Il Perugino a Parigi. Raccontato da Vittoria Garibaldi
Ha inaugurato da pochi giorni al Musée Jacquemart-André la mostra “Le Pérugin, Maître de Raphaël”, curata da Vittoria Garibaldi e Nicolas Sainte-Fare Garnot. Al museo parigino avevano già presentato una monografica italiana: nel 2011, grazie a Beato Angelico, si erano staccati 250mila biglietti. Ne abbiamo parlato con la storica italiana.
Attraverso un viaggio tra le città italiane di Firenze, Roma e Perugia, il pubblico di Le Pérugin, Maître de Raphaëlè invitato alla scoperta dell’artista umbro. Il percorso espositivo articola il racconto a capitoli, comparando il lavoro di Pietro Vannucci detto il Perugino (Città della Pieve, 1446 – Fontignano, 1523) con artisti quali Bartolomeo Caporali, Sandro Botticelli, Andrea del Verrocchio, fino ad arrivare a Raffaello. All’inizio dell’esposizione un video presenta l’artista italiano attraverso una lettura introduttiva da parte di Vittoria Garibaldi con un focus sugli affreschi della Cappella Sistina.
Nella prima sala sono raccontati i primi anni (1470-1476) a Perugia e Firenze, dove Vannucci fu influenzato da Piero della Francesca. Sempre a Firenze, il Perugino fu nella bottega del Verrocchio: lì ebbe la possibilità di crescere e lavorare a fianco di artisti quali Ghirlandaio, Botticelli, Leonardo, e di trovare una coerenza pittorica che caratterizzerà l’insieme della sua carriera. Nell’esplorazione dei soggetti religiosi, Perugino si affeziona al tema della Vergine col Bambino, e nella seconda sala si trovano esempi esaustivi del soggetto. Per conferire un gioco prospettico e un senso di profondità allo sfondo, il Perugino optò per l’abolizione del fondo d’oro e introdusse l’elemento paesaggistico dai tratti tipicamente umbri.
Vittoria Garibaldi, nel testo in catalogo, dichiara fin dalle prime righe l’importanza del ruolo del Perugino nel rinnovamento dell’arte italiana a cavallo tra XV e XVI secolo. Infatti, spogliando progressivamente il tema dagli elementi decorativi, l’artista umbro si concentra sull’espressione di tenerezza che unisce la madre e l’infante, con particolare attenzione alla dolcezza dei visi e alla densità del colore.
Le Madonne del Perugino sono giovani, raffinate ed eleganti e hanno ispirato i più grandi artisti umbri, come Pinturicchio. Le sue figure lunghe e delicate divennero una delle caratteristiche capitali della sua arte, gli conferirono grande successo e lo portarono a dipingere la Cappella della Concezione (di cui oggi non resta alcuna traccia) all’interno dei lavori della Basilica di San Pietro a Roma nel 1479.
Il lavoro de Perugino affascinò Papa Sisto IV, che gli diede l’incarico della decorazione della Sistina in collaborazione con l’équipe di pittori fiorentini, fra cui Botticelli, Ghirlandaio e Rosselli. Durante gli anni di lavoro alla Cappella Sistina tra il 1480 e il 1482, nonostante la giovane età, Perugino è tra gli artisti più apprezzati e gli viene affidato l’incarico di dipingere una delle scene tratte dalla Bibbia.
Nelle due sale seguenti si incontrano lavori degli anni della maturità trascorsa tra Firenze e Venezia (1485-1500). La ricerca della perfezione nel ritrarre la figura umana prende sempre più importanza nel lavoro del Perugino, che via via afferma un linguaggio rappresentativo classicheggiante, con la predilezione e la trasparenza dei toni cromatici.
Sempre nel testo, la curatrice descrive le opere del Perugino come un qualcosa di angelico e dolce, caratteristica che si ritrova anche nei soggetti profani a cui è dedicata la sesta sala. Una sala allestita con le opere di Raffaello chiude la mostra, dando un senso compiuto al tema dell’esposizione.
In un percorso che mira alla comparazione pittorica tra Perugino e altri pittori dell’epoca, una decine di opere di Raffaello sono state scelte per creare un confronto inedito e presentare sotto una nuova luce l’arte italiana del Rinascimento.
Con Vittoria Garibaldi, curatrice della mostra, abbiamo potuto approfondire alcuni aspetti della mostra francese.
Lei è una grande esperta dell’arte del Rinascimento italiano, specialmente umbro. Ci può raccontare l’esposizione Le Pérugin, Maitre de Raphael?
È un incontro tra due personaggi, Raffaello e Perugino. L’esposizione mira ad approfondire l’approccio scientifico di un confronto tra Perugino e Raffaello. Entrambi sono due artisti molto importanti e noti al pubblico. Anche nel 2004 a Perugia avevo curato un’esposizione sul Perugino, ma questa è diversa. Al Jacquemart-André non sono presenti le opere più conosciute di Perugino, come le pale d’altare che avevamo esposto a Perugia, bensì opere minori, di dimensioni più piccole che però ci fanno scoprire un altro Perugino.
È stata un’esperienza molto interessante, che mi ha portata a lavorare a contatto con un alto grado di professionalità ed è stata una grande soddisfazione.
La sede del Musée Jacquemart-André, nel cuore dell’ottavo arrondissement, è un piccolo gioiello architettonico e luogo sospeso nel tempo. Al suo interno si respira un’aria di serena conciliazione artistica e di continuità tra passato e presente. Come vede il Perugino all’interno di questa maestosa cornice?
Il Museo Jaquemart-Andrèè molto ricco di decorazioni e dipinti: non presentando spazi molto grandi in cui disporre opere di dimensioni notevoli, la scelta è stata indirizzata verso opere più piccole, anche dedicate alla devozione privata, come alcune tele avute in prestito dal Louvre.
“Perugino, Maestro di Raffaello”è una domanda e al tempo stesso un’affermazione. Si tratta di un’ipotesi, di un’apertura a una lettura critica, ma anche di uno studio che la porta a vedere in Perugino il punto di riferimento della pittura di Raffaello. Qual è il suo parere a riguardo?
Si tratta di un dibattito in corso e alcune discussioni teoriche fanno riferimenti pittorici al Perugino nelle prime opere di Raffaello, ma non c’è mai stato un confronto diretto. In questa mostra i due maestri si incontrano l’un l’altro in un confronto, e questo è bene perché le esposizioni devono avere uno scopo: non solo il mostrare fine a se stesso, ma anche il far pensare. Tutti devono partecipare al dibattito, perché si tratta di un approfondimento scientifico che vede contrapporsi due storie. La prima segue il Vasari e vuole Raffaello a bottega da Perugino. La seconda vede il Perugino in bottega dal padre e successivamente con Pian di Meleto. In ogni caso, gli influssi del Perugino su Raffaello si possono vedere.
Questa mostra dedicata alla pittura italiana si pone in continuità tematica con Fra’ Angelico et les Maîtres de la lumiere, organizzata dal Jaquemart-André nel 2011-2012. Come in un percorso attraverso le regioni italiane, si è passati da Firenze a Perugia. Potrebbe proseguire nel futuro questo itinerario alla riscoperta dei tesori italiani?
È un canale che può essere proseguito, perché questi artisti formatisi nella bottega del Verrocchio hanno una pittura caratterizzata dalla luce. Questo è il periodo più bello del Rinascimento. La pittura di luce è il fil rouge che unisce questi artisti e fa sì che si influenzino gli uni e gli altri: infatti Perugino si ispira al significato della luce in Piero della Francesca. È un percorso da continuare e i francesi sembrano essere interessati a questa direzione.
Qual è la differenza tra organizzare un’esposizione in una istituzione italiana e in una straniera? Stiamo parlando di differenze di budget, ma anche di promozione. Ci può dire la sua esperienza?
Penso di essere stata molto fortunata. Ho curato diverse mostre in Umbria, tra cui un’importante esposizione sul Perugino nel 2004: era stato un grande traguardo portare in una regione come l’Umbria 399mila visitatori. Quando si costruiscono progetti seri con rigore scientifico, si arriva alla buona riuscita di una mostra. In questo caso, a Parigi, c’è stato fin da subito grande sintonia con il museo francese. Al giorno d’oggi si lavora con molta professionalità, sia in Francia che in Italia.
Facendo un confronto con l’esposizione sul Perugino del 2004 a Perugia, lì la mia posizione era più complicata in quanto ero al tempo stesso direttore museale e sovrintendente per i beni artistico-culturali. La parte amministrativa mi occupava molto. Mentre in Francia, non avendo tutto questo da seguire, sono stata “solo” una storica dell’arte.
Sempre più esposizioni italiane organizzate da istituzioni estere ottengono successi internazionali notevoli. Se fossero organizzate in Italia il risultato però sarebbe ben più modesto. Ad esempio, l’esposizione londinese Life and Death Pompeii and Herculaneum al British Museum (2013). Ci può dare la sua lettura?
La comunicazione è fondamentale. Da noi in Italia si arriva a ottenere il finanziamento necessario al prestito, all’assicurazione e al trasporto delle opere, ma poi vengono stanziati finanziamenti inferiori destinati alla comunicazione. Dobbiamo renderci conto che siamo nell’era della comunicazione, tutto è comunicazione oggi, e bisogna sfruttare più reti possibili, esplorare i nuovi canali. Purtroppo in Italia non siamo preparati a una gestione della comunicazione come in Europa. Chi comanda è l’utente e le amministrazioni devono uscire dal loro involucro e aprirsi a questo nuovo rapporto.
Silvia Neri
Parigi // fino al 19 gennaio 2015
Le Pérugin, Maître de Raphaël
a cura di Vittoria Garibaldi e Nicolas Sainte-Fare Garnot
Musée Jacquemart-André
158, boulevard Haussmann
+33 (0)1 45621159
www.musee-jacquemart-andre.com
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