I Pollaiolo al Poldi Pezzoli di Milano. Note critiche e attribuzioni alternative

Se l’importanza delle mostre si misura anche sul dibattito che innescano, allora quella sui Pollaiolo al Museo Poldi Pezzoli di Milano sta riscuotendo un’eco notevole. Perché in ballo ci sono attribuzioni importanti. Addirittura quella dell’Annunciazione di Leonardo da Vinci. Qui trovate il contributo di Massimo Giontella.

PREMESSA STORICA

Tra la fine degli Anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta del Quattrocento, la Repubblica Fiorentina commissionò ad Antonio del Pollaiolo (Firenze, 1429-1433 – Roma, 1498) un San Giovanni Battista, patrono di Firenze, da realizzarsi in affresco alla Porta della Catena, nel Palazzo della Signoria; l’adito era di grande importanza perché dava accesso alla Cappella, luogo del primo ufficio mattutino dei Priori. Sul pianerottolo antistante fu collocato il David del Verrocchio; è evidente che in quel periodo Antonio era considerato il pittore e Andrea lo scultore.
Negli anni immediatamente seguenti, il Pollaiolo iniziò l’attività di scultore; le considerazioni collimano perfettamente con quanto scrive Vasari, le cui asserzioni non possono essere giudicate attendibili o meno a seconda delle proprie esigenze: per screditare quanto sostenuto dal pittore–architetto si deve essere in possesso di precise prove documentali. Il San Giovanni Battista fu fatto rimuovere, in quanto simbolo della Repubblica Fiorentina, da Vasari stesso su disposizione del Granduca Cosimo I. Un disegno di Salvestro del Pollaiolo riproduce il Battista nello stile pollaiolesco ma senza avere la perfezione di linea delle opere del fratello maggiore; non essendo nota l’attività artistica di Salvestro, il disegno è verosimilmente da considerare una copia dell’affresco del Palazzo della Signoria, anche per la presenza di un paesaggio alle spalle del santo che lo colloca unicamente in derivazione da un dipinto.

LA MOSTRA DI MILANO

La premessa ci consente di ripartire con il piede giusto nell’interpretazione e nell’attribuzione dei quattro dipinti di Dama esposti fino al 16 febbraio al Museo Poldi-Pezzoli di Milano.
I curatori della mostra – Andrea Galli e Andrea Di Lorenzo – assegnano i quattro dipinti a Piero del Pollaiolo, il fratello minore di Antonio: le attribuzioni sono il naturale coronamento del trend dell’ultimo decennio, che ha voluto rivalutare Piero come unico pittore della famiglia dalla fine degli Anni Sessanta in poi; a nostro parere, Piero fu a tutti gli effetti anche scultore con attività non saltuaria, ma il suo livello artistico sia in pittura sia in scultura rimase sempre lontanissimo da Antonio, come correttamente sostenuto dai grandi critici del Novecento: impossibile pensare che la stessa persona abbia realizzato il volto della Prudenza e il volto della Fede nelle Virtù del Tribunale della Mercanzia di Firenze.

Antonio del Pollaiolo e Leonardo, Annunciazione - Galleria degli Uffizi, Firenze

Antonio del Pollaiolo (?) e Leonardo, Annunciazione – Galleria degli Uffizi, Firenze

Prendendo in considerazione le quattro Dame in mostra una domanda sorge immediata: sono tutti reali ritratti di donna? La nostra risposta è no: soltanto il dipinto degli Uffizi è un reale ritratto, gli altri sono studi con diverse finalità. La donna di Firenze ha l’aspetto veritiero per essere un reale ritratto, gli altri tre dipinti sono figure idealizzate che meritano un opportuno approfondimento. Il dipinto di Berlino già a prima vista dà la netta sensazione di un’opera- studio fatta verosimilmente per prepararsi alla realizzazione di un’altra opera di maggiore importanza. Noi riteniamo di aver individuato la scultura per la quale il dipinto doveva fungere da studio ideativo: si tratta della Battista Sforza del Bargello, attualmente attribuita a Francesco Laurana ma senza nessun supporto storico né documentale; al contrario, gli intensi rapporti che si istaurarono negli Anni Settanta del Quattrocento tra Antonio del Pollaiolo e il Duca di Urbino, di cui è prova una lettera scritta nel 1473 da Federico di Montefeltro a Lorenzo de’ Medici, rendono oltremodo verosimile la paternità dell’artista fiorentino sul busto marmoreo del Bargello. Né si può sostenere, come è stato fatto, che i Pollaiolo disdegnassero la scultura lapidea, perché parteciparono al concorso per la realizzazione del Monumento funebre del Cardinale Forteguerri in concorrenza al Verrocchio, riuscendo vincitori per la comunità di Pistoia ma senza poi ottenere la commissione per intervento diretto di Lorenzo de’ Medici, la cui decisione ha motivazioni tutte da chiarire.

