – disegni a matita e china – che apre i battenti dell’Accademia austriaca, ma linea ricca e calcata, matrice di cose, sine qua non della quotidianità, quindi fondatrice di vita. Nulla dies sine linea titola infatti la personale di Lavinia Lanner, citando – e per vie traverse torniamo al classico – Plinio il Vecchio.
Ed è Germania. Se lo sfondo di Villa Massimo in sostanza trattiene ancora la classicità di cui sopra, i contorni che i tedeschi segnano a delineare l’elemento antico sono schematici, illuminati con parsimonia e nettamente. Così l’arte che questo contenitore d’eccezione racchiude è asciutta, mirata. Quest’estate sono due i borsisti del 2014 in mostra nella Capitale: Annika Larsson al Macro e Via Lewandowsky alla Casa di Goethe.
Ed eccoci all’ipercontemporaneo nella Spagna dei giovanissimi che riscrivono Roma, da quella dei monumenti museo – visti alla lente di ingrandimento o disegnati a matita, cancellati, e i resti conservati in sterili vasetti quasi da laboratorio chimico – a quella della Street Art satirica.
Sulla terrazza che dal Gianicolo cerca di acciuffare la città che corre, si fa merchandising dell’arte, perché l’arte deve essere spendibile e per vincere le remore dello snobismo e la paura sottesa del mondo dell’Arte di risultare dozzinale quando si avvicina alla serialità e alla vendibilità.
Un poutpourri di sapori etnici amalgamati con l’italianità che abbraccia e salda. Esperimenti di oltreconfine dentro i confini che divertono anche se, diciamolo, rarissimamente stupiscono, che riempiono le settimane estive e fanno bene allo spettatore che cresce nella diversità e all’artista che respira aria trasversale, spia e pensa.
Ofelia Sisca
Roma // fino al 14 settembre 2014
La pittura o come sbarazzarsene
a cura di Éric de Chassey
ACCADEMIA DI FRANCIA – VILLA MEDICI
Viale Trinità dei Monti 1
06 6761311
[email protected]
www.villamedici.it
Roma // fino al 18 luglio 2014
Lavinia Lanner – nulla dies sine linea
FORUM AUSTRIACO DI CULTURA
Viale Bruno Buozzi 113
06 3608371
[email protected]
www.austriacult.roma.it
Roma // fino al 20 settembre 2014
Annika Larsson – Introduction
a cura di Benedetta Carpi de Resmini
MACRO
Via Nizza 138
06671070400
[email protected]
www.museomacro.org
Roma // fino al 14 settembre 2014
Via Lewandowsky – Korrekturen-Correzioni
CASA DI GOETHE
Via del Corso 18
06 32650412
[email protected]
www.casadigoethe.it
Roma // fino al 20 luglio 2014
The Pop-Up Royal Academy
a cura di César Espada
06 5812806
[email protected]
http://thepopuproyalacademy.org
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