L’isola del tesoro. Intervista a Carlo Tronchetti su Monte Prama
Si sta rivelando una miniera d’oro, il sito archeologico di Monte Prama in provincia di Oristano. Che ora restituisce altri due giganti pugilatori dalle fattezze differenti da quelli già rinvenuti, e un terzo con la testa ancora collegata al busto. Parliamo dell’intera vicenda della necropoli con l’archeologo Carlo Tronchetti, ex direttore del Museo Archeologico di Cagliari e della Soprintendenza Archeologica di Cagliari e Oristano, nonché autore della prima fase degli scavi.
Quale era la situazione degli scavi nel 1979 quando iniziò la sua avventura?
Avevo già condotto una piccola campagna di scavo esplorativa nel 1977 con la professoressa Maria Luis Ferrarese Ceruti, per valutare l’entità e della situazione. Ma l’estensione dei saggi era minima e quindi avevo ancora davanti parecchie incognite.
Gli scavi ebbero inizio nel 1974: a cosa si deve questo silenzio per quasi quarant’anni?
Nel 1974 avvennero le prime scoperte casuali. Nel 1975 un primo saggio (ad opera di Alessandro Bedini); nel 1977 e poi nel 1979 lo scavo integrale della porzione di area messa in luce. Il silenzio è una definizione non appropriata. Dal 1977 sono usciti numerosi articoli scientifici e divulgativi; i frammenti più significativi sono stati esposti dal 1980 al Museo di Cagliari e le statue di Monte Prama hanno girato Italia ed Europa in mostre nazionali e internazionali.
Il problema grosso è che a Cagliari non eravamo attrezzati per il restauro di una così grande massa di materiale (più di 5mila frammenti) e il Ministero disse che non poteva darci i fondi necessari. Solo quando a Sassari fu realizzato il nuovo laboratorio di restauro a Li Punti e l’allora Soprintendente di Sassari Francesco Nicosia ottenne dalla Regione i finanziamenti si è potuto procedere al restauro, che si è protratto per alcuni anni.
Alla luce dei recenti rinvenimenti a Monte Prama ritiene ancora valida l’ipotesi di un Heroon che celebrava antenati e/o antichi eroi?
Direi che i ritrovamenti in corso, secondo me, confermano pienamente l’ipotesi di una necropoli/Heroon dove i defunti sono venerati come antenati.
Quali sono le differenze sostanziali tra i due tipi di pugilatori?
Se si riferisce, come penso, ai nuovi ritrovamenti, la differenza sostanziale è nell’abbigliamento e nel tipo di scudo portato.
I pugilatori sono la rappresentazione di guerrieri che praticavano il pugilato per onorare gli eroi caduti in guerra oppure atleti che partecipavano alle gare olimpiche? In questo caso si potrebbe valutare l’ipotesi della presenza di uno stadio?
I pugilatori sono senza dubbio riferiti alla sfera del sacro, a riti legati al culto. Non penso che sia possa pensare a giochi atletici in sé e per sé.
Per quali motivo ha un’importanza fondamentale il pollice ad angolo retto dell’arciere che impugna l’arco?
Questo elemento è stato messo in risalto da Alessandro Bedini nel suo saggio sulle origini orientali della statuaria, su cui io personalmente ho poco da dire perché non è mia specializzazione. Ma il motivo, a quanto dice, deriva da analoghi del Vicino Oriente.
In merito all’analisi stilistica delle sculture le influenze orientali sono da attribuire a maestranze arrivate sull’isola? Ed eventualmente a quale area apparterrebbero?
L’analisi stilistica ci dice prima di tutto che le iconografie e il modo di renderle trova le sue radici nella tradizione figurativa sarda. Dal Vicino Oriente, in special modo dall’area siriaca (che è il tramite di trasmissione della statuaria nel Mediterraneo occidentale), giungono alcuni dettagli iconografici e soprattutto l’ideologia della grande statua funeraria/onoraria. Questa nasce in Oriente dove sorgono grandi imperi e i re si fanno rappresentare in statue, così come pure le divinità. I Sardi si appropriano di questa ideologia e la realizzano con le proprie iconografie. È verosimile che artigiani orientali abbiano trasmesso la tecnologia della scultura a tutto tondo di grandi dimensioni, ma la realizzazione, a mio avviso, è puramente locale.
Si potrebbe affermare che il livello culturale nell’isola tra il IX e VIII secolo fosse a dir poco eccezionale?
Il livello culturale della Sardegna nell’età del Ferro, dal IX secolo a.C. in poi è senza dubbio molto alto. La Sardegna è al centro di una rete di contatti e traffici mediterranei, cui partecipa anche in prima persona. È una cultura molto selettiva nei confronti degli apporti esterni, ma assolutamente non chiusa, e che recepisce con attenzione dal di fuori elementi che poi vengono modificati ed integrati al proprio modo di vivere.
Perché i giganti sarebbero la monumentalizzazione dei bronzetti del gruppo Teti-Abini e non il contrario? Ovvero, potrebbero essere i bronzetti successivi alle sculture?
Le statue riprendono con precisione motivi stilistici che sono propri della lavorazione delle statuette bronzee. Che sono già attestate in periodo precedente alla statuaria in pietra. La decorazione delle armi e dell’abbigliamento delle statue è disegnativo, come quello dei bronzetti.
Qualche ipotesi sulla localizzazione del villaggio degli aristocratici che diedero vita al complesso?
Al momento non è possibile proporre alcuna ipotesi sulla localizzazione del villaggio (o dei villaggi?) da cui provengono i defunti di Monte Prama.
In quale modo il complesso di Monte Prama potrebbe cambiare la storia della Sardegna e del Mediterraneo?
Siamo davanti a una situazione nuova, sia per la cronologia che anticipa di qualche decennio le più antiche attestazioni di scultura nel Mediterraneo occidentale (siamo nel corso dell’VIII sec. a.C., nella seconda metà), sia per la monumentalità del sito: una lunga strada sul cui bordo si stende una lunga teoria di statue di grandezza superiore al reale. È un fenomeno sinora unico, che si riallaccia alla domanda sul livello culturale: il livello culturale di chi ha progettato e realizzato una cosa del genere era altissimo.
A chi sarebbe da attribuire la distruzione del complesso e per quale ragione?
Questo è un bel problema. L’unica cosa che sappiamo con certezza è che l’accumulo dei frammenti sopra le tombe non è anteriore al 300 circa a.C.. Esistono diverse ipotesi, da lotte interne fra comunità nuragiche che hanno portato ala distruzione, a interventi militari dei Fenici di Tharros, a episodi di azioni belliche di Cartagine in Sardegna, oppure anche a un lento degrado delle sculture, poi spezzate per poterle meglio accumulare nella discarica. Io non sono in grado di rispondere, e spero che i nuovi scavi apportino nuovi dati.
Cosa pensa dell’analisi del professor Zucca sul toponimo Sinis quando chiama in causa Sinis, il gigante figlio di Poseidone che possedeva un’isola meravigliosa?
Non mi sento di prendere una posizione su questi problemi, perché non ho una preparazione adeguata a discuterne.
Qual è la sua posizione nei confronti del blocco di informazioni da parte del ministero?
Secondo il mio parere intorno a Monte Prama si è creata una attenzione mediatica troppo accentuata, principalmente appuntata sull’eccezionalità dei ritrovamenti. Questo, assieme forse a un eccesso di protagonismo da parte di qualcuno, ha portato a una fortissima pressione sullo scavo, che è invece operazione da compiersi con tranquillità e calma e i tempi necessari per riflettere su ciò che si sta facendo. Il blocco, peraltro parziale a quanto mi consta, delle informazioni è la reazione direi naturale. La migliore soluzione, secondo me, è quella di comunicazioni ufficiali sullo stato di avanzamento dei lavori, con testi, immagini e video comunicati a stampa e televisione. Anche regolari conferenze stampa e visite al sito programmate. Ma interrompere lo stillicidio di notizie e di caccia alle notizie che era in corso è cosa corretta.
Roberta Vanali
Cagliari // fino a data da definirsi
Mont’e Prama 1974-2014
Museo Archeologico Nazionale
Piazza Arsenale 1
www.archeocaor.beniculturali.it
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