Transart. Un festival inaudito a Bolzano
Transart giunge alla 14esima edizione e scommette in modo sempre più radicale su inediti intrecci tra musica, arte contemporanea e scenari naturali del Trentino Alto Adige. Anima multidisciplinare e ricerca tecnologica si coniugano con uno sguardo affilato sulla tradizione. Ne abbiamo parlato con il fondatore e direttore artistico Peter Paul Kainrath.
Come le forme artistiche hanno informato il discorso curatoriale in questi quattordici anni di Transart?
Quattordici edizioni fa siamo partiti con l’idea di mettere al centro del nostro lavoro il concetto di musica contemporanea cercando di contestualizzarlo e ponendolo in dialogo con altri linguaggi artistici, dalla danza alla videoarte, dalla performance al teatro sperimentale. L’esperienza maturata in questi anni ci ha insegnato che per generare messaggi forti e dar vita a progetti significativi non è sufficiente basarsi su una visione eclettica e sulla commistione fra linguaggi artistici.
Cosa si deve fare allora?
Oggi dedichiamo sempre più attenzione alla costruzione di un incontro profondo fra gli artisti, le loro pratiche e gli spazi in cui agiscono le loro creazioni. Quello a cui puntiamo è la costruzione di una vera e propria grammatica interdisciplinare. Accade così che una partitura musicale entri in dialogo con il concetto che ha ispirato il gesto di uno scultore o che un progetto nasca in stretta sintonia con lo spazio che lo abita, senza soluzione di continuità.
Transart e i suoi luoghi. Edifici industriali e officine metallurgiche, immensi cortili e anfiteatri naturali, chiese e monasteri sono gli scenari nei quali si inscrive il carattere itinerante del festival che si disloca così su tutto il territorio del Trentino Alto Adige…
Il contemporaneo come concetto e forma artistica ha superato il contesto produttivo legato alla borghesia, tradizionalmente confinato nello spazio museale o a una dimensione elitaria. Sugli spazi lavoriamo in diversi modi. A volta cerchiamo di sviluppare progetti per luoghi specifici, altre volte andiamo a caccia di location particolari per far vivere le opere fuori dal perimetro sicuro dei musei e delle sale da concerto.
In queste ultime edizioni, lo “spazio naturale” è diventato un elemento centrale di Transart. Accade sempre più spesso che il festival metta in relazione gli artisti ospiti con il paesaggio del Trentino Alto Adige, puntando alla creazione di un’alchimia unica, capace di valorizzare anche i tratti inconfondibili della nostra identità territoriale e non solo.
Un esempio di questa idea di déplacementin arditi scenari naturali è l’esecuzione di Vers la flamme di Alexander Skrjabin.
Questo progetto era stato pensato originariamente per Manifesta 10, ora in corso a San Pietroburgo. Per varie ragioni non è stato possibile realizzarlo. L’artista e autore di questo progetto, Roman Signer – grazie all’interessamento del curatore di Manifesta 10, Kaspar König – ci ha offerto la possibilità di trasferirlo in un nuovo spazio identificato nel lago di Vernago, in Val Senales.
Il progetto esprime alla perfezione lo spirito di Transart: “l’inaudito”, il “mai visto”, collocati in un contesto difficile da raggiungere e immaginare, un luogo segnato da una forte impronta visiva. Mi viene in mente un’immagine per descrivere questa situazione: un pennello di colori raggianti. Signer – famoso per le sue opere che puntano sulla magia dell’esplosione – questa volta crea un incontro fra i suoni volanti della composizione Vers La Flamme di Aleksandr Skrjabin e il cilindro sonoro di un elicottero che si muove nell’aria, fino ad arrivare a bassa quota e avvicinarsi pericolosamente all’esecutore del pezzo, il giovane virtuoso Vikingur Olaffson, in equilibrio precario con il suo pianoforte su una zattera al centro di un lago. Questa è l’esperienza che sigillerà la fine del festival il 27 settembre.
Transart e ricerca. La natura e i suoi i suoni sono protagonisti anche del workshop per compositori e designer alla Giardineria Schullian
Transart è da sempre piattaforma per la sperimentazione dei giovani: l’intreccio tra ricerca musicale, nuove tecnologie e frontiere del linguaggio artistico crea alchimie sempre nuove. In questo scenario, ogni anno nuovo e cangiante, natura e artificialità non sono più in opposizione, ma si stimolano e corroborano a vicenda.
Oltre al workshop In Nature alla Giardineria Schullian, nel quale i partecipanti trasformano in impulsi sonori la misura dell’umidità dell’ambiente e il ph delle piante, i processi di fotosintesi e fertilizzazione, in questa edizione tre giovani artisti gireranno tutto l’Alto Adige su un piccolo furgone per sviluppare il progetto SEN XOR. Con apparecchiature audio e video registreranno le funzioni vitali, i movimenti volontari e involontari del pubblico, offrendo così un’esperienza di Gesamtkunstwerk della durata di 5 minuti al prezzo di 1 euro.
Il festival ha mostrato negli anni un forte interesse per le esperienze performative internazionali. Ospite della nuova edizione è il regista belga Jan Lauwers, neo-vincitore del Leone d’oro alla Carriera alla Biennale di Venezia.
A Bolzano viviamo una realtà abitata da tre diverse culture: tedesca, italiana e ladina. Le istituzioni teatrali spesso offrono progetti di altissimo livello, ma rimangono nella maggior parte dei casi relegate all’interno della loro cerchia linguistica. Con un progetto speciale Just for Bolzano, Jan Lauwers ci mostra, in modo illuminante, la possibilità di iscrivere il gesto teatrale in una scena capace di superare la lingua parlata, riuscendo anche a distruggere l’ovvio e il già visto, per far emergere dalle ceneri di questa distruzione qualcosa di miracoloso ed estremamente poetico.
Piersandra Di Matteo
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