London Art Week. Paolo Scheggi e la retrospettiva da Robilant+Voena

Frieze è alle porte e non è difficile immaginare che il vero protagonista dell’infuocata settimana londinese sarà il Post-War italiano. Intanto abbiamo visitato la mostra dedicata a Paolo Scheggi con la curatrice Francesca Pola. A un anno di distanza dalle “imbottiture” di Agostino Bonalumi, gli spazi della galleria Robilant +Voena di Dover Street si illuminano con oltre trenta intersuperfici.

Francesca Pola, può spiegarci le ragioni di tanta attenzione per l’arte del secondo dopoguerra italiano?
Sicuramente l’attenzione è cresciuta, anche se parlerei piuttosto di continuità. Certo i risultati sempre più sorprendenti delle aste e le vendite private nelle gallerie fanno crescere l’interesse dei collezionisti intorno all’arte italiana degli Anni Sessanta e Londra è indubbiamente una piazza guida per le tendenze del mercato.
Per fortuna l’aspetto mercantile è supportato da un serio lavoro di studio sulle avanguardie e ricerca curatoriale a livello internazionale. Basti pensare all’imminente mostra al Guggenheim di New York, Zero: the countdown to tomorrow o Azimut/h al Guggenheim di Venezia, dove oltre a Lucio Fontana, padre spirituale di tutta una generazione, sono presenti autori come Bonalumi, Scheggi, Castellani, Manzoni, Dadamaino e Colombo.

Quale considera sia stata la vera forza del movimento?
Indubbiamente un bisogno di innovazione e ricerca, poi la specificità di un linguaggio. È evidente che non ci sono stati altri pittori in Europa o in America che in quegli anni si fossero avventurati in maniera così spinta nella ricerca spaziale. Dietro a questi autori e alle loro tele c’è tutta la riconoscibilità di un “brand”.
Non dimentichiamo inoltre il grande fermento mercantile che si respirava nell’Italia di quegli anni: la prima mostra di Pollock in Europa fu proprio nella Galleria del Naviglio di Cardazzo nel 1950 e poi Jasper Johns nel 1959. è in questi stessi spazi che Scheggi avrà la fortuna di muoversi.

Paolo Scheggi in mostra a Londra

Paolo Scheggi in mostra a Londra

Come si posiziona Scheggi al suo arrivo a Milano?
Paolo Scheggi erediterà dalla formazione toscana un gran distillato di razionalità e di sensibilità cromatico-spaziale che tradurrà in forme più contemporanee. Dopo la prima frequentazione delle gallerie fiorentine, si sposta nel 1961 a Milano dove verrà ospitato da Germana Maruccelli, la sarta intellettuale, famosa nel circolo degli artisti in città, per le sue sfilate d’avanguardia e per la quale lo stesso Scheggi creerà gli interni della sua casa di moda.
L’artista si identifica da subito con una linea non figurativa e non farà fatica a trovare da subito a Milano i suoi interlocutori grazie alla proficua collaborazione con Renato Cardazzo. Di qualche anno più giovane dei suoi contemporanei del gruppo Azimut, verrà considerato da subito con grande stima e affetto.
Si susseguono le mostre milanesi e le prime attenzioni internazionali, anche se la prima più importante personale di Scheggi sarà al Cavallino di Venezia nel 1965 con la mostra Intersuperfici Curve.

La consacrazione arriva poi con la Biennale…
Il 1966 vede approdare Scheggi, al fianco di Bonalumi, nella sezione Gruppi di opere: pitture, sculture e grafiche alla Biennale del 1966 e i primi grandi collezionisti oltreoceano – pensiamo a Roland Gibson – iniziano a comprare le sue opere. Scheggi, come Manzoni, muore giovanissimo ed era molto lucido sulle sue precarie condizioni di salute, sente dunque forte l’esigenza di compiere una visione completa del suo lavoro in tempi brevi.

Paolo Scheggi in mostra a Londra

Paolo Scheggi in mostra a Londra

Questa mostra è la prima monografica dall’ultima grande retrospettiva del 1976 alla Galleria d’Arte Moderna di Bologna. Qual è la lettura dei suoi quadri a quasi quarant’anni di distanza?
L’idea della mostra londinese è cogliere la varietà del lavoro di Scheggi che, trovando una connotazione cosi forte con il concetto di intersuperficie, rischia spesso di appiattirsi. L’intersuperficie rappresenta il suo modo di andare oltre il supporto del quadro dipinto e creare una ricerca spaziale che avvia già tra il 1959 e il 1960 con le lamiere dal sapore Neodada.
La prima sala della mostra con i bianchi e i neri si concentra sull’idea della nascita e evoluzione dell’intersuperficie, una soluzione pittorica composta da tre tele sovrapposte, dove il fulcro è quella centrale che, con le sue aperture, genera le ombre e dialoga con lo spazio. La monocromia diventa una scelta obbligata e le aperture grandi e organiche del primo periodo tendono a regolarizzarsi e trovare un loro ritmo attraverso calcoli e funzioni matematiche.
La seconda sala della galleria è dedicata ai rossi, grazie ai quali si può leggere tutta l’espansione di un corpo all’interno di un altro. Scheggi può essere definito un pittore rinascimentale sia per la cura tecnica e la ricerca cromatica dei pigmenti che per la scansione razionale dello spazio. La cromia nella seconda parte degli Anni Sessanta trova una sintesi sempre meno tonale e più artificiale.

Avete anche ricreato l’Intercamera del 1967.
L’Intercamera, che l’artista realizza nel 1967 per la galleria del Naviglio, è andata distrutta. Questa è la ricostruzione del 2007, fatta realizzare dall’Associazione Scheggi in occasione dei quarant’anni dell’opera e ora conservata al Museo Pecci di Prato. Qui l’intersuperficie trova una dimensione architettonica e ambientale. Lo spazio in cui il visitatore si può muovere è lo spazio intermedio, il luogo tra due luoghi, quello che Scheggi definiva lo spazio del pensiero, della meditazione e della non azione.
Dopo i più rigorosi bianchi, neri e rossi, al secondo piano degli spazi della Galleria Robilant + Voena c’è la serie delle intersuperfici in colori più naturali, terrosi, organici ma anche neon come nella serie degli inter-ena-cubi del 1969, cubi in carta montati su plexiglas dove si vede tutta la precisione del taglio non più manuale ma meccanico degli ultimi lavori tridimensionali su carta.

E dopo questa retrospettiva?
L’Associazione Paolo Scheggi sta preparando un catalogo ragionato curato da Luca Massimo Barbero.

Barbara Martorelli

Londra // fino al 4 novembre 2014
Paolo Scheggi
a cura di Francesca Pola
ROBILANT+VOENA
38 Dover Street
+44 (0)207 4091540
art@robilantvoena.com

 

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