Arzignano. Nasce Atipografia, nuovo polo per le arti
Quando un sogno (o un’utopia) diventa realtà. Elena Dal Molin e Andrea Bianconi hanno coinvolto l’amministrazione pubblica e l’imprenditoria locale in un progetto culturale inedito. Hanno ridato anima a un’ex tipografia. Per avviare un’associazione culturale e uno spazio che si annunciano in continua trasformazione.
Arzignano. “Profondo Nord”. Terra dove quasi ogni famiglia è (o almeno era) un’impresa e dove trionfava un capitalismo concreto, diretto, spesso arido e spietato. Provincia che ha dimenticato le favole e le fate di Zanzotto o i muschi e le nebbie di Parise, per abbracciare una trasformazione fin troppo rapida, brutale e minacciosa. Centro riconosciuto a livello mondiale per la concia delle pelli (non importa se per divani, calzature o sedili per auto) e per la lavorazione del marmo… Ora che la crisi morde i fianchi, sente il bisogno di dare un’organizzazione a un sistema produttivo che soffre di tutte le carenze della congestione. Sente che deve dotarsi di un’etica, di una cultura, di una memoria che forse si sono polverizzate con il tempo.
La nascita di Atipografia, un nuovo polo culturale dedicato all’arte, può diventare un segno forte, tangibile di questo cambiamento di rotta. È stato fortemente voluto dalla storica dell’arte Elena Dal Molin e dall’artista Andrea Bianconi (l’inaugurazione dello spazio e della prima mostra, proprio di Bianconi, sono previste per sabato 15 novembre). Ma non è solo uno spazio espositivo, bensì un centro polivalente: un luogo dove verranno presentate non opere, ma operazioni (o sarebbe meglio dire “opere in azione”, opere che trasformano i luoghi, le menti, il mondo). Lì ci sarà posto per workshop, performance, residenze, concerti, biblioteca.
La location si estende su 1.000 mq, ricavati dal ripristino di una vecchia tipografia di fine Ottocento: ripristino non restauro, in quanto tutti i lavori si sono orientati più sul levare che sull’aggiungere, più sull’idea di riportare lo spazio allo stadio originario che sulla realizzazione di un intervento di cosmesi. Così sono stati lasciati i muri scrostati, i pavimenti sconnessi, le vecchie travature a vista. Sono rimaste anche le vecchie cassettiere che contenevano i caratteri tipografici e, camminando per le stanze, pare di sentire ancora l’odore degli inchiostri, delle carte, delle matrici.
“È un modo per riscoprire il passato, per fare i conti con un tempo che sopravvive e che inquieta il presente”, ha commentato il consulente artistico Luigi Meneghelli durante la conferenza stampa. “Questo è un luogo dove i fantasmi non muoiono mai del tutto, ma testimoniano di un continuo ritrovamento, di un continuo cortocircuito fatto di latenze e risvegli, di grovigli di tempi, spazi, materie, linguaggi”. Elena Dal Molin ha suggerito quello che potrebbe essere il filo conduttore teorico delle varie operazioni, e cioè “l’invisibile narrativo. La volontà di mostrare al visitatore ciò che normalmente sfugge allo sguardo, ciò che si nasconde ai margini”. Interrogare l’abitudine o ciò che non vediamo più per troppa visibilità.
Ma quali gli appuntamenti in programma? In dicembre Atipografia ospiterà le sonorità di Chanyunan Duo, suggestive commistioni nate dalla reinterpretazione della musica tradizionale cinese, un talk con Fabrizio Panozzo (direttore del Mac Lab Cà Foscari) che dialogherà con Andrea Bianconi e due imprenditori su Il valore invisibile. L’arte contemporanea nelle imprese contemporanee e il concerto del compositore Vincenzo Pasquariello, che musica le opere di William Kentridge. A gennaio in mostra Carlo Bernardini, che indagherà il tema dell’invisibile con sculture di luce, e l’incontro con Marco Dalmastro (fisico nucleare del Cern di Ginevra) che presenterà il suo libro Particelle Familiari, dove si racconta con semplicità la ricerca del laboratorio sul Bosone di Higgs. E poi ancora una raccolta di pellicole e di foto per documentare, con l’aiuto del Cineclub, la storia locale del secolo scorso.
Molti, dunque, gli appuntamenti. Il tutto per rovesciare quell’etichetta per cui il Veneto (in questo caso la città di Arzignano) è sempre stato ritenuto, come ha rilevato l’assessore alla cultura Mattia Pieropan, “un territorio di grandi lavoratori che hanno raggiunto un successo economico, ma anche come territorio culturalmente arido. Atipografia, ha aggiunto, può diventare davvero la scintilla che mette in moto un meccanismo che si è inceppato. Ma una scintilla per diventare fuoco ha bisogno di energia. E noi come territorio (amministrazione pubblica, associativismo, tessuto sociale) siamo pronti a dare il nostro contributo. Anche perché, mai come in questo momento, abbiamo bisogno di nuovi modi di vivere, di essere, di vedere. E credo che l’arte ce li possa fornire”.
Atipografia è ancora una realtà piccola, ma con grandi ambizioni e grandi possibilità. Lo diceva anche Friedrich Schumacher nel libro intitolato proprio Piccolo è bello: “Al giorno d’oggi soffriamo di un’idolatria quasi universale per il gigantismo. Perciò è necessario insistere sulle virtù della piccola dimensione”. Dunque lavorare su ciò che sta attorno (con i ragazzi, le scuole, le attività locali). Far crescere il territorio, trasformardolo in faro, in luce, in incandescente sensibilità. “Farlo tornare comunità, comunione, condivisione”, come sostiene Bianconi, che inaugura lo spazio espositivo con la sua bizzarra e magica mostra Tunnel City: un inventario di oggetti e segni, dove le storie si accumulano, si rimescolano, si riordinano all’infinito. Sembra cacciare gli spiriti di cui fiuta la traccia: per cui, dove egli passa, niente più rimane come prima. Gabbie, frecce, fiori sembrano suggerire sempre un altrove possibile, ma inafferrabile. Perché tutto dialoga con le luci, gli intonaci sbrecciati, la memoria delle cose preesistenti. Si potrebbe quasi dire che il suo è una sorta di “sortilegio delle soglie”, dove le epoche, le materie, le forme non smettono di intrecciarsi.
Sophie Accanto
Arzignano // inaugurazione 15 novembre 2014
Andrea Bianconi – Tunnel City
a cura di Elena Dal Molin
ATIPOGRAFIA
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