Francesco Laurana, Ritratto di Battista Sforza – Museo del Bargello, Firenze

Francesco Laurana, Ritratto di Battista Sforza – Museo del Bargello, Firenze

Se poniamo a raffronto la dama di Berlino e Battista, notiamo strettissime somiglianze nella acconciatura dei capelli e nel profilo della fronte e della testa. Se anche il dipinto non fosse uno studio per fare il busto scultoreo, riteniamo di poter affermare che la stessa mano ha eseguito le due opere; il dipinto è pertanto una prova che Antonio praticava la scultura lapidea.
Del dipinto fiorentino abbiamo già detto ma, mentre ci sentiamo di poter concordare sulla paternità di Piero riguardo alla figura femminile, il gioiello sembra molto più legato alla mano di Antonio, per la meticolosità e la precisione dei dettagli.
Il dipinto americano, da attribuirsi a nostro avviso totalmente a Piero, sembra proprio avere le caratteristiche di uno studio per un altro dipinto, forse proprio la donna di Firenze; entrambe le opere sono al contrario stilisticamente lontanissime dalla mano che ha eseguito l’immagine femminile di Berlino. Analizzando il dipinto del Poldi-Pezzoli, a prima vista l’immagine eterea della donna dai lineamenti perfetti ce la fa apparire molto lontano dalla realtà: siamo di fronte non a un reale ritratto femminile, ma a una idealizzazione della donna.

Antonio Pollaiolo e Botticini, I tre arcangeli e Tobiolo - Galleria degli Uffizi

Antonio Pollaiolo e Botticini, I tre arcangeli e Tobiolo – Galleria degli Uffizi

IL CONTESTO
Per poter avere una interpretazione corretta dell’opera dobbiamo ripercorrere il momento storico-letterario della sua realizzazione: Dante fu la pietra miliare della cultura medievale e rinascimentale, con momenti di maggiore e minore enfasi celebrativa. All’inizio degli Anni Ottanta del Quattrocento l’umanista Cristoforo Landino scrisse il Commento a Dante (pubblicato nel 1481) dando una lettura neoplatonica del Paradiso; e Antonio del Pollaiolo considerava Landino il suo principale mentore, insieme a Marsilio Ficino e a Leon Battista Alberti. Le Disputationes Camaldulenses scritte da Landino tra il 1472 e il 1474 – una disputa sul Sommo Bene immaginata nel Monastero di Camaldoli – furono per Antonio del Pollaiolo una sorta di breviario artistico, dal quale attinse fra l’altro per la realizzazione della Annunciazione degli Uffizi.
Il dipinto del Poldi Pezzoli è da considerare il binario artistico parallelo a quello letterario del commento a Dante; conseguentemente la datazione dell’opera pittorica deve essere spostata agli inizi degli Anni Ottanta. Il significato del dipinto è a nostro avviso una idealizzazione della donna secondo la visione dantesca della Commedia: non l’Angelo evanescente, intermediario tra l’uomo e Dio, della Vita Nova, ma l’essere superiore che è pur sempre terreno e in grado di sprigionare un amore terreno e divino come delineato nella Commedia. Tanto traspare a nostro avviso dal dipinto cui Piero del Pollaiolo, secondo questa lettura, è da ritenersi del tutto estraneo.
D’altra parte il disegno dell’opera ci rapporta direttamente ad Antonio, confortati dal confronto con il profilo del ritratto fiorentino sicuramente di Piero che mostra insanabili disuguaglianze; né si può presentare Antonio come l’artista della erculea violenza: lo era quando trattava Ercole o le Battaglie dei Nudi, ma poteva cambiare totalmente il suo stile pittorico quando i soggetti lo richiedevano e lo faceva con la precisione e il gusto del particolare appresi dalla scuola fiamminga, i cui maestri di riferimento erano van Eyck e Sluter.
Fermo restando che si debba tornare senza esitazione alle attribuzioni tradizionalmente condivise dell’Apollo e Dafne e del David di Berlino ad Antonio del Pollaiolo, integriamo con alcune nuove attribuzioni l’attività di pittore dell’artista: l’Annunciazione e I tre Arcangeli e Tobiolo della Galleria degli Uffizi.

