Le Belle Arti a Expo. Intervista esclusiva con Lorenzo Degli Esposti
Con decine di padiglioni diffusi sul territorio milanese, l’iniziativa di Vittorio Sgarbi aspira a essere il vero contraltare di Expo. Un'Expo diffusa con un’ampia offerta culturale che invaderà la Regione Lombardia per i sei mesi dell’Esposizione universale. Quello dedicato all’architettura è tra i più attesi. Curato dall’architetto milanese Lorenzo Degli Esposti, e ospitato nel grattacielo Pirelli, avrà come focus la riscoperta della città di Milano, moderna e policentrica. Su Artribune, in anteprima, tutto quello che c’è da sapere su programma, mostre ed eventi.
Una breve auto-presentazione. Chi è Lorenzo Degli Esposti?
Sono architetto, progettista, direttore dell’Architectural & Urban Forum e docente di progettazione a Milano e Genova.
Perché Vittorio Sgarbi ha scelto lei come curatore?
In primis per il mio rapporto con l’architetto Guglielmo Mozzoni, con cui ho condiviso alcune delle sue ultime attività. A lui dedicheremo infatti la mostra La città ideale. Omaggio a Guglielmo Mozzoni sui suoi progetti per un’urbanistica dei giorni nostri. Il secondo motivo: la mia passione per l’architettura moderna, milanese in particolare.
Chi era Guglielmo Mozzoni, l’architetto omaggiato dal padiglione che curerà?
Mozzoni era un personaggio poliedrico, un eroe della Resistenza, paracadutato su Milano nel ’45 con gli americani. Un architetto del moderno, attivo a Milano e non solo. Tra i suoi progetti ricordiamo quelli per la Carlo Erba, la villa alla Zelata ripresa da Pasolini nel film Teorema, la sede dell’Aci in corso di Porta Venezia a Milano, il restauro dell’Abbazia di San Fruttuoso, uno dei tanti per il Fai in Italia. Cacciatore, amante della natura e dei cavalli. Un irresistibilmente ironico disegnatore e provocatore. Un architetto coraggiosamente impegnato in temi civici.
Aveva fondato l’associazione Amici della Città Ideale e aveva sempre sollecitato le istituzioni per un avvenire più democratico e per un’urbanistica più legata all’oggi. La Città Ideale, emblematico il nome, è il suo progetto per una città contenuta in una grande sfera di diametro fino a 240 metri. Basata sulle nuove tecnologie energetiche, sulla telematica e il voto diretto, per una gestione della cosa pubblica trasparente e democratica.
Come sarà il suo padiglione architettura?
Il padiglione, iniziativa della Regione Lombardia con la Triennale di Milano, è ospitato nel Grattacielo Pirelli, il celebre edificio di Ponti e collaboratori, emblema dell’architettura milanese. Qui ci sarà la mostra su Mozzoni con disegni e plastici delle sue città. E i convegni Milano capitale del moderno, un ciclo articolato che ha per tema la città come luogo deputato alla ricerca grazie alle relazioni tra diversi soggetti. A questi sono intitolate le varie sezioni dei convegni: Sull’accademia – Scuole e ricerche; Sul moderno lombardo – Itinerari di architettura moderna, in collaborazione con gli ordini professionali provinciali; Sul libro – Teorie e storie, con ricercatori, docenti e autori di libri che hanno offerto un punto di vista autonomo e qualificato su temi architettonici e urbani; la sezione On-line – Pubblicistica d’architettura e, infine, la sezione Sull’opera – Architetti al belvedere, che coinvolge architetti operanti sia a Milano che in Lombardia, invitati al Pirellone a presentare un’opera significativa della propria ricerca progettuale.
Si guarderà quindi sia all’architettura moderna che a quella contemporanea?
L’accezione moderna è in senso lato e comprende anche la revisione del moderno e le ricerche attuali.
Quale il tema portante?
Il tema di Milano capitale del moderno vede la parola moderno in senso esteso ma anche la parola Milano. Milano non è solo una città, anzi. Oltre all’attenzione su singole e specifiche opere d’architettura, una delle idee del padiglione sarà la città policentrica, nella scia Milizia, Verri, Cattaneo, Gottmann e Turri, tra gli altri. Una città a grande scala, con nodi, che sono le città stesse, e aste infrastrutturali che le collegano. L’idea è di studiare una forma urbana in cui l’urbanizzazione è contenuta nelle zone già urbanizzate e lungo gli assi infrastrutturali, tra i quali, invece, il territorio agricolo e i paesaggi vengono difesi contro abusi ed erosione del suolo.
Oltre alle attività al Pirelli quali sono le altre iniziative?
Ci sono gli eventi collaterali. Le Scuole del progetto, per esporre progetti e ricerche di studenti e docenti; Cultura diffusa del progetto, la messa a sistema delle mostre che la Triennale sta già organizzando nelle città lombarde con altre iniziative sul progetto; XX secolo: architetture d’autore è l’indicazione di una selezione di opere architettoniche del Novecento in Lombardia. A partire dal Villaggio di Crespi d’Adda, fino ad arrivare all’ultima opera del Novecento milanese individuata nella sede de Il Sole 24 Ore di Renzo Piano.
Se dovesse scegliere una o più opere che meglio raccontano il Padiglione, quale sceglierebbe e perché?
Ne sceglierei cinque. Il Pirelli. Il Marchiondi, un’opera di Viganò che è lasciata miseramente a se stessa e che negli Anni Cinquanta aveva goduto della notorietà che merita. La Casa del Fascio di Como di Terragni e il complesso di corso Italia di Moretti: un comasco e un romano, figure centrali di un fare architettura che intendiamo indagare e sviluppare. E chiuderei con il Gallaratese di Rossi.
Quanti e quali sono gli attori, gli architetti coinvolti nel Padiglione?
Sono in via di definizione. Non farei ancora dei nomi.
Cosa si deve aspettare un visitatore dal Padiglione Architettura?
Il Padiglione è rivolto sia ai visitatori di Expo ma anche e soprattutto ai cittadini. Vorrebbe essere un’occasione, che potrebbe essere consolidata nel tempo, che permette di avvicinarsi sia alle opere costruite che progettate ma anche a quelle teoriche. Approfondimenti per i cultori e primi approcci per i neofiti che, aggirandosi per le città, hanno sotto gli occhi, senza saperlo, un patrimonio invidiato da tutto il mondo.
Zaira Magliozzi
ha collaborato Ginevra Bria
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