La quiete prima della tempesta. Ancora sull’Opera di Roma

Torniamo per la terza volta sulla questione del Teatro di Roma Capitale. Perché, mentre si prepara la prima di “Rusalka” di Dvorák, prosegue la liquidazione di coro e orchestra. E domani 17 novembre esce su “Classic Voice” una inchiesta esplosiva. Come influirà sul Cda in programma il 23 novembre? Inasprirà lo scontro o porterà a un accordo con la dozzina di sindacati in trattativa?

Nonostante le voci e i rumors (al mondo della lirica pare si sia ispirato il sito di gossip Dagospia), chi entra nella sala tardo-ottocentesca del Costanzi assiste ad artisti che provano, con solerzia, Rusalka diAntonín Dvorák, il titolo che il 27 novembre inaugurerà la stagione alla presenza del Capo dello Stato, del Ministro dei Beni Culturali e Ambientali e del Turismo e del Sindaco. Non è una partitura frequente: nell’ultimo quarto di secolo, al Teatro dell’Opera di Roma Capitale è stata eseguita solo tre volte. Molti di coloro che hanno suonato allora sono in pensione. Dunque, per numerosi orchestrali è una novità che richiede grande impegno.
Il maestro concertatore  Eivind Gullberg Jensen si dichiara soddisfatto di come vanno le prove, anche se – come avviene sovente nell’arte dal vivo – si è dovuta effettuare una sostituzione importante. La protagonista sarà Svetla Vassileva in sostituzione dell’annunciata Krassimira Stoyanova, costretta a rinunciare alla produzione per motivi di salute. Il resto del cast è immutato. Sono quasi tutti stranieri, spesso alla prima volta a Roma (Anna Kasyan, Maksim Aksenov, Peter BergerSteve Humes, Kiril Manolov, Larissa Diadkova, Michelle Breedt, Ivan Gnidii, Eva Liebau). Sembrano contenti delle condizioni di lavoro. Nessuno dà l’impressione di essere alle prese con un’orchestra di “licenziati” o di avvertire che in altre sale dell’edificio e in altri palazzi sia in corso un complicato negoziato.

Classic Voice - dati sugli enti lirici

Classic Voice – dati sugli enti lirici

Non pare certo avvertirlo il regista Denis Krief, autore anche di scene e costumi. Krief si è auto-esiliato a Berlino dopo oltre un quarto di secolo in Italia, dove ha però mantenuto un appartamentino affacciato sul mare a Trapani. È radioso di lavorare a Roma, anche se ha un budget limitatissimo (si sussurra appena 60mila euro per scene e costumi). “Il palco”, ci dice, “sarà come una scatola chiusa per ridare la dimensione cameristica della storia e lavorare più sulla recitazione. Rusalka’ è l’opera che racconta un rito di passaggio alla fine dell’adolescenza. C’è la scoperta della sessualità, il desiderio dei sensi di una ragazza che non vuole più essere bambina”.
La fiaba di Rusalka, rappresentata per la prima volta a Praga il 31 marzo del 1901, è tratta dalla mitologia slava, dalla leggenda di Melusine popolare in Germania, da La sirenetta di Hans Christian Andersen e dalla novella Undine di Friedrich de la Motte Fouqué. La protagonista è uno spirito dell’acqua che, secondo l’antico tema tipico della letteratura nordica cui Dvorák si ispira, prende sembianze umane per amore. È una fiaba di carattere sentimentale amoroso che diventa sempre più cupa. Denis Krief la descrive come “un sogno che si trasforma in un incubo, una tragedia umana”.
Tutto normale, quindi? La vicenda del licenziamento di coro d orchestra – non per gli “scioperi selvaggi” ma per l’alto costo in gran misura provocato da una vasta gamma di indennità – non è affatto conclusa. Anche senza una riduzione dei costi, per il teatro si presenta, a norma di legge, la “liquidazione coatta”. Come ricordato su Artribune del 22 settembre e del 3 ottobre, un nuovo piano industriale (con una nuova pianta organica) è stato approvato quasi all’unanimità dei lavoratori che si sono recati alle urne, ma il 40% (in gran misura orchestrali e coristi) non si sono presentati.

Classic Voice - dati produttività orchestrali

Classic Voice – dati produttività orchestrali

In Nordamerica e in gran parte d’Europa (escludendo gli Stati che hanno sperimentato settant’anni di “socialismo reale”) le orchestre e i cori sono di norma formati da cooperative o associazioni di artisti che negoziano contratti anche pluriennali con i teatri. È questa anche la prassi della trentina di “teatri di tradizione” in Italia, Quindi, non è il caso di gridare allo scandalo a fronte di un’esternalizzazione di “rami di azienda” come il coro e l’orchestra.
È comprensibile che i sindacati abbiano mostrato la loro disponibilità ad aprire un negoziato. Hanno però fatto marcia indietro rispetto alla prima pregiudiziale da loro posta: revoca dei licenziamenti come preliminare per trattare. Anche perché il management del teatro non ha potestà di farlo: poiché il licenziamento per ragioni economiche è stato deliberato dal consiglio d’amministrazione (a cui ha eccezionalmente partecipato il ministro in persona).
Dagli spifferi che trapelano a piazza Beniamino Gigli, quasi tutte le sigle sindacali (sono oltre una dozzina) starebbero accettando le condizioni del piano industriale e anche ammettendo i licenziamenti per coloro trovati in flagranza di reato, ossia assenza non motivata dal posto di lavoro o firma per conto di colleghi assenti.
Classic Voice - dati produttività orchestrali stranieriIl mensile Classic Voice in edicola dal 17 novembre pubblica un’inchiesta da cui si evince che gli orchestrali del Teatro dell’Opera di Roma Capitale lavorano 125 giorni l’anno, ma anche nelle altre fondazioni si è ben lontani dai 270 giorni per i quali i professori sono “disponibili” per contratto. Dall’inchiesta si conclude pure che nei maggiori teatri esteri si lavora molto di più.
Letta in un modo, l’inchiesta potrebbe sembrare un assist ai sindacati, che la settimana prossima devono presentare posizioni definitive e concordate tra le varie sigle. Il CdA è calendarizzato per il 23 novembre. Il raffronto con gli altri grandi’ teatri di produzione, non di circuitazione, può invece essere visto come un supporto alle tesi del management. E del Governo.

Giuseppe Pennisi

http://www.classicvoice.com/repository/review/ClassicVoice186/

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Giuseppe Pennisi

Giuseppe Pennisi

Ho cumulato 18 anni di età pensionabile con la Banca Mondiale e 45 con la pubblica amministrazione italiana (dove è stato direttore generale in due ministeri). Quindi, lo hanno sbattuto a riposo forzato. Ha insegnato dieci anni alla Johns Hopkins…

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