Antonio del Pollaiolo, Ritratto femminile  – Gemäldegalerie, Berlino

Antonio del Pollaiolo, Ritratto femminile – Gemäldegalerie, Berlino

NUOVE ATTRIBUZIONI

Il 21 ottobre si è svolta, presso l’Accademia Toscana di Scienze e Lettere La Colombaria, la conferenza dal titolo Sacra Rappresentazione, Profezia e Riferimenti Politici nella Annunciazione attribuita a Leonardo, relatori Riccardo Fubini e il sottoscritto. Nella conferenza sono state affrontate le consistenti problematiche e gli aspetti geografici, scenici, divinatori e politici. È stato quindi trattato il problema della paternità e delle modalità con le quali il dipinto è arrivato al convento di Monte Oliveto in Firenze, dove fu descritto per la prima volta da Moreni nel 1793. Fondamentali sono le seguenti considerazioni:

1. il paesaggio sullo sfondo è Otranto, come dimostrano le somiglianze geografiche e una lettera di Federico di Montefeltro, che asserisce di avere di fronte a sé la pianta della città fatta fare da Sisto IV in funzione di un attacco liberatore dalla aggressione turca. La datazione del dipinto è pertanto 1481;

2. se Federico aveva in mano la pianta di Otranto, è evidente che la villa fiorentina presente nel dipinto era la sua villa di Rusciano in Firenze;

3. il coinvolgimento di Federico con il dipinto esclude che il “main author” sia Leonardo, dal momento che non vi furono mai rapporti tra il Duca e l’artista. Oltre ad altre argomentazioni, ve ne è una di carattere stilistico che conferma l’asserzione: lo studio quasi ossessivo del particolare è inconciliabile con il fare leonardesco. Leonardo è senz’altro presente nel dipinto come allievo emancipato, ma l’artista principale è Antonio del Pollaiolo.

4. il dipinto era un’esortazione a ché Federico prendesse il comando delle operazioni militari contro i turchi: il verosimile committente fu Giuliano Gondi, plenipotenziario a Firenze del Duca di Urbino, su incitamento dei reali napoletani cui il Gondi era intimamente legato;

5. il monte sullo sfondo, che aveva caratteristiche antropomorfe prima del restauro del 2000, rappresentava la Sibilla predicente la vittoria di Federico: tutto ciò non si realizzò perché Sisto IV, temendo che l’urbinate sposasse definitivamente la causa napoletana, bloccò il Duca quando questi era già partito per Otranto e si trovava a Recanati;

6. l’Annunciazione costituisce una sorta di inestimabile canovaccio per la realizzazione del monumento funebre di Sisto IV progettato da Antonio del Pollaiolo nel 1484 e in cui si rilevano evidenti legami con l’opera principale;

7. le attribuzioni operate dalla critica d’arte nell’Ottocento delle opere commissionate da e per Federico di Montefeltro debbono essere radicalmente riviste perché il Duca di Urbino richiedeva un richiamo molto stretto al primo Quattrocento di van Eyck, anche a costo di sacrificare un po’ le connotazioni precipue del suo artista di riferimento: Antonio del Pollaiolo. La conferma del rapporto privilegiato tra il principe e l’artista è nel fatto che il primo si fece ritrarre insieme al secondo nel piatto anteriore del codice urbinate latino 508, Disputationes Camaldulenses, perché ormai Antonio non era più soltanto l’artista di riferimento ma un dignitario di corte. Quanto a I tre Arcangeli e Tobiolo, il dipintoha avuto attribuzioni controverse ma con un indirizzo pressoché unanime nel riconoscervi l’intervento di due mani diverse; in effetti, al primo impatto si rileva una sostanziale differenza stilistica e qualitativa tra l’Arcangelo Michele e il paesaggio da un lato e gli altri due Arcangeli e Tobiolo dall’altro. Anche senza prove documentali, si può riconoscere in Michele e il paesaggio la mano di Antonio del Pollaiolo: lo stile inconfondibile è un documento di paternità a tutti gli effetti.

Massimo Giontella

Milano // fino al 16 febbraio 2015
Le dame dei Pollaiolo
a cura di Aldo Galli e Andrea Di Lorenzo
MUSEO POLDI PEZZOLI
Via Manzoni 12
02 794889
[email protected]
www.museopoldipezzoli.it

MORE INFO:
http://www.artribune.com/dettaglio/evento/38603/le-dame-dei-pollaiolo/

 

La parte conclusiva di questo articolo è stata pubblicata sul Giornale dell’Arte online in data 24 ottobre 2014

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Massimo Giontella

Massimo Giontella

Medico e fisiatra, studia Antonio del Pollaiolo da quindici anni insieme a Riccardo Fubini, ordinario emerito di Storia del Rinascimento presso l'Università di Firenze. È autore, insieme al professor Fubini, di nove pubblicazioni su Antonio del Pollaiolo uscite in riviste…

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