Hollywood piange Mike Nichols, il regista de Il Laureato
Sessant’anni in compagnia dei film di Mike Nichols. E ieri 19 novembre 2014 ci ha detto addio. Nella rosa dei pochissimi fortunati ad aver vinto Emmy, Grammy, Oscar e Tony Awards, Nichols ha una storia avvincente che copre tre continenti e ha cambiato le sorti del cinema americano…
Figlio di un intellettuale russo ebreo trasferitosi a Berlino, il giovane Mike Nichols (1931-2014) viene a contatto in tenera età con persone nella cerchia di Vladimir Nabokov e Boris Pasternak. La famiglia si trasferisce a Chicago appena i tempi si fanno duri per le leggi razziali. Ma il futuro del giovane emigrato è a New York, dove inizia a frequentare gli Actors Studios distinguendosi per le sue doti d’improvvisatore a teatro e in televisione spesso al fianco di Elaine May.
L’incontro con l’opera del commediografo statunitense Neil Simon segna irrevocabilmente anche la sua scrittura. Vince ben sette Tony Awards come miglior regista drammatico e di musical con A piedi nudi nel parco (1964), Luv (1965), La strana coppia (1968), Plaza Suite (1972), Prigioniero della seconda strada (1972), The Apple Tree (1974), Zio Vanya (1977), Annie (1977), Comedians (1978), Streamers (1978), The Gin Game (1978), The Real Thing (1984), The Play That I Wrote (2003) e Spamalot (2005).
Da Broadway a Hollywood è un soffio. Col botto. Elizabeth Taylor e Richard Burton sono insieme sul set di Chi ha paura di Virginia Woolf? e gli fanno guadagnare un Bafta. L’adattamento cinematografico del dramma di Edward Albee lascia senza fiato anche dopo cinquanta anni. Ma l’Oscar arriva nel ‘68 con le calze della Bancroft, matura adultera col neolaureato Dustin Hoffman.
Satira militare con Comma 22 e cast che si compone di Orson Welles, Antony Perkins e John Voight. Con Silkwood Nichols sensibilizza l’opinione pubblica sul pericolo della contaminazione nucleare: la storia, vera vede come interprete principale la divina Meryl Streep, che funziona tanto bene da essere rieletta protagonista accanto a Jack Nicholson del successivo Heartburns – Affari di cuore, da una sceneggiatura di Nora Efron (C’è posta per te). Nell’88 arriva Una donna in carriera con Melanie Griffith, Harrison Ford, Sigourney Weaver e Kevin Spacey.
L’alchimia con la Streep continua per Nichols, che la sceglie per duettare con Shirley MacLane in Cartoline dall’inferno. Annette Bening e Harrison Ford sono i protagonisti di A proposito di Harry, favola sul tema della “seconda opportunità”.
A questo punto della carriera sono pochi i generi che Mike Nichols non ha affrontato. Allora meglio mettere le spuntature anche all’horror e alla fantascienza, cosa che accade con Wolf – La belva è fuori e Da che pianeta vieni? (forse il film meno riuscito della sua vita). Dopo una specie di remake de Il vizietto con Piume di struzzo, protagonisti Robin Williams e Nathan Lane, Nichols si dà ancora una volta alla critica politica con la coppia presidenziale John Travolta ed Emma Thomphson. Ma è con Closer che torna agli onori della cronaca. Jude Law, Julia Roberts, Clive Owen, e la rivelazione Natalie Portman, si trovano in una danza selvaggia a quattro dove un meccanismo alla Rube Goldberg cambia continuamente le sorti dei personaggi.
L’ultimo grande successo di Nichols è stato in televisione, con la pioggia di Emmy per Angels in America, sei ore di racconti di vite coinvolte nel dramma dell’Aids a cavallo dell’era Reagan. La Guerra di Charlie Wilson è del 2008 e rievoca la storia vera di un deputato americano che negli Anni Ottanta fornì armi alla resistenza afgana per respingere l’invasione sovietica. Un’altra provocazione.
A legare questo lungo filo di storie e racconti, che attraversa sei decadi, c’è stata, fuori d’ogni retorica, una straordinaria capacità di osservazione delle declinazioni della natura umana, con implicazioni che vanno dal sociale al private, costantemente in bilico tra lo scetticismo empirico e l’ottimismo dell’immaginazione. Nichols ha rivoluzionato il linguaggio del paludato cinema dell’epoca da Chi ha paura di Virginia Woolf? a Conoscenza carnale e fino a Closer. E se dovessimo festeggiarlo oggi, la colonna sonora sarebbe certo quella di Simon e Garfunkel (The Sound of Silence da Il Laureato).
Federica Polidoro
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