Inchiesta Art Brut. Intervista con Sophie Lévy del LaM
Braque, Picasso, Miró, Léger, Modigliani. Accanto a Madge Gill, Aloïse, Henry Darger, Auguste Forestier… È la più importante collezione di Art Brut in Francia: al LaM - Lille Métropole Musée d’art moderne, d’art contemporain et d’art brut di Villeneuve d’Ascq, arte moderna, contemporanea e irregolare convivono all’interno dello stesso museo. Il primo in Europa a raccontare il Novecento tenendo conto dei protagonisti noti e di quelli, finora, rimasti in ombra. Ce ne parla la direttrice Sophie Lévy.
Il LaM è nato come museo d’arte moderna. Ci spiega quando e perché è stata concepita l’idea di aggiungere una sezione dedicata all’arte irregolare?
Io allora non ero direttrice del museo, ma penso che le prime mosse in questa direzione siano state fatte nel 1996. L’Aracine, un’associazione di persone appassionate di Outsider Art, aveva iniziato a collezionare opere all’inizio degli Anni Ottanta. Quando lo spazio che ospitava la collezione, a Neuilly-sur-Marne, non fu più disponibile, si misero in cerca di un museo. D’altra parte, il Museo di Arte Moderna di Villeneuve d’Ascq, fondato grazie a una donazione di opere d’arte moderna, stava pensando a un modo per ampliarsi.
Siccome le collezioni di arte contemporanea di qualità museale non sono facili da ottenere, Joëlle Pijaudier-Cabot, che era allora direttrice del museo, pensò che sarebbe stato interessante accogliere una grande collezione di Art Brut. Bisogna senz’altro riconoscerle il merito di una mossa visionaria: nessun altro museo d’arte moderna aveva mai pensato di accostare queste due dimensioni dell’arte del XX secolo. Eppure sono stati proprio gli artisti e gli intellettuali del XX secolo a crearle e promuoverle.
Quanto tempo è stato necessario e in che modo si è proceduto per concretizzare l’idea?
Non sono a conoscenza di tutti i dettagli, ma il primo passo è stato coinvolgere la Communauté urbaine de Lille [un’istituzione pubblica di cooperazione intercomunale, N.d.R.], che finanzia il museo. A tale scopo il museo organizzò una grande mostra con la collezione dell’Aracine. Quando Pierre Mauroy, presidente della Communauté ed ex primo ministro, vide quanto successo ebbe la mostra, si convinse a procedere.
La donazione avvenne nel 1999. Nel 2002 fu lanciato un bando per il progetto architettonico, perché il museo aveva bisogno di ampliare lo spazio espositivo e di deposito, per ospitare i 3.500 lavori della collezione. Manuelle Gautrand, una giovane architetta francese, vinse il bando e il museo rimase chiuso dal 2006 al 2010 per i lavori di ampliamento e ricostruzione dell’edificio storico e del parco, finanziati dallo Stato e dal Département du Nord.
Quella del LaM è la più grande collezione pubblica di Art Brut della Francia. Da quanti pezzi è costituita e quali sono gli artisti più rappresentativi?
La collezione ha continuato a crescere dopo la donazione e adesso conta oltre 5.600 pezzi. Ci sono tutte le figure storiche dell’Art Brut: Adolf Wölfli, Aloïse Corbaz, Emile Josome Hodinos, Auguste Forestier, Henry Darger, Augustin Lesage, Carlo Zinelli, Madge Gill… Alcuni (Madge Gill, Michel Nedjar, André Robillard) sono rappresentati da un gran numero di opere. Ma ci sono anche artisti viventi.
Come vengono selezionate e acquisite le opere?
La sezione di Art Brut cresce regolarmente grazie a donazioni e acquisizioni. Il processo è analogo a quello che adottiamo per le altre sezioni: i lavori vengono valutati da una serie di curatori e poi presentati a un comitato scientifico di cui fanno parte, insieme agli altri membri, alcuni esperti di Art Brut. Poi inizia il processo amministrativo, perché le opere alla fine diventeranno proprietà della Communauté urbaine de Lille, quindi inalienabili, come quelle di tutti i musei pubblici di Francia. Le opere vengono acquisite sia da collezionisti privati che da dealer.
Art Brut, Outsider Art, Arte Irregolare, semplicemente arte… Secondo lei, qual è il termine più appropriato?
Personalmente ritengo che si debba prestare molta attenzione alla storia che sta dietro a ciascuna di queste parole. È del tutto impossibile definire, una volta per tutte, lo statuto ontologico dell’Art Brut o dell’Outsider Art. Piuttosto, bisogna prendere in considerazione il contesto storico nel quale queste opere sono state riconosciute, da artisti e intellettuali, e salvate dall’oblio. In altre parole, lasciamo perdere le definizioni, valutiamo questi lavori in quanto arte ed esaminiamo attentamente il periodo storico in cui sono comparsi.
Che cosa pensa dell’attuale interesse, da parte del “sistema dell’arte”, nei confronti di irregolari e outsider?
Credo che sia impossibile valutare a che cosa porterà. Ci vorranno ancora molti anni per averne un quadro chiaro. Io posso solo giudicare la reazione del pubblico a partire dal settembre del 2010, quando il museo è stato riaperto. Lavoro con l’arte moderna e contemporanea dall’inizio della mia carriera, nel 1995, e ho sempre avuto grandi problemi con la resistenza del pubblico, che si è manifestata regolarmente nei confronti degli artisti e dell’arte contemporanea. Questa è spesso ritenuta non genuina, piena di intellettualismi e trucchi per mettere in difficoltà lo spettatore.
Una visione del genere è del tutto inapplicabile all’Outsider Art: che piaccia o non piaccia, bisogna ammettere che l’artista è sincero. L’arte irregolare ha completamente cambiato il nostro rapporto con i visitatori. Molti ne rimangono profondamente toccati e finiscono per dirti: “Forse anch’io potrei essere un artista”. È un po’ come se l’Art Brut avesse una qualità “anti-intimidatrice” o “anti-inibitoria”, e consentisse ai visitatori di entrare in relazione con l’opera d’arte. Stranamente, questo feedback positivo ha recato beneficio anche al resto della collezione.
Qualche anticipazione sulla programmazione.
Lavorare con tre collezioni (moderno, contemporaneo, Art Brut) e con i rispettivi link apre sempre ampie e affascinanti potenzialità per il museo: dopo The Other Art – una mostra che esaminava la storia dell’arte del XX secolo attraverso il tema della ricerca delle origini – il 14 febbraio abbiamo inaugurato una mostra dedicata ad Aloïse Corbaz [Aloïse Corbaz in Constellation, fino al 31maggio, N.d.R.], una figura storica dell’Art Brut, i cui lavori sono esposti insieme a opere di Chagall, Matisse, Picasso e di alcuni artisti contemporanei che da lei sono stati influenzati (come Annette Messager o Michel Nedjar).
Poi accoglieremo la collezione di arte contemporanea di agnès b., la nota fashion designer. Infine, come molti musei e istituzioni della regione, concluderemo l’anno con una mostra sul tema del Rinascimento dal titolo Là où commence le jour. All’inizio del 2016 organizzeremo una grande retrospettiva su Amedeo Modigliani, che si sposterà a Budapest e a Dallas. Perché il museo è stato fondato da uno dei più attivi collezionisti di Modigliani, e non vuole dimenticare le sue radici.
Sara Boggio
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