John Cage, l’attesa e l’incanto. Un testo di Franco Mussida
A seguito dell’articolo di Paolo Tarsi, “John Cage: il silenzio non esiste”, il cofondatore della PFM – Premiata Forneria Marconi ci ha inviato alcune considerazioni su questo tema più che mai attuale. Che è anche il tema del suo lavoro scultoreo-musicale, di cui parla nel recente volume “La musica ignorata”.
Oggi, quando con tanta superficialità si sente dire o si afferma con una frase fatta che “il suono, la musica, sono vita”, e lo si comunica come se fosse una cosa banale, si emargina, si riduce a mero giochetto intellettuale il contenuto di ricerca filosofico-musicale dell’opera di John Cage. Bene quindi leggere su Artribune questi approfondimenti. 4’ 33” è stata considerata in tanti modi; una “non composizione”, una creazione ironica che dialoga con la concezione Zen e mille altre cose. Ha fatto litigare intellettuali, filosofi e musicisti.
Nel bel libro John Cage curato da Gino Di Maggio, Achille Bonito Oliva e Daniele Lombardi, che riporta scritti e conversazioni di chi lo ama o lo avversa, se ne trova un fulgido esempio in una discussione di cui è relatore Daniel Charles. Alla fine però il principale oggetto del contendere ruota attorno al concetto di vita. Cosa può definirsi davvero vita nella sua relazione con suono e silenzio? Solo ciò che è animato? Ciò che si considera inerte, inanimato appartiene alla vita?
Dove mettiamo tutto ciò che non è dotato di una interiore organizzazione d’aria come gli animali e l’uomo, e che quindi non può raccontarsi, comunicare la sua essenza attraverso una autonoma e volitiva emissione sonora? Dove mettiamo macchine e motori, i cui suoni sono indotti da noi? Dove mettiamo rocce, terra, strutture inerti come i prodotti dell’arte pittorica e scultorea, l’architettura? Ma anche piante, alberi, esseri silenziosi come gli insetti, e quel mondo di suoni percepibili solo perché provocati dallo sfregamento dell’aria, ovvero non prodotti da una volontà umana, come i suoni della natura, e i vulcani?
La realtà visibile e invisibile racconta che la vita è l’insieme di manifestazioni, di fenomeni “udibili e inudibili” che vivono nella complessa percezione di chi ascolta. Tutto questo è l’essenza di quello che ho voluto definire come “mondo vibrante”,che opera su piani diversi di udibilità e di inudibilità, di visibilità e di invisibilità. La musica, pur essendo invisibile,agisce sia sul piano udibile che su quello inudibile, vibrando in noi fino, facendoci cambiare lo stato emotivo.
L’incanto può essere definito l’attimo in cui avviene la trasformazione tra suono fisico udibile e la nascita di un nuovo sentimento ovvero un movimento in cui il suono in noi diventa qualcosa di inudibile. Tutto questo, però, non può accadere senza che ci sia un momento di attesa.
Ma l’attesa è anch’esso un attimo di vita, del tutto simile a ciò che separa una inspirazione da una espirazione. Cage, con 4’ 33”, ha di fatto celebrato l’attesa prima dell’incanto. Ha fissato quell’attimo di sospensione, di silenzio fisico udibile, prolungandolo per 4 minuti e 33 secondi. Con questa composizione e performance, ricorda a tutti attraverso l’elemento artistico più immateriale, il suono, che tutto ciò che fruisce necessita di rallentare fino a fermarsi, necessita di scomparire per riapparire poi più vivo di prima.
Sono stato di recente in una camera anecoica per un progetto, e alle osservazioni di Cage, che condivido, vorrei aggiungere la meraviglia che ti coglie quanto ti accorgi che il tentativo di isolare, di creare una struttura non riflettente ai suoni, in realtà permette di rendersi ancora più consapevoli di altri poteri del suono e della musica. Come quello di percepire l’essenza tutta intellettuale del potere della melodia la cui sequenza di suoni non rimbalzando, non accordandosi con uno spazio naturale, vengono lì percepiti come entità singole consequenziali senza alcun amalgama tra loro. Singoli suoni che risultano attaccati alla fonte che li genera, quasi impossibilitati a uscire nello spazio, suoni che vengono come restituiti al mittente. Il senso stesso dell’armonia in quel luogo acquista una diversa prospettiva. Ci si sente fino in fondo esseri melodici quali siamo. Ci si accorge con più lucidità di come vivere l’armonia sia legarsi, sia esprimersi singolarmente in un assieme che non è solo legarsi tra gruppi di uomini, di musicisti, ma sia legarsi interiormente anche alla natura del mondo percependolo come “Tutto è Uno”.
Franco Mussida
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