Ars Electronica. Anche l’Immacolata Concezione al festival di Linz
A Linz l’invasione degli ultracorpi digitali non si pone limiti. Penetra perfino nella cattedrale dell’Immacolata Concezione per un global summit a cui anche Dio pare essere convocato. Intanto però il suo dio terreno, il festival lo ha trovato in Roy Ascott, osannato e premiato come visionario pioniere dell’arte elettronica. Dal 4 all’8 settembre.
Toh, chi si rivede! L’Uovo cosmico. Dall’ancestrale notte dei tempi alla Pala di Brera di Piero della Francesca, dalla letteratura alla fantascienza, fino alle citazioni mistiche nel sound hard degli Wormother, o nel lirismo alieno di Cosmogony sussurrato da Björk, rispunta sempre ovunque. Ora appare a Linz, come totem ironico della manifestazione più globale del suo genere, etichettata Ars Electronica 2014. L’Uovo cosmico, per l’appunto, ne è il simbolo, con un’inedita “C” rossa impressa sopra. “C” come change, “cambiamento”, a cui fanno seguito 53 parole chiave, tutte in inglese e tutte con l’iniziale in C, poste a manifesto di questa edizione del festival.
Beh, tra le righe c’è anche craziness. La follia! Inaspettatamente, la troviamo citata al 41esimo posto della lista. Non siamo certo autorizzati a pensare che l’elenco di tali parole chiave sia necessariamente concatenato in ordine gerarchico, poiché, ad esempio, il lemma successivo è credibility. Altrimenti sarebbe come dire: per essere credibili bisogna prima essere folli. Va da sé che, messa così, la cosa non dispiacerebbe affatto a un Erasmo da Rotterdam, l’autore del delizioso e beffardo trattato che ha per titolo Elogio della follia (1509), nel quale si attribuisce ad essa – la follia – una natura divina, rendendo omaggio infine ai suoi “fedelissimi seguaci”. Non c’è da stupirsi, poi, se Erasmo compose il suo capolavoro mentre era ospite, in Inghilterra, di un Tommaso Moro che di lì a qualche anno avrebbe varato un caposaldo letterario della migliore visionarietà cosmico-filosofico-politica: L’Utopia (1516).
Dunque, posta la follia, potrebbe mancare uno psichiatra fra i tanti scienziati – oltre agli artisti – ospitati al forum mondiale di Linz? Staremo a vedere. Peraltro, agli invitati di questo summit globale è chiesto, già nel titolo, di esprimersi in merito a una questione esplicita e cogente: what it takes to change (?); enunciato in cui, per l’appunto, nella home page del festival appare e scompare il punto di domanda. Insomma, “cosa serve per cambiare (?)”: per cambiare rotta al mondo, ovviamente, creando aperture e prospettive sul futuro dell’umanità. Tutto ruota intorno al ruolo che l’arte può giocare all’interno dei processi di trasformazione. Più specificamente, il punto d’osservazione di tali prospettive è offerto dall’arte elettronica e il suo illimitato potenziale immaginativo, attraverso una serie di mostre, conferenze, performance, concerti e altri generi di interventi.
Box from Bot & Dolly on Vimeo.
La kermesse di quest’anno sceglie di collocarsi in laboratori all’aperto nel tessuto ambientale di Linz, tra cortili, giardini, piazze, e in luoghi istituzionali come le aule scolastiche o le banche, penetrando perfino nel Neuer Dom, la cattedrale consacrata all’Immacolata Concezione. Ma soprattutto l’intensità degli eventi è concepita in modo tale da far incrociare e sovrapporre le occasioni degli incontri. Tra gli highlight c’è Future Innovators Summit, evento al plurale quanto a contenuti, intersecando quattro differenti tematiche: Arte & Design, Ingegneria informatica, Startup, Attivismo sociale, ambiti all’interno dei quali si intrecciano per quattro giorni convegni o tavole rotonde, come Pixel spaces conference e Residency. E durante i quali, tra i protagonisti, vi saranno dei giovani “innovatori” che hanno già fatto parlare di sé per progetti artistici e tecnologici, o per iniziative sociali. In scena, naturalmente, anche personalità di larga fama, e tra i tanti c’è Oliviero Toscani, internazionalmente noto per le sue strategie comunicazionali.
La mostra CyberArts 2014 è, in senso assoluto, il cuore pulsante del festival, luogo d’incontro del pubblico con le opere insignite, nelle varie categorie, di premi e menzioni per l’edizione in corso. Il premio più di prestigio? La Golden Nica, naturalmente: una statuetta dorata molto più bella degli oscar hollywoodiani. Chi è in cerca di artisti italiani, trova Paolo Cirio (1979), che nella categoria della Interactive Art ha conquistato addirittura la Golden Nica con l’opera Loophole for All (e per l’occasione intervistato per Artribune da Filippo Lorenzin). Una vita non proprio sedentaria la sua, visto che si divide tra New York, Londra, Torino. C’è anche Davide Quayola (1982) con Captives, alla quale è andata una menzione speciale nella medesima sezione; lui vive a Londra.
Walking City from Universal Everything on Vimeo.
Miscelando premi e pixel, il festival inaugura anche una nuova specialissima categoria intitolata Visionary Pioneers of Media Art. Porte aperte, quindi, per il paradiso dell’arte elettronica all’inglese Roy Ascott (1934), autentico e influente pioniere dell’universo visionario, e un po’ folle, della cyberart. Già, la follia!
Franco Veremondi
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati