L’artista rinascimentale. Intervista con Luca Maria Patella

La stagione 2015 del Macro si è inaugurata, fra l’altro, con il progetto espositivo “Ambienti proiettivi animati, 1964-1984”. Un focus su opere eloquenti e straordinariamente attuali del primo ventennio della produzione di Luca Maria Patella. Fotografo, filmaker, scultore, performer, letterato, scienziato, filosofo, psicologo, poeta, è tra gli artisti italiani più poliedrici e sperimentali dell’ultimo mezzo secolo. Abbiamo visitato la mostra in sua compagnia, e questo è il dialogo che ne è scaturito.

Dalla Sala Bianca del Macro di Roma si dipanano gli ambienti di Luca Maria Patella (Roma, 1934), fra installazioni, azioni performative, tele fotografiche, film e libri d’artista. Il cortometraggio Terra Animata, gli Alberi parlanti, una serie originale di trecento e più diapositive che si fanno scenario dell’azione comportamentale Camminare. E ancora, l’installazione Voulez-vous une Aubelière? e, per chiudere, due importanti installazioni: Id e Azione e Mysterium Coniunctionis. Di questo e altro ancora abbiamo parlato con lo stesso Patella, coltissimo e ironico accompagnatore durante la visita alla mostra.

Nel 1968 l’Attico di Fabio Sargentini ospita la prima personale di Luca Maria Patella. È lì che comincia tutto
Avevo presentato Ambiente proiettivo animato [da qui il titolo della mostra al Macro, N.d.R.] già nel ’66 al Teatro di via Belsiana. Ma esiste un pre-Patella dal quale non si può prescindere.

Cosa intendi?
Che di fatto praticavo “l’Arte” fin da molto piccolo, forse anche formato da mio padre Luigi, cosmologo umanista. Disegnavo e illustravo libretti e, siccome non sapevo ancora scrivere, dettavo a una zia inglese, figlia del primo assistente dell’ultimo Viceré delle Indie.

Luca Maria Patella, Alberi parlanti, 1971-2014 - ricostruzione dell’installazione del 1971 - Fondazione Morra, Napoli – veduta dell’allestimento al Macro, Roma 2015

Luca Maria Patella, Alberi parlanti, 1971-2014 – ricostruzione dell’installazione del 1971 – Fondazione Morra, Napoli – veduta dell’allestimento al Macro, Roma 2015

Segue la formazione di studi classici a Roma, poi però in America, dove ti trasferisci con i tuoi genitori, frequenti all’università corsi di chimica elettronica strutturale…
Esatto. Dopo aver lasciato l’America per l’Europa (un periodo costellato da viaggi avventurosi e frequentazioni con i surrealisti, tra cui André Masson) torno a Roma, dove in effetti avrei potuto diventare uno scienziato, un ricercatore. Invece, dopo una strenua lotta con me stesso, ho preferito esercitare “un’arte, non arte”.

Spiegaci meglio.
Parlo di un’arte-scienza, in relazione con la pratica artistica, un’arte che contiene teorizzazioni filosofiche, linguistiche, ma soprattutto psicoanalitiche. In quegli anni tra l’altro avevo conosciuto Bernhard…

Ti riferisci a Ernst Bernhard, il medico ebreo junghiano che in seguito alle persecuzioni razziali fu costretto dalla Germania a trasferirsi a Roma?
Si vede che hai fatto studi junghiani! All’inizio Bernhard era stato anche freudiano, ma a partire dagli Anni Trenta ha fatto conoscere Carl Gustav Jung e il suo pensiero analitico all’Italia. Ero giovane, a quei tempi, lo vedevo come un grande vecchio. Riprendendo il fil rouge, è da allora ho messo a punto quel fare artistico che include la dimensione scientifica e psicologica. Ho abbandonato il disegno e l’incisione per inventare la macchina fotografica come strumento espressivo all’interno dell’arte.

Luca Maria Patella, Terra animata (misurazione della terra), 1967 - Collezione privata

Luca Maria Patella, Terra animata (misurazione della terra), 1967 – Collezione privata

Da qui, anche l’attenzione al comportamento e al gesto, la presa di contatto con la materia che ritroviamo in Terra Animata, dove insieme a tua moglie Rosa Foschi misuri gli andamenti di un terreno arato utilizzando un nastro bianco. Ce ne parli?
Oltre a me e a Rosa, nel film (si tratta di un vero e proprio film professionale) c’è un altro personaggio, Claudio Meldolesi, oggi noto storico del teatro. L’ho girato in 16mm nel ‘67 e non vuol essere affatto una semplice “documentazione” di una performance. Quando mi venne in mente di realizzare questa Opera e Operazione, l’idea non proveniva da qualcosa che era nell’aria, né da qualcosa che fosse già stata fatta. Era già dentro di me.

