Due anni della galleria Massimodeluca di Mestre. Intervista a Marina Bastianello

Tra acqua e terra. In una darsena. Era il 2012 quando Massimo De Luca e Marina Bastianello, due collezionisti veneziani, decisero di aprire una galleria d’arte contemporanea a Mestre, e non a Venezia. Scelsero questo luogo così, non tanto pensando alla posizione strategica o ai flussi di turisti o di semplici passanti: volevano che la […]

Tra acqua e terra. In una darsena. Era il 2012 quando Massimo De Luca e Marina Bastianello, due collezionisti veneziani, decisero di aprire una galleria d’arte contemporanea a Mestre, e non a Venezia. Scelsero questo luogo così, non tanto pensando alla posizione strategica o ai flussi di turisti o di semplici passanti: volevano che la galleria sorgesse in un punto ben preciso, tipico della laguna veneta. In bilico, tra canali e terraferma, la Galleria Massimodeluca, in poco di più di due anni, si è affermata nel panorama artistico veneto e italiano.
Di qui non passano i nomi più blasonati dell’arte contemporanea né gli artistar del momento; qui hanno deciso di puntare sui giovani talenti: ragazzi, per lo più under 30, che provengono da tutta Italia. Questo è il biglietto da visita della galleria mestrina. Proprio lo stesso biglietto che, probabilmente, gli ha permesso in pochissimo tempo di entrare ad Artissima. E qui lasciamo la parola al direttore artistico, Marina Bastianello.

La Galleria Massimodeluca festeggia il secondo compleanno. Cos’è successo dall’apertura nel 2012?
Tutto è iniziato così: abbiamo aperto la galleria nell’ottobre 2012, dopo un periodo in cui Massimo e io abbiamo dovuto studiare e approfondire l’arte contemporanea. Questo perché siamo prima nati come collezionisti negli Anni Ottanta e poi abbiamo aperto una galleria del Novecento. L’arte contemporanea non era ancora nelle nostre corde, ma ci piaceva. Allora, nei primi momenti di vita della Galleria Massimodeluca, ci siamo appoggiati ad Andrea Bruciati, che a quel tempo era direttore del museo di Monfalcone.
È lui che ci ha aperto la mente e ci ha fatto conoscere questi cinquanta giovani artisti, fra i quali ne abbiamo scelti sedici per la primissima inaugurazione. Tra i nostri obiettivi c’è quello di instaurare sempre nuovi rapporti professionali, creare una rete di conoscenze anche per esportarci all’estero. Adesso, dei sedici artisti con cui siamo partiti, dieci collaborano assiduamente con noi.

In questi due anni qual è stato il momento più bello e quale quello più difficile per la galleria?
Per fortuna non ci sono stati momenti difficili, posso ritenermi fortunata. Ho tutti ricordi bellissimi legati alla galleria. Si è creato un magnifico rapporto con questi ragazzi, che ci ha portati a una crescita professionale reciproca.

Galleria Massimodeluca, Mestre, Venezia

Galleria Massimodeluca, Mestre, Venezia

Che cosa significa la galleria per Mestre, poiché le realtà artistico-museali prediligono il terreno di Venezia centro storico?
Massimo e io abbiamo scelto, a suo tempo, di aprire a Mestre – nonostante fossimo entrambi molto più conosciuti a Venezia e di conseguenza sarebbe stato molto più facile iniziare lì – perché abbiamo creduto, e crediamo, in questa città. Qui ci sono grandi possibilità. Inoltre, aprire una galleria a Venezia significava avere più concorrenza, saremmo stati una delle tante.

Per lo più voi collaborate con giovani artisti: in questi anni avete scoperto qualcuno interessante?
Beh sì, qualcuno c’è. Mi vengono in mente Thomas Braida e Valerio Nicolai, che hanno esposto qui e adesso sono stati chiamati da Cattelan a esporre per Shit and Die. Poi ci sono gli artisti che ora collaborano stabilmente con noi, come Elisa Strinna, che ha vinto una residenza a Shangai, Ruben Montini, Paola Angelini e molti altri. Senza dimenticare che, l’anno scorso, abbiamo portato a casa otto premi su dieci dal Combat Prize.

La galleria si chiama Massimodeluca, ma chi la gestisce al 100%, in realtà, è lei: Marina Bastianello. Come mai questa scelta?
Il progetto è nato da un’idea comune e tuttora la coltiviamo insieme, anche se lui adesso segue più l’arte del Novecento e io i ragazzi. Poi è un nome forte, che resta impresso.

Per la 21esima edizione di Artissima avete presentato un progetto con le opere di Strinna e Folata, due artisti classe 1980. Com’è andata?
Siamo riusciti a entrare ad Artissima nel giro di due anni, quando in media ce ne vogliono quattro-cinque. A Torino abbiamo presentato le opere di Strinna e Folata che, tra i dieci artisti che collaborano con noi, sono quelli che fanno più ricerca, come materiali e stile. Graziano Folata ha portato una scultura di un fico d’india, mentre Elisa Strinna ha portato sculture in silicone.
Ad Artissima siamo andati con l’idea di creare contatti e far conoscere la galleria, ma è andata anche meglio: siamo stati apprezzati e abbiamo anche venduto un’opera. Il Museo Ettore Fico ha acquisito una bandiera di Ruben Montini.

Il 28 novembre si è inaugurata la nuova mostra…
Si intitola Sedici sfumature di grigio – un riferimento ironico al bestseller erotico di Erika Leonard James, ma sedici sono anche le gradazioni di grigi percepibili dall’occhio umano – ed è curata da Eva Comuzzi: possiamo dire che si tratta di una bi-personale. Ci sono opere di Giovanni Sartori Braido, veneziano classe 1989, e di Vito Stassi, palermitano del 1980.  Quest’ultimo espone i suoi lavori di pittura, mentre Braido è presente con due installazioni – una audio e l’altra video – e con le sue opere dal tocco malinconico e nostalgico.

Esiste, e se sì in cosa consiste, un rapporto con le realtà vicine che si occupano di giovani artisti? Penso alla Fondazione Bevilacqua o alla Galleria Upp.
Con la Fondazione Bevilacqua La Masa abbiamo collaborato per una mostra di sola pittura con artisti nostri e di varie gallerie italiane. Alla Galleria Upp, invece, abbiamo allestito una esposizione di Ruben Montini, un nostro artista che predilige esprimersi con performance. Devo dire che con la Upp, la galleria di Caterina Tognon e quella di Michela Rizzo siamo in ottimi rapporti e stiamo cercando di fare un progetto assieme.

Galleria Massimodeluca, Mestre, Venezia

Galleria Massimodeluca, Mestre, Venezia

Qual è il suo giudizio della scena galleristica e museale veneziana? Cosa va bene e cosa potrebbe essere migliorato?
Sicuramente c’è bisogno di creare più rete fra gli attori della scena artistica veneziana e quella mestrina. È ora di fare questa città metropolitana, anche dell’arte. A Venezia, anche prima di aprire la mia galleria, ho sempre riscontrato una mentalità chiusa. Sono certa che, se venisse creata una rete di scambio tra le due realtà, ci sarebbero anche dei ritorni in senso economico.

Chi sono i vostri collezionisti? Quante opere vendete in media a mostra?
I nostri collezionisti provengono da tutta Italia e sono per lo più under 50. In media vendiamo da una a quattro-cinque opere a mostra. In quella appena passata, di Paola Angelini, ci sono state tre vendite.

Cosa ne pensa dell’M9, il Museo del Novecento che sorgerà in piazza Ferretto? Sarà un punto di svolta per Mestre oppure l’ennesima cattedrale nel deserto?
Sono molto fiduciosa sull’M9, ma non vorrei si rivelasse appunto la solita cattedrale nel deserto. Secondo me darà la possibilità di intensificare il già presente flusso turistico culturale. Per ora sembrerebbe una cosa buona.

Paolo Marella

Venezia // fino al 16 gennaio 2015
Vito Stassi / Giovanni Sartori Braido – Sedici sfumature di grigio
a cura di Eva Comuzzi
MASSIMODELUCA
Via Torino 105q (Mestre)
366 6875619 / 335 7481797
[email protected]
www.massimodeluca.it

MORE INFO:
http://www.artribune.com/dettaglio/evento/40262/sedici-sfumature-di-grigio/

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Paolo Marella

Paolo Marella

Barese, classe 1987, trapiantato maldestramente a Venezia. Laureando in Economia e Gestione dei Beni Culturali all'Università Ca' Foscari, coltiva da anni una forte passione per l'arte e la scrittura. Gli piace il mondo della comunicazione: quest'anno ha lavorato nell'ufficio stampa…

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