Facebook situazionista. Lo strano caso di Toto Cutugno
Internet è un luogo pieno di contraddizioni. È una messa in scena continua della differenza, in tutte le sue possibili manifestazioni: dalla più confortante alla più sconvolgente, dalla più tenera alla più spaventosa. E c’è qualcuno che – con grande successo – si è fissato su una foto di Toto Cutugno. Postata su Facebook ogni santo giorno…
Da quando siamo connessi, lo schermo del computer si è trasformato in una finestra attraverso cui osservare la caleidoscopica diversità dei comportamenti umani. È una messa in scena continua della differenza, in tutte le sue possibili manifestazioni: dalla più confortante alla più sconvolgente, dalla più tenera alla più spaventosa. Ogni possibile declinazione del pensiero, della visione e dell’azione è degnamente rappresentata e individuabile: basta cercare sufficientemente a lungo. Ma Internet è anche il luogo della ripetizione: tutti i dati sono riproducibili e vengono copiati senza sosta, dagli esseri umani e dalle macchine. L’informazione viene duplicata, diffusa, condivisa e circola in infinite versioni, spesso identiche, altre volte leggermente modificate, talora stravolte.
Da una riflessione su questo rapporto, di deleuziana memoria, tra differenza e ripetizione è nato uno dei fenomeni web più curiosi degli ultimi anni, un caso talmente interessante da attrarre l’attenzione di un gruppo di ricercatori dell’Istituto Universitario di Studi Superiori di Pavia (che ci ha scritto un saggio) e in seguito di organi di stampa internazionali come Il Washington Post. Si tratta della pagina Facebook italiana La stessa foto di Toto Cutugno ogni giorno, online dall’agosto del 2014 e seguita da oltre 65mila utenti. La fanpage fa esattamente ciò che annuncia nel titolo: posta quotidianamente una vecchia e sgranata fotografia del cantante, senza aggiungere commenti e senza variare il minimo particolare.
Il team di studiosi che ha redatto la ricerca Everyday the Same Picture: Popularity and Content Diversity ha utilizzato la pagina come “caso di controllo” in uno studio sulle reazioni degli utenti di fronte all’eterogeneità dei contenuti online. E se certamente i dati ricavati possono sembrare incredibili (ogni singolo post, sempre identico, non riceve mai meno di 1.500 like e una quarantina di commenti, dimostrando una stabilità di gradimento totalmente assente in pagine con un palinsesto più “tradizionale”), quello che sembra essere sfuggito a tutti i commentatori del fenomeno è la natura performativa del progetto. Si tratta, con ogni evidenza, di un progetto artistico, di stampo concettuale e di ascendenza situazionista. Gli ingredienti ci sono tutti: l’appropriazione, la ripetizione, il nonsense, l’approccio filosofico.
Intervistato dal magazine Meltybuzz, l’anonimo creatore della pagina conferma la nostra intuizione: “L’idea è nata dalla necessità di dare alle persone qualche certezza in questi tempi instabili. Nel tempo della malleabilità della forza lavoro immateriale e della standardizzazione della creatività ormai degradata a marketing, mi sono richiamato al concetto deleuziano di differenza nella ripetizione per rappresentare la possibilità della ricerca del piacere tra le pieghe della reificazione dell’immaginario”. E prosegue: “Nelle nostre bacheche le notizie diventano obsolete alla stessa velocità con cui sono venute in essere. Tutto cambia affinché nulla cambi. Questa pagina, in netta contrapposizione, propone sempre la stessa foto, ogni giorno. Una foto eterna che non passa mai di moda, non invecchia mai”.
I fan sembrano aver perfettamente compreso lo spirito del progetto, contribuendo a renderlo ancora più efficace attraverso commenti surreali come “l’immagine oggi sembra un po’ più scura“, “la giacca era meglio stirata ieri” e “sbaglio o gli sono cresciuti i capelli?”. Lo stesso Toto Cutugno non ha potuto ignorare il fenomeno, ormai trasformato da inside joke per pochi a fenomeno virale di portata nazionale, intervenendo più volte nei commenti della pagina per unirsi al gioco. Ma si tratta solo di un gioco? O non ci troviamo piuttosto di fronte a un divertissement molto serio? Se invece che sulle pagine di Facebook ci trovassimo in un museo d’arte contemporanea, l’operazione non verrebbe chiamata “arte relazionale” invece che essere bollata come “passatempo per gente che non ha niente da fare”?
E non era arte relazionale anche il progetto Potato Salad, che portò inaspettatamente alla ribalta, lo scorso anno, l’americano Zack Danger Brown, autore di una surreale campagna di crowdfunding per finanziare un’insalata di patate? La campagna, nata da un’azione insensata, bizzarra e senza scopo, partì da 10 dollari e si concluse a oltre 55mila. Intervistato dall’Huffington Post, Philip Ludington, un progettista di videogiochi di Reno, giustificava così la sua partecipazione al progetto: “Le persone pensano sempre che il divertimento sia da mettere da parte per dare la precedenza alle cose più importanti. Ma cosa dovremmo davvero fare? Mettere fuori legge qualsiasi fonte di intrattenimento finché tutti i problemi importanti siano stati risolti? Io non credo, perché non ci riusciremmo, saremmo troppo giù di morale”.
Valentina Tanni
https://www.facebook.com/totocutugno666?fref=ts
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #24
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