Philippe Daverio e la sfida per rilanciare l’immagine del Duomo di Milano
Ve ne abbiamo dato notizia ieri, con la videointervista a Philippe Daverio. Oggi torniamo al Duomo di Milano e al suo museo, totalmente rivisitato in vista di Expo 2015. Grazie all’intervento dell’architetto Guido Canali e alla direzione di Daverio.
Milano attende 20milioni di visitatori per l’Expo 2015 e in vista di questa “invasione” sta affilando le sue armi migliori per fare breccia nel cuore dei suoi futuri ospiti. Quando si dice Milano, la mente vola immediatamente a uno dei suoi simboli, il Duomo. Allora perché non trasformare questo simbolo in icona, facendo sì che i visitatori non si limitino a visitarne l’interno e i tetti, ma ne scoprano la storia attraverso il suo museo?
Per rendere questo progetto una realtà, Milano si è affidata a uno dei più mediatici storici e critici d’arte italiani, esperto in museologia oltre che grande comunicatore culturale, Philippe Daverio.
Lunedì 15 settembre la conferenza stampa in cui è stata ufficializzata la nomina di Daverio a direttore artistico del Grande Museo del Duomo di Milano. Il 15 settembre segna quindi il via al nuovo corso del museo che, dal 1953, raccoglie ed espone tutte le statue, gli arazzi, gli oggetti di culto del Duomo che nel corso dei sette secoli passati sono stati sostituiti perché deteriorati. Il compito di Daverio sarà quello di trasformare radicalmente l‘attuale vocazione del Museo del Duomo da semplice “contenitore” a museo “attrattore”.
Il primo tema su cui punterà Daverio sarà far conoscere uno dei segreti del Duomo, quello della veneranda Fabbrica del Duomo, che rappresenta l’elisir di eterna giovinezza dello stesso e che gli ha permesso di giungere sino a noi integro. La fabbrica, infatti, rifà letteralmente le statue quando invecchiano e le sostituisce. “Il Duomo è una macchina perenne che sta in piedi in quanto è capace di autoriprodursi, altrimenti sarebbe già andato giù da tempo, ed è costantemente tenuto in vita e in manutenzione con questa cosa bizzarra che è la Fabbrica del Duomo, la più grande azienda marmorea del mondo occidentale”, spiega Daverio.
Il suo obiettivo sarà trasformare il museo da luogo di contemplazione in luogo di narrazione. “I musei funzionano se la loro narrazione diventa narrazione comunicata”, dice Daverio, e continua: “La prima comunicazione è quella istintiva in cui non viene chiesto al visitatore intelligenza ma sensibilità”.
Altro importante passo per rilanciare l’immagine del museo è stato quello di ripensarne l’allestimento: grazie al restyling curato dall’architetto Guido Canali, il museo si presenta sotto una nuova veste, molto più glamour e mistica. Nel museo c’è un’intima luce soffusa e il percorso è costituito da corridoi in cui si alternano misteriosi gargoyles e oggetti di culto, a piccole sale in cui si è circondati da centinaia di statue di santi in cui individuare quello a cui si è devoti. Splendide le sale con le vetrate colorate.
Uno dei “mali” di molti musei italiani è la difficoltà di creare una relazione con i propri visitatori, tant’è che questi ultimi difficilmente vi ritornano una seconda volta. Pertanto Daverio, per favorire un legame di continuità, punta anche su piccole mostre per assicurarsi questo dialogo aperto. A riguardo è già prevista una temporanea per il 21 ottobre dal titolo La Salute saluta il Duomo in cui, allo stesso prezzo dell’ingresso del museo, sarà anche possibile ammirare un’opera di Canaletto che ritrae la basilica della Salute di Venezia.
Tiziana Vommaro
http://museo.duomomilano.it/it/
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati