Festival del Cinema di Roma, arrivano i soldi e Venezia rosica. Giustamente
“In nessun Paese civile, per di più con la crisi che c’è in giro, si supportano due festival del cinema”, dice Luca Zaia. E infatti l’Italia non è un Paese civile. Così partono i denari per il Festival di Roma. Anzi no, non per il festival, ma per il mercato. Affiancato da un cineforum. Vi raccontiamo l’ennesima storia pazzesca…
“Ritengo sia assurdo, in un Paese normale che non sia una repubblica delle banane, avere due festival del cinema”, tuona il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia. Invece dalla riunione che si è tenuta nelle ore scorse al Collegio Romano tra il sindaco di Roma, Ignazio Marino, il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, e il ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Dario Franceschini, è risultato che l’Istituto Luce Cinecittà (quindi indirettamente il Mibact, insomma lo Stato) entrerà nella Festival del Cinema di Roma con un contributo che supera il milione di euro.
Nelle prossime giornate la discussione verrà approfondita dai vari rappresentanti politici, mentre le polemiche sono già alle stelle. Secondo quanto sostenuto da Cicutto, presidente dell’Istituto Luce e direttore del mercato al Festival di Roma (che esiste ormai da nove anni, mentre il mercato di Venezia è stato riattivato appena tre anni fa), Business Street funziona, ed è a Roma che si effettuano le compravendite anche dei film presentati in Laguna. Carlo Calenda, viceministro dello Sviluppo Economico (qui vale la pena ricordare: figlio della regista Cristina Comencini) al proposito chiarisce che il ministero non darà un euro al Festival del Cinema di Roma, ma finanzierà il mercato per far ripartire in Italia il prodotto cinematografico e il prodotto audiovisivo. Secondo quanto segnalato da industria e produttori – è sempre Calenda che citiamo – non c’è menzione di Venezia, che forse ha adottato una strategia sbagliata.
Ovvia l’intenzione di rilanciare Roma, proposito da tempo accarezzato e celebrato su media di settore. Nel numero di Box Office di ottobre, la copertina era dedicata all’intervento del neopresidente della Roma Lazio Film Commission, un sorridente Luciano Sovena, fiero della rinnovata concorrenzialità di Roma rispetto agli studi dell’Europa Orientale. Nelle stesse pagine, anche il presidente della Regione Lazio, Zingaretti, motivava gli investimenti sull’industria. Sempre in questa direzione, alla metà di novembre i Cinecittà Studios annunciavano “una stagionedi importanti produzioni internazionali”, tra cui un colossal su Gesù bambino, il remake di Ben Hur, il prossimo 007 e Zoolander 2, con la doratura del sistema Tax Credit Italia.
Di fronte a un potenziale jackpot, la cultura viene in secondo piano. Il denaro, si dice, fa tornare la vista ai ciechi e rivivere i morti, come nei miracoli dei peplum… L’Italia, che vanta anche l’unico caso mondiale di doppio sindacato cinematografico, è l’unico Paese che, nonostante la grande crisi economica da affrontare, fraziona le risorse tra due macroeventi. Con la Mostra del Cinema di Venezia che perde quota nello scacchiere internazionale, ma ha una fama che gli viene dalla storia, che senso ha investire su un festival in agonia, su cui per di più non si hanno idee concrete di rilancio? La risposta è molto semplice: il giro economico che può generare. Di fatto Business Street ha registrato un aumento di presenze del 25% e la sua funzione non finisce con la presenza in loco dei visitatori, ma si trasforma in investimenti.
In questo frangente, ciò che importa agli imprenditori e ai politici non sembra essere la funzione culturale che può svolgere Roma nel quadro dei festival internazionali, ma assestare in via definitiva il mercato nella Capitale. Mercato che muove denari veri, non qualche migliaia di biglietti staccati in dodici giorni, ma tutto un sistema strutturato e collegato, dagli studios fino ad arrivare ai parchi tematici e al turismo.
Perciò il problema dal punto di vista imprenditoriale non è il dopo Marco Müller, il programma del festival, le nomine, il nome che prenderà la manifestazione, ma come far funzionare e produrre la macchina economica. È necessario dunque stabilire delle date fisse prima di tutto, che sono state individuate nella seconda parte di ottobre.
La notizia è rimbalzata su tutti i principali mezzi d’informazione, anche esteri: l’Hollywood Reporter ha titolato, ad esempio, con l’ambiguo Rome Film Festival Drops Competition, senza sbilanciarsi in analisi affrettate.
Quest’anno si erano eliminate le giurie, ma il voto popolare non aveva funzionato. Ieri hanno annunciato che non ci sarà più concorso, sarà solo una festa. Quindi, mentre a via Veneto si faranno gli affari seri, all’Auditorium ci sarà un grande cineforum… Nelle scosse d’assestamento che rasentano il paradosso, Venezia rosica indignata.
Federica Polidoro
http://www.romacinemafest.it/ecm/web/fcr/online/home
http://www.labiennale.org/it/cinema/
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