Inchiesta Art Brut. Intervista con Johann Feilacher del Gugging
Tutto iniziò negli Anni Cinquanta nell’ospedale psichiatrico di Gugging, nei pressi di Vienna, dove il talento di alcuni pazienti, scoperto per caso dai test diagnostici dello psichiatra Leo Navratil, venne accolto, protetto e costantemente incoraggiato. Nel 1986 la direzione del Centro di Arte e Psicoterapia istituito da Navratil passa a Johann Feilacher, psichiatra e scultore, che lo ribattezza Haus der Künstler: un luogo separato dalla clinica ed esclusivamente dedicato all’espressione artistica. Nel corso dei decenni successivi, Feilacher ha curato oltre 150 mostre con le opere degli artisti di Gugging, fondato un’organizzazione non profit, una galleria e anche un museo.
La Casa degli Artisti, la Galleria e il Museo Gugging: tutto è nato a partire da un ospedale psichiatrico. Può raccontarci la storia dall’inizio?
Gugging è un piccolo paese situato 15 km a nord-ovest di Vienna, dove nel 1890 fu costruito un grande ospedale psichiatrico. Dopo alterne vicende la clinica, negli Anni Cinquanta, arrivò a ospitare più di 1.000 pazienti ma pochissimi psichiatri, tra i quali Leo Navratil, che per agevolare la pratica diagnostica introdusse un test grafico – consisteva semplicemente nel disegnare una persona.
Dopo qualche anno, si rese conto che alcuni pazienti erano molto creativi, e cercò di supportarli. Allora le condizioni di vita, nell’ospedale, erano terribili, con stanze che contenevano fino a 15 persone, quindi per il disegno mise a disposizione il proprio ufficio. Nel 1965 scrisse il libro Schizophrenie und Kunst, ispirato dal testo di Hans Prinzhorn L’attività plastica nei malati di mente, scritto nel 1922. Il risultato fu che a Gugging arrivarono artisti come Arnulf Rainer, Peter Pongratz e Franz Ringel, interessati ai lavori dei pazienti e a collezionare i loro disegni. Anche Jean Dubuffet disse che questi “pazienti artisti”, come li chiamava Navratil, dovevano essere sostenuti.
A quando risale la prima mostra? Quale fu, allora, la reazione del “mondo dell’arte” e del pubblico?
La prima mostra, con oltre un centinaio di disegni e incisioni, fu inaugurata nel 1970 presso la galleria Nächst St. Stephan di Vienna, uno spazio espositivo allora all’avanguardia. La mostra ebbe successo e suscitò l’interesse di molti altri artisti, ma sollevò anche l’antico dilemma: se qualcuno che non ha nessuna relazione con il mondo dell’arte e non ha nemmeno intenzione di fare arte possa effettivamente essere definito artista. Nel 1972 ci fu una seconda mostra.
Come cambiò la situazione dei pazienti?
Ci vollero altri nove anni prima che Navratil riuscisse ad avere un piccolo edificio, all’interno dell’area dell’ospedale, in cui 18 pazienti (12 dei quali artisti) potessero vivere e avere più spazio per lavorare.
Lei quando arriva a Gugging?
Nel 1983. Navratil mi chiamò per aiutarlo a organizzare una mostra al Museo del XX secolo di Vienna. E io ci rimasi, perché i miei ambiti di interesse in quanto artista (sono scultore) e in quanto psichiatra potevano perfettamente combaciare in quel luogo. Nel 1986 Navratil andò in pensione e io diventai il direttore del Centro di Arte e Psicoterapia, che ribattezzai Casa degli Artisti, separandolo dalla clinica affinché diventasse una comunità di artisti.
Vedevo gli artisti come colleghi, che avevano sì bisogno di un po’ di aiuto, ma le cui opere potevano essere esibite e accettate. La mia idea era che dovessero guadagnare esattamente come gli altri artisti. Nei decenni che sono seguiti ho organizzato oltre 150 mostre in musei e gallerie in varie parti del mondo, mentre a Gugging ho fondato una galleria, un’organizzazione non profit, una fondazione per la collezione e infine un museo.
Oggi quante persone vivono nella Casa degli Artisti?
Ci sono undici uomini e una donna, sette dei quali sono rappresentati dalla Galleria Gugging (insieme ad altre venti gallerie in varie parti del mondo) e dal Museo Gugging. Gli altri hanno ancora bisogno di tempo per sviluppare il loro linguaggio visivo. Riceviamo molte proposte da parte di persone che vorrebbero lavorare con noi, ma la verità è che è molto difficile trovare qualcuno che sia dotato di autentico talento artistico. Far disegnare un albero o una persona è ancora uno dei metodi migliori per valutare la creatività e il talento di qualcuno.
Come e da chi vengono gestite le attività della Casa degli Artisti, della galleria e del museo?
Ci sono diverse organizzazioni che lavorano insieme. La Casa degli Artisti è un’attività di welfare sociale che fa parte dell’organizzazione non profit a cui è collegato uno “studio aperto”. Questo studio è aperto a chiunque e frequentato da varie persone del posto, con o senza disabilità.
La Galleria Gugging è gestita da una compagnia privata che appartiene agli stessi artisti. Il direttore è Nina Katschnig, che lavora con me da diciassette anni e ricopre anche un ruolo nell’organizzazione non profit. La galleria è di circa 400 mq e rappresenta anche degli artisti internazionali.
E il museo?
È stato fondato da me e Nina nel 2006. Fino al 2009 è stato gestito dall’organizzazione non profit ma poi è stato affidato alla Niederösterreichische Museumsbetriebsgesellschaft, un’organizzazione che gestisce vari musei austriaci. Abbiamo pensato che, rispetto al futuro, fosse meglio avere un budget fisso. Io sono il direttore artistico del museo, che ha circa 1.300 mq di spazio espositivo.
C’è una collezione permanente?
No, non c’è. La durata massima di una mostra è tre anni, quindi la definirei semi-permanente.
Come vengono selezionate le opere?
Scelgo i lavori dalla fondazione-collezione collegata al museo, dalla mia collezione di Art Brut KG (un’organizzazione privata con oltre 3.000 pezzi) e da varie collezioni private sparse in tutto il mondo.
Le mostre allestite nel museo includono le opere degli artisti di Gugging ma anche opere provenienti da altrove, e non solo di Art Brut: qualunque cosa si possa collegare o confrontare con l’Art Brut, dall’arte contemporanea all’arte primitiva. I miei criteri di selezione si basano sulla qualità del lavoro e sono guidati dal mio interesse a mostrare la produzione di un artista nel corso della sua vita, soprattutto in mostre personali. Seleziono “linguaggi formali personali e individuali”.
Oltre a essere il direttore del Gugging Museum, lei è anche psichiatra e artista: in quanto tale, quali sono gli aspetti dell’Art Brut per lei più interessanti? Come concilia i due ruoli?
Essere in grado di osservare l’arte da entrambi i punti di vista ha i suoi benefici: sapere che cosa è necessario per un ruolo e per l’altro, e comprendere entrambi. La conoscenza della mente umana, in questo senso, qualche volta aiuta. Mi affascinano molto le persone che non hanno ideali, modelli e standard artistici di nessun tipo. Che fanno semplicemente ciò che vogliono. Gli artisti Art Brut realizzano il grande sogno di qualsiasi artista.
Può darci una definizione di Art Brut e Outsider Art? Occorre distinguere i due termini?
Per me l’Art Brut è “arte che non è influenzata da nessun altro tipo di arte” (tradizionale, contemporanea, né da qualsivoglia corrente artistica). L’Outsider Art invece è un bidone della spazzatura per raccogliere tutto ciò che qualche anno fa non faceva parte del sistema. Ora, peraltro, gran parte dell’Outsider Art è entrata nei circuiti del mercato, quindi il nome è sbagliato. Se dovessi scegliere una parola, la chiamerei “Arte Non Influenzata”. Questo termine sarebbe valido ovunque e in qualsiasi epoca.
Che cosa pensa dell’attuale interesse da parte del “mondo dell’arte” nei confronti dell’Art Brut?
L’interesse va sempre nella direzione dello sconosciuto, del nuovo, dell’indipendente. La vera Art Brut sarà sempre interessante perché non appartiene ad alcuna moda, corrente, scuola o tradizione.
Può dirci qualcosa sui progetti in cantiere a Gugging?
L’idea è quella di non fermarsi mai. Ogni cosa deve crescere, cambiare, adattarsi. Al momento ciò che manca è un parco di sculture di Art Brut. Quindi proverò a muovermi in questa direzione. Tutto però scorre molto lentamente qui, e dobbiamo fissare degli standard per il futuro. Non abbiamo ancora conquistato la piena fiducia del mondo dell’arte, ma l’intenzione è di assumere un ruolo che sia un punto di riferimento, una guida, quindi la qualità delle opere rimane la cosa più importante.
Sara Boggio
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