Lory Del Santo, The Lady. Il trash, il candore e il sublime

Non storcete subito il naso. Non gridate al gossip e allo scandalo, su due piedi. Il nuovo prodotto "cinematografico" di Lory Del Santo ha dell’incredibile. E merita qualche riflessione. Dove sta il segreto di questa serie web? Perché critici e intellettuali ne sono conquistati insieme a migliaia di utenti? Quando il trash si avvicina al sublime

Qualcuno l’ha definito un capolavoro al contrario. Qualcun altro un film porno senza scene porno. C’è chi è andato in fissa con i dialoghi e chi si è smarrito fra sequenze di tette, tacchi a spillo e pettorali. Chi non riesce a proferire parola, eppure non cambia canale, e chi ci ha visto l’ultima frontiera dell’avanguardia massmediale.
Una cosa è certa: The Lady, la nuova creatura di Lory Del Santo, sta facendo molto più rumore di quel che ci si potesse aspettare. E a restare ipnotizzati non ci sono solo gli habitué di Uomini & Donne o del trash virtuale. A sorpresa scopri certe conversazioni sui social o certi articoli su blog e magazine di primo piano, in cui ne discettano giornalisti, scrittori, critici d’arte, artisti, registi. Tutti pazzi per Lory. Stregati, o in qualche modo incuriositi. Ma che febbre è?

Per chi non avesse ancora scoperchiato il meraviglioso vaso di Pandora, la storia è questa: Lory Del Santo, ex soubrette di Drive In, ex attricetta di b-movie, protagonista di reality come “Missione Seduzione” o “L’isola dei famosi”, nota alle recenti cronache per le love story con teneri toy boy, si è messa a fare una serie web. Una fiction a puntate per Youtube, girata in modalità casalinga. Fa tutto lei: regia, sceneggiatura, soggetto, costumi, fotografia, montaggio. Eroica.
Il risultato? Un monumento all’effimero dei nostri giorni, ma che in realtà pare uscito dal cassetto di un autore sgangherato, di almeno quindici anni fa. C’è del vintage, senza esserci: tutto sa di decadenza a cavallo tra i Novanta e gli anni Zero. L’impero dei tronisti, all’alba della grande stagione De Filippi, mixato con le infinite narrazioni fashion-familistiche di Beautiful, con programmi cult come Stranamore, e naturalmente con un pizzico di Drive In, il luogo da cui tutto partì. E andando ancora indietro ci trovi pure l’indimenticabile must del romanticismo casalingo pre-soap: The Lady è un fotoromanzo in movimento, in cui anche le parole parlate sono frasi brevi e straniate, appiccicate sul foglio. A corredo di scene bloccate come polaroid.

Lory Del Santo in una vecchia copertina di Playboy... correva l'anno 1984

Lory Del Santo in una vecchia copertina di Playboy… correva l’anno 1984

Dunque, in questa strana operazione senza tempo, senza mezzi, senza tecnica, senza talento, si alternano spregiudicate modelle alte un metro e ottanta, fasciate da vestitini stretch, ragazzotti muscolosi e depilati che passano dalla moto alla palestra, camerieri filippini trattati come beoti, tutti a comporre la magica corte che ruota intorno a Lona, ovvero The Lady – interpretata da Gloria Contreras – giovane vedova milionaria, forte e fragile a un tempo, divisa tra carriera, riflessioni esistenzialiste (“L’orizzonte non è un limite, è un’illusione. E lo voglio toccare per andare più lontano possibile…”) e tormenti sentimentali (“vago e ti penso, sono persa in questa città, sono sola con la mia ombra… sei un’ossessione… ma perché amiamo chi ci fa del male?”). Una che mentre vola da Capri a Londra, da Parigi a Los Angeles, si diletta a “scannerizzare i sentimenti”.

