Teoria queer e femminismo. Intervista a Giulia Casalini
Che relazioni corrono fra attivismo e pratiche artistiche femministe, queer theory e gender politics, in Regno Unito come in Italia? Abbiamo intervistato Giulia Casalini, curatrice e co-fondatrice di CUNTemporary, organizzazione curatoriale e piattaforma per pratiche artistiche femministe e queer, di base a Londra. Tra un festival di performance, un archivio queer presto online e un talk all’ICA, la mission è dare risonanza a espressioni artistiche e critiche transnazionali.
Giulia, l’attività dell’organizzazione, che co-dirigi con Diana Georgiou dal 2012, si dirama a Londra e Oltremanica. A giugno di quest’anno avete organizzato la programmazione artistica del primo gay pride a Cipro. In Italia avete partecipato a Independents per ArtVerona e iniziato Teoremi, festival di performance ospitato a Genova. Come gestite tale approccio internazionale?
CUNTemporary ha svolto alcune delle sue sfide più significative all’estero. Londra è infatti un posto “sicuro” in cui presentare il nostro lavoro poiché già da tempo esiste un discorso ben strutturato attorno alla performance art e teorie di genere, femminismo e queer, determinando un interesse più trasversale (e una discutibile “moda”), che fino a oggi ci ha assicurato la riuscita dei nostri incessanti eventi, con una partecipazione sempre molto attiva e numerosa. Gli altri Paesi in cui abbiamo lavorato, invece, non si presentano altrettanto pronti a ricevere lo stesso tipo d’intervento, non solo per i principali temi affrontati – gender e sessualità – ma anche per alcuni considerati più controversi, come la pornografia e la religione, i quali a volte allontanano anche le comunità LGBT stesse.
Quali sono i focus principali della vostra piattaforma?
Il nostro obiettivo curatoriale mantiene un discorso trasformativo autonomo, che comunica in maniera pluridirezionale attraverso un attivismo che si promuove in forma artistica e teorica, e non solo “politica” nel senso stretto del termine.
Considerando il queer nella sua complessità decostruttiva e mobile – e non unicamente come categoria antagonista rispetto all’eteronormatività – continuiamo a riflettere con la nostra pratica su numerosi ambiti e discorsi non egemonici quali transgenderismo, femminilità, (post)pornografia, affettività, violenza, feticismo, memoria, disabilità, razzismo, emarginazione, vulnerabilità…La sfida di operare di là dal territorio inglese ha permesso a CUNTemporary di interpretare i suoi contenuti contestualmente e di crearne nuovi, diramandosi in AQI – Archivio Queer Italia nel 2013.
Teoremi è stato il primo festival di performance italiano contro le discriminazioni di orientamento sessuale e d’identità di genere. Oltre al Museo di Villa Croce di Genova,alcune performance si sono tenute nello spazio pubblico. Qual è stata la risposta dei visitatori, sia consapevoli che ignari del progetto?
Genova è stata una scena importante nella quale intervenire: ha infatti una coesa comunità LGBT e femminista, ma allo stesso tempo – come in altre città italiane – si sono svolti interventi contro i gender studies e manifestazioni come le “sentinelle in piedi”.Le performance prodotte per gli spazi esterni hanno perciò avuto riscontri più inaspettati. Prendo ad esempio la performance di Mona Lisa Tina, nel Porto Antico (area con alta prostituzione e povertà): l’artista domanda ai passanti di scambiare una loro vergogna per una sua. Un gruppo inizia a seguirla in processione; un bambino frena la bicicletta e assiste fino alla fine. Una coppia di ragazzi infine la rincorre e la blocca nel mezzo della performance per chiederle che cosa stia facendo: lei prende le loro mani e sussurra loro un segreto, che ricambiano.
Il 29 novembre avrà luogo la terza serata di Deep Trash Italia, sessione di performance, arte e club night, pensata inoltre come evento fundraiser per i progetti legati ad AQI e CUNTemporary. Qual è l’importanza di un contatto col pubblico attraverso eventi come questo?
Nel tentativo di portare l’arte in situazioni inaspettate e rispondendo in maniera critica al paradigma di “serietà curatoriale”, ho iniziato DTI – Deep Trash Italia. Il primo è stato creato per raccogliere fondi per Teoremi e aveva come tema gli stereotipi dell’italianità. La risposta del pubblico è stata enorme: l’evento è entrato nella Top 10 di Time Out, il manager del locale e i partecipanti mi hanno pregato di continuare le serate… Ho perciò accettato e mantenuto il nome, ma il concept cambia a cadenza trimestrale. La seconda puntata era dedicata alla cultura pop-(post)pornografica in Europa e la prossima, il 29 novembre, sarà una critica al capitalismo.
A ogni edizione c’è una vera e propria open call, alla quale hanno già partecipato artisti da ogni parte del mondo. Queste serate si offrono come momento di divertimento e riflessione artistica sia per il pubblico esperto che per quello più profano, che si avvicina all’arte in maniera inconsapevole.
Il 21 giugno hai presentato CUNTemporary all’ICA – Institute for Contemporary Art di Londra con una conferenza, Re-Materialising Feminism. Ci puoi raccontare gli esiti dell’incontro?
L’intervento ha provocato una vivace discussione tra il pubblico: varie domande sono sorte rispetto a un’idea di queer di matrice deleuziana legata ai concetti di fluidità, molteplicità, indeterminazione, “corpi senza organi”… L’estrema conseguenza di questo pensiero proiettava il queer verso l’abolizione del genere e di ogni altro tipo d’identità. Il queer da noi elaborato tuttavia non prevede lo sprofondamento nell’indeterminazione – dalla quale non è possibile praticare alcun tipo di resistenza o politica – ma l’inclusione di obiettivi, strategie, corpi e differenze specifici, esposti a possibilità trasformative: l’apertura dell’identità, non la sua rimozione.
Altro punto di confronto era legato al concetto di “estetica queer-femminista”: qualcuno ha osservato che la maggior parte degli esempi durante il nostro intervento avevano come forma rappresentativa dominante la corporalità e la performance art. Inevitabilmente, gran parte dell’arte con valore femminista-queer adotta il corpo come elemento discorsivo (essendo questo la base degli argomenti di oppressione sessuale, genere, razza e non solo), ma non necessariamente queste lo impiegano anche a livello formale. Un’estetica queer-femminista risiede nell’intenzione e nel processo artistico.
Per concludere, puoi anticiparci i progetti futuri?
Le nostre attività continuano a Londra, in Europa con nuove collaborazioni, e in Italia, in particolare con Teoremi, che si sposterà a cadenza biennale in varie città italiane. Un catalogo della prima edizione uscirà a breve, scaricabile online.
Elio Ticca
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati