Non ci sono cazzi. La vera storia della scultura di Gavin Kenyon a Milano
“Four sentinels”, la scultura dell’artista americano allestita nei giardini di corso Indipendenza, rimarrà fino al 20 di gennaio. Dai loro tre metri d’altezza, le quattro vedette biomorfiche vigileranno. Anche su chi le ha chiamate “salsicciotti” o su chi le ha guardate come falli ricurvi…
Milano, giovedì 20 novembre, ore 15: Four Sentinels viene inaugurata alla presenza dell’artista. Venerdì sera, 21 novembre: si ipotizza di rimuovere o coprire la scultura con un telo. Lunedì 24 novembre: gli uffici dell’assessorato alla cultura promulgano: “Nonostante alcune difformità rispetto al progetto originale presentato, che avevano preoccupato l’amministrazione pubblica, in seguito a una verifica più completa di tutta la documentazione si è deciso di confermare fino al prossimo 20 gennaio la scultura”. L’assessore alla cultura Filippo Del Corno sottolinea: “Siamo consapevoli del fatto che la scultura di Gavin Kenyon ha suscitato discussione e dibattito, ma è una reazione frequente che le installazioni d’arte pubblica producono”.
“Dopo il dito di Cattelan, un’altra opera che si riferisce alla sfera sessuale e ha il pregio e il difetto di far parlare di sé”, rimarca invece Vittorio Sgarbi. “Non ci si può scandalizzare. Ogni artista ha bisogno che si parli di lui e Kenyon ha scelto una scorciatoia: ovvio che non punta a una intuizione di natura simbolica ma a far parlare di sé”.
Fino a martedì 25 novembre, Gavin Kenyon (Binghamton, New York, 1980) è stato presente Milano, a chiudere il percorso della sua prima personale italiana, dopo due mesi trascorsi in città, ospite di Zero…, sita a duecento metri di distanza da Four Sentinels, in viale Premuda. Nella notte tra il 25 e il 26 novembre qualcuno ha scritto sulla base della scultura: “sti cazzi”.
Il team di Zero…, che per mesi ha seguito e affiancato l’artista, racconta le scelte che hanno preceduto il progetto.
Per questo intervento urbano, a quale pensiero si è ispirato l’artista americano?
Per Kenyon il punto di riferimento rappresentazionale è l’architettura e la scultura classica, che lui reinterpreta secondo un linguaggio proprio. L’artista è arrivato a Milano a fine giugno. Assieme abbiamo visitato diverse zone della città. Poiché la galleria ha sede in viale Premuda, sono state compiute diverse perlustrazioni nei dintorni. Nello specifico, Kenyon fin da subito ha notato i giardini di corso Indipendenza perché si presentano come una zona a sé stante, tanto di scorrimento quanto residenziale. Una sorta di estensione cittadina non turistica, ma nemmeno impenetrabilmente privata.
Il luogo ideale per…
Per far sì che Four Sentinels si integrasse, diventasse parte della vita di tutti i giorni di chi abita qui. Inoltre nei giardini e nella zona sono già presenti sculture e monumenti che, in qualche modo, potrebbero entrare in dialogo con il suo lavoro. La base del monumento, ad esempio, ricorda la forma di una seduta.
Dove ha lavorato Kenyon per realizzare un monumento di oltre tre metri e con quali produttori?
Per quasi due mesi Gavin ha lavorato in un grosso capannone vicino a Piacenza, spazio che è stato adibito a suo studio temporaneo. Qui lui ha lavorato molto a stretto contatto con diverse imprese edili, piuttosto che con artigiani del luogo che lo hanno supportato nella realizzazione del lavoro. A settembre abbiamo ricevuto il primo render del suo progetto, che aveva già, idealmente, ricevuto collocamento, proprio dove si trova oggi. Abbiamo assecondato con entusiasmo la necessità dell’artista di sperimentare su una scala diversa da quella consentita dagli spazi della galleria.
A livello burocratico, è stato difficile ottenere il permesso di occupazione del suolo pubblico?
È stata la prima volta anche per noi, ma non abbiamo avuto nessun problema. Abbiamo iniziato a dialogare dapprima con l’assessorato alla cultura, che ci ha poi indirizzato verso i diversi uffici di competenza.
Che cosa ne pensa Kenyon di Milano?
Nonostante l’impegno per la realizzazione del progetto non gli abbia lasciato molto tempo, la nostra impressione è che gli sia piaciuta molto.
E dopo che la scultura verrà smantellata, che cosa ne sarà?
Saremmo molto contenti se l’opera venisse presentata anche altrove. Magari durante la sua prossima mostra istituzionale a Firenze, al Museo Marino Marini, ad aprile del 2015. Era previsto dall’artista che l’opera compisse il proprio percorso pubblico e che portasse su di sé i segni della propria esposizione. Non credo che interverremo per togliere scritte o altri segni.
Fin da subito l’assessore ha definito la propria linea, una presa di posizione chiara nei confronti della scultura.
Pensiamo che la presa di posizione da parte del Comune, che ha deciso di confermare il progetto nonostante le polemiche, sia un ottimo segnale di apertura nei confronti dell’arte contemporanea.
E Kenyon come ha reagito?
Dopo un primo momento di imbarazzo, dovuto a qualche commento di malcontento dei passanti durante la posa dell’opera, ha proseguito il suo lavoro installativo con la solita concentrazione.
Ora però il quartiere, grazie alla presa di posizione dell’assessore, ha cambiato atteggiamento. In che modo?
È presto per gli ottimismi. Promuovere un intervento pubblico è un atto forte e ne siamo consapevoli. Per noi l’importante è essere riusciti a portare a termine questo progetto e che la scultura rimanga fino a gennaio, esposta agli sbalzi di temperatura tipici dei cambi di stagione.
Ginevra Bria
www.gavinkenyon.com
www.galleriazero.it
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