Corteggiata e corteggiatrice, Lona è innamorata di Luke, l’antieroe che le muore dietro, bello, dannato e possibile. Ovvero, Costantino Vitagliano, ex tronista, meteora sopravvissuta a stento al circo defilippiano. L’anti-attore per eccellenza, una figura talmente anonima da elevare l’anonimato a maschera teatrale, a categoria scenica: appendice di lei, mantenuto e possessivo, tutto sussurri, strattoni e attese, straordinario quando le dice frasi del tipo: “come ti posso resistere? Il mio corpo è caliente, incandescente… sei un candy di cioccolato!”. Finezze inarrivabili.

Costantino Vitagliano

Costantino Vitagliano

E tutto procede così, nella mitologia del denaro e nell’esaltazione di un’estetica dozzinale, al sapore di steroidi e silicone. Chiacchiere, passeggiate, eventi esclusivi, apertivi, riunioni d’affari senza che l’affare sia mai svelato. Un girare su se stessi che non ha scopo, né forma. Nessuno lavora mai davvero. Nessuno compie gesti reali, nessuno porta a termine niente, né un’idea, né un discorso, né un‘azione. Si galleggia in un vuoto cosmico, tra un divano in pelle bianca e una terrazza sullo skyline di Milano. Nemmeno il sesso è reale. In un continuo ammiccare, provocare, accennare, la pornografia è solo sul piano del concetto: donne che si vendono per un orologio d’oro, ma di scene hard nemmeno l’ombra.

E mentre la vera colonna sonora della serie – la suoneria di un iPhone – scandisce ogni benedetto set, le sceneggiature giganteggiano nel loro non sense. Tagli bruschi e sporchi, ritmi soporiferi, passaggi di scena senza alcuna ratio, taglia e incolla surreali. Un dadaista ubriaco non avrebbe saputo fare di meglio.
Per non parlare dei dialoghi, vera perla del progetto. È come essere in una pièce dell’assurdo, a declinare il vuoto esistenziale e l’inutilità di comunicare: uno dice una cosa e l’altro risponde da un pianeta lontano. E volano termini assurdi, espressioni artefatte, rigidità lessicali, vezzosità improbabili, intonazioni monocorde. Collage magistrali di conversazioni tra alieni.

[a colazione]
– Che bello il mondo dei ricchi!
– Io sono ricco, puoi amarmi.
– Ma non abbastanza ricco.

[a un colloquio di lavoro]
– Mia cara, in che cosa eccelle?
– Io in realtà sono fidanzata, lui è molto geloso.
– Capisco.

[al telefono]
– Ciao, come va?
– Tutto bene.
– Sei un bamboccio.
– Divertente quello che mi stai dicendo! Dai venite a trovarmi. Porta delle amiche.

[dal chirurgo estetico]
– Hi divino!
– Hey bella gnocca, que pasa?
– Ho bisogno di rigenerarmi
– Ma fiore mio, sei un bocciolo!

[un incontro galante]
– Tu me fai sangue!
– Amore corporeo a prima vista…
– Tentazione estrema spericulata!
– Sei una figa stratosferica, un pezzo da esporre al museo del Louvre.

[al primo appuntamento]
– Ciao sono Marco, piacere.
– Piacere di conoscerti, vieni pure. Come mai a Londra?
– Sono venuto solo per te, voglio diventare il tuo uomo.
– Ma vai, che onore, ma se non mi conosci!
– Ti conosco benissimo, ho visto tutte le tue foto su Facebook.

[in discoteca]
– Tutti gli uomini hanno una parte femminile, solo che lo scoprono in tempi diversi.
– Io non lo scoprirò mai, so cosa mi piace!
– Mai dire mai caro, quando si scoprono le bollicine francesi, rimane un ricordo indelebile.

Autismi radical-trash. Niente che sia plausibile. Patchwork a caso, per dire qualcosa senza dirsi niente, come se in fondo un senso non fosse necessario.