Certa critica (Szeemann, Wolf, Blistène, Baudson, Bex, Van Tieghem, De Vree, Calvesi…) considera Terra animata un chiaro esempio di proto-concettualismo e proto-land art. Sei d’accordo?
Vedi, io ho assunto la macchina fotografica e la cinepresa come media espressivi prima della metà degli Anni Sessanta, per creare la “dimensione concettuale” dell’arte. Non in senso riduttivo e minimale come quello del concettuale anglosassone, che d’altra parte ancora doveva nascere, ma con un’ottica globalizzante e concreta: “veramente” artistica e scientifica, conforme ai tempi, e anche in divenire. Potrei definirlo un Concettualismo-Complesso, il mio, che non è rimasto fermo a “quei” media e a “quelle” dimensioni, ma che è andato oltre.
Per quanto riguarda la Land-art, come movimento si è costituito solo l’anno seguente alla mia opera (1968, in America) e, in Europa, dopo due anni.

Non è che in qualche modo hai anticipato anche l’Arte Povera?!
Tu l’hai detto! [ride, N.d.R.]

Luca Maria Patella, Lu' capa tella, 1973 - Collezione privata

Luca Maria Patella, Lu’ capa tella, 1973 – Collezione privata

L’ironia e il gusto per il paradosso, di suggestione duchampiana, spesso si manifestano nelle tue opere con sconfinamenti tra realtà e finzione, svelando un senso non univoco di circostanze e oggetti. Eccoci all’interno dell’ambiente sonoro interattivo Alberi parlanti, costituito da elementi multisensoriali. È dal 1971 che non erano presentati al pubblico, giusto?
È vero. Negli Anni Settanta, grazie alla Fondazione Morra di Napoli, vengono esposti a Liverpool e a Milano, dove suscitano l’attenzione di Christo. Guarda, nella foto si può vedere mentre ascolta i discorsi degli alberi…

Si è detto che l’installazione integra conoscenze scientifiche a filosofia e poesia (si può leggere un simbolismo alla Rimbaud che hai sempre dichiarato fonte d’ispirazione) ma non è il bosco anche il luogo dove l’eroe di un viaggio interiore può perdersi per poi ritrovarsi?
Sì, anche. Questo è il tema principale dell’ultimo ambiente, Mysterium Coniunctionis, che in definitiva ho concepito come un viaggio proiettivo nelle sfere psicologica personale e archetipica. Vieni, entriamo: qui comincia la misteriosa differenziazione e “coniunctio” fra coscienza e inconscio. La discesa dell’eroe (l’Io) nel regno oltremondano e la successiva ri-uscita.

Si tratta di un complesso mito-cosmologico formato da diciassette grandi opere (omaggio a Luigi Patella e al Coronelli) che prende inizio nel 1973 ed è stato esposto in tutto il mondo. Hai definito questo lavoro un opus, più che un’opera…
Vi ho applicato delle chiavi alchemiche, cioè psicologiche. Il mio lavoro dialogizza sempre una dimensione immaginaria, di creatività traboccante, con la mia formazione scientifica e psicoanalitica: la strada oggi aperta alla ricerca e all’arte penso sia quella di un’autentica compromissione fatta di scontri, incontri, sconfinamenti, sul piano creativo, sul piano etico e su quello delle semiologie.

Lori Adragna

Roma // fino al 26 aprile 2015
Luca Maria Patella – Ambienti proiettivi animati 1964-1984
a cura di Stefano Chiodi e Benedetta Carpi de Resmini
MACRO
Via Nizza 138
06 671070400
[email protected]
www.museomacro.org

MORE INFO:
http://www.artribune.com/dettaglio/evento/41542/luca-maria-patella-ambienti-proiettivi-animati-1964-1984/

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Lori Adragna

Lori Adragna

Lori Adragna nata a Palermo, vive e lavora a Roma. Storico dell’arte con perfezionamento in simbologia (Arte e simboli nella psicologia junghiana). Critico e curatore indipendente, dal 1996 organizza mostre ed eventi culturali per spazi privati e pubblici tra cui:…

Scopri di più