Per ordine del teatro si intende (…) un’inclinazione
più dinamica a rompere il cerchio protettivo e difensivo
che separa le attività di spettacolo dalla vita quotidiana
e dalla cultura produttiva nelle città.
Silvia Carandini, Teatro e spettacolo nel Seicento (1990)
“Il Carnevale romano ha un’antica reputazione di brio, di eccentricità, di follia, giustamente meritata: ciò che non gli impedisce di essere una galanteria ignota in Francia. Da noi, ci si riserba per i piaceri del ballo mascherato; in Italia, è sulla pubblica via che esplode la gioia, e la gioventù di ogni ceto sociale prende parte alla festa pubblica” (A.-Sébastien Kauffmann, Chroniques de Rome, 1861).
Piazza Colonna, agitazione, turisti, flash, foto, fotografi, frenesia, poliziotti che trattengono i passanti di via del Corso all’ingresso della piazza, dove sono gli assurdi tornelli. Dal punto di vista della Galleria Alberto Sordi, corteo di auto enormi e scure precedute dai vigili sulle motociclette che “fanno largo”, arrivando di gran carriera.
Chi sarà? Un capo di Stato straniero, un ambasciatore? “He is the Italian Prime Minister”,sussurra la turista straniera scosciata. Rappresentazione, simulazione, spettacolo allestito per la piccola folla fuori da Palazzo Chigi: ma lo spettacolo non c’è. È la riproduzione di una riproduzione, la celebrazione di un rito. Barocco senza contenuto. Barocco senza barocco, senza grandezza – solo funzione, pura funzione.
Il cielo si oscura e si rannuvola velocemente: eredità del Barocco. Lampi balenano tra le nuvole sopra la sede del Tempo.
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Tre quarti d’ora fa, ero a rivedere la Prospettiva di Borromini a Palazzo Spada. Dalla corte, riflessi, la galleria si vede attraverso filtri su filtri, vetro, barriere. I turisti si accalcano insieme alla guida stanca, ma nessuno può percorrere ormai l’illusione. Devi solo ricostruire mentalmente il processo, perché manca completamente la verifica materiale: l’illusione è monca. Il Barocco è raccontato da una guida e non percepito fisicamente. È un Barocco ascoltato, più che recepito ed esperito visivamente. Questa visione attraversa la prima balaustra di legno con il vetro, l’intera biblioteca, il secondo vetro con i doppi riflessi. E solo dopo, con tutte queste dimensioni appiccicate addosso, l’idea di Borromini. Un lumicino in fondo a un corridoio oscuro, vago di percezioni e di esperienze rifratte, mediate da un biglietto turistico. Ciò che rimane del Seicento per noi: uno spettro in fondo a un cunicolo percettivo.
In questo siamo maestri: nell’illudere gli altri, nel fingere prospettando mosse che non accadranno, che non avranno luogo. Nel fingere azioni che non stiamo compiendo nella realtà, ma che si configurano solo e unicamente in quanto spettacolo. Come il velo di Pirlo, nell’unica partita vittoriosa dell’Italia – la prima, contro l’Inghilterra – ai Mondiali in Brasile. Il velo: Pirlo parte e si muove come se dovesse calciare la punizione, e fa proprio tutto come se, poi all’ultimo istante tutta la concentrazione e la spinta vengono meno decadono si esauriscono evaporano. In un attimo. Pirlo si sfila e per gli avversari è già troppo tardi, Marchisio da dietro batte e spiazza tutti.
In questo siamo indubbiamente i migliori: il “velo” nasconde le reali intenzioni fino all’ultimissimo momento, crea una cortina illusoria che cela e non fa capire a nessuno quello che abbiamo in mente. Ma che cosa abbiamo in mente? E poi, abbiamo ancora in mente qualcosa? O non si tratta piuttosto di un velo che ottunde finalmente anche i sensi e le percezioni di chi lo produce, vanificando le intenzioni quando esse emergono? Il problema attuale potrebbe consistere – anche – in veli su veli che si sovrappongono oscurando le idee oltre che agli altri (sempre più ipotetici), e sottraendoci il perché delle nostre azioni o non-azioni. Sottraendo le ragioni che stanno all’origine dei processi storici nei quali siamo invischiati.
La Prospettiva di Borromini è inattingibile, inaccessibile: fisicamente, percettivamente, culturalmente.
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“Vabbuò, mò però chiudiamo sto’ discorso, che è triste… famme ‘stu piacere” (Un poliziotto importante a un altro meno importante, in via Giulia: entrambi in giacca e cravatta).
“Here we sell Roma! / Take a piece of Roma / Hand-made Roma” (Insegna di un negozio).
“Questo c’ha una consulenza di 60.000 euro. Sta in una stanza di 200 metri e prende 60.000 euro. E io che dovrei fare?” (Conversazione per strada, nei pressi del Palazzo).
Il cielo si oscura e si rannuvola velocemente: eredità del Barocco. Lampi balenano tra le nuvole sopra la sede del Tempo.
Christian Caliandro
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