Made in L.A. surclassa la Whitney Biennial? Intervista con Michael Ned Holte
Michael Ned Holte ha co-curato “Made in L.A. 2014”, la biennale di Los Angeles che è stata da più parti lodata e ritenuta più fresca rispetto a una ormai sclerotizzata Whitney Biennial. Ecco cosa pensa Holte della sua megalopoli e del sistema formativo di Los Angeles.
Si dice che trovarsi in un contesto “periferico” faciliti l’indipendenza creativa degli artisti losangeleni rispetto ai colleghi newyorchesi: sei d’accordo?
Piuttosto definirei la comunità artistica di questa città come aperta alla crescita, alla reinvenzione e a nuove possibilità. In fondo abbiamo lavorato a Made in L.A. come se non avessimo niente da provare. Penso di essermi preoccupato più dell’edizione precedente (che avevo recensito per Artforum) che non della Biennale del Whitney, ad esempio. Credo che il contesto di Los Angeles sia molto specifico: Connie Butler e io ci siamo spesso riferiti a quello che stavamo mettendo su come a una “biennale regionale globale”, una definizione che potrebbe sembrare un paradosso, ma che comincia ad affrontare la questione del centro e della periferia. Ripeto, per ora le cose qui sembrano incredibilmente aperte.
Insegni al California Institute of the Arts, istituzione dalla quale al momento provengono gli artisti più interessanti tra quelli attivi a Los Angeles, con un buon numero di artisti non statunitensi. Pensi che il sistema educativo abbia contribuito in modo significativo alla formazione dell’ambiente artistico della città?
Indubbiamente una manciata di scuole, inclusa CalArts, hanno avuto un ruolo significativo nella formazione del mondo dell’arte di Los Angeles, contribuendo a fare di quel mondo una vera comunità. I programmi di queste scuole sono stati importanti nell’attrarre giovani artisti di talento a Los Angeles, molti dei quali restano anche dopo il diploma. è stato così per molti anni e lo sarà ancora. Ma la cosa interessante adesso è il numero di grandi artisti che si trasferiscono a Los Angeles dopo aver frequentato la scuola altrove. Penso ad artisti come Gabriel Kuri, Tala Madani, A. L. Steiner, Lauren Mackler e Samara Golden – tutti inclusi in Made in L.A. 2014 – che si sono trasferiti qui perché (fra le altre cose) Los Angeles è davvero un ottimo posto per essere un artista. Alcuni di loro insegnano, anche.
Questo fenomeno riguarda soltanto gli artisti?
No, e infatti è importante notare che Los Angeles è anche sempre di più un luogo adatto per lavorare come curatore, storico dell’arte, art dealer. Stiamo assistendo ora a un significativo afflusso di personalità che continueranno a dare forma alla comunità per gli anni a venire.
Emanuela Termine
http://hammer.ucla.edu/made-in-la-2014/
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #21
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