Piacere è una sfida, il libro di Lory Del Santo - quarta di copertina

Piacere è una sfida, il libro di Lory Del Santo – quarta di copertina

A rivaleggiare con i dialoghi c’è la recitazione, improbabile anch’essa. Ma la cosa assurda è che lo è pure il doppiaggio. Gente doppiata peggio di come parla. Quasi delle voci elettroniche, generate da un pc. L’inespressività all’ennesima potenza diventa qui categoria (anti)estetica, un buco nero che sospende ogni giudizio: indecifrabile e basta. E tutta la monumentalità del lavoro viaggia lungo le frequenze dell’assenza, dell’illogicità, di una purezza dilettantesca che contagia. La trama? All’ottava puntata non se ne scorge traccia. Il messaggio? Non pervenuto. Le prodezze scenografiche? Manco a parlarne, roba fatta con un faretto Ikea e una telecamerina low-cost.

La vera essenza di The Lady, allora, il segreto che ne sta facendo la fortuna – basti dare un’occhiata alle migliaia di click – è tutto nel candore. Lo stesso che emana dagli occhi languidi e straniti di Lory Del Santo, quando sbatte le ciglia e allarga la bocca in un sorriso lieve, perennemente ammiccante, ma anche così vero. Candida, affatto sciocca (anzi), avvolta da una luce rara. Manifesto di una femminilità di maniera, che in lei si fa destino, scaltrezza, misura. E mai volgarità. Né svampita, né spregiudicata; né talentuosa, né goffa; sentimentale e solitaria. Una strana creatura che fluttua tra galassie di paillettes, malinconie soft e fantasie al peperoncino.
Puntata dopo puntata potresti darle della sessista, dell’oca, della razzista, vittima dei peggiori stereotipi sociali. Ma non ce la fai. Perché è tutto così irreale, così impalpabile, così privo di malizia. Persino così pieno di umanità, in certi passaggi.

E qui sta il genio, anche sul piano puramente creativo. Lory del Santo non fa nessuno sforzo per apparire normale. Per sembrare brava. Per sfornare un prodottino carino, politicamente corretto, tecnicamente passabile, magari pure impegnato, a immagine e somiglianza di mille altre mediocrità del web, della tv, persino dell’arte contemporanea. Non le interessa. Fa come le pare e nel darsi così com’è indovina la chiave. Il naïf, a lei, le fa un baffo. I reality show d’artista, alla Francesco Vezzoli? Roba vecchia. Le mini serie su Rai Due o le soap diCanale 5, patinate ed educate? Ipocrisia. E che dire di tutto il pattume televisivo dei vari contenitori pomeridiani, fra tronisti, corteggiatori, grandi fratelli e interviste nei Barbara D’Urso show? Archeologia del presente. La stessa roba che serpeggia nelle storie di Lory, ma camuffata con super scenografie, mega sponsor e redazioni professionali.

Lory Del Santo

Lory Del Santo

Lei no. Rinuncia a tutto. Fa da sola, con due lire, ed enfatizza il trash fino a renderlo totalizzante. Un talento virginale, incurante delle buone maniere e delle brutte figure, capace di portarti nel suo mondo senza creare aspettative, senza trucchi e impalcature, senza sforzarsi di passare il test. Non ne ha bisogno, lei.
L’unica, vera The Lady ha capito come conquistare la gloria. Battendo tutti gli altri dove non potrebbero osare: sul piano dell’incoscienza, dell’improvvisazione, del sublime; spalancando un vuoto troppo estremo per essere vero, troppo profondo per poterlo misurare, troppo inutile per potersi accontentare. Il vuoto e basta. Una vertigine stolta e scintillante. Come una radiosa limousine o come i bicipiti del nuovo body guard. Mentre tra un cocktail e un gioco di seduzione, una domanda affiora: ma l’amore che cos’è? “Frammenti di tante emozioni”…

Helga Marsala

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Helga Marsala

Helga Marsala

Helga Marsala è critica d’arte, editorialista culturale e curatrice. Ha insegnato all’Accademia di Belle Arti di Palermo e di Roma (dove è stata anche responsabile dell’ufficio comunicazione). Collaboratrice da vent’anni anni di testate nazionali di settore, ha lavorato a lungo,…

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