Biennale di Venezia. Il padiglione della Grecia raccontato da Maria Papadimitriou
Con il termine Agrimiká, Maria Papadimitriou indaga il mondo liminale condiviso da animali che non subiscono l’addomesticazione dell’uomo e la cosiddetta civiltà. Traghettando la riflessione del padiglione ellenico verso un’analisi comparativa tra comportamenti, ragione e istinto.
Maria Papadimitriou (Atene, 1957) sarà curata da Gabi Scardi, che la accompagnerà nel percorso del padiglione greco della 56. Biennale d’Arte di Venezia, unica protagonista di Agrimiká. Why look at animals?. L’artista ateniese, tra ragione e istinto, darà vita a un progetto installativo che riprodurrà una bottega. Un negozio che avrà le sembianze di un luogo d’altri tempi, in cui vengono vendute pelli e cuoio. Un’ambientazione trasferita dalla città di Volos al paesaggio apparentemente in rovina ricreato per il padiglione greco.
Con il termine Agrimiká l’artista definisce quegli animali che vivono a stretto contatto con gli esseri umani, pur ponendo resistenza a una reale addomesticazione, e traghetterà la riflessione, attraverso una reale sovrapposizione fra tropi, verso un’analisi comparativa tra comportamenti umani e animali. L’emersione di una consapevolezza, tra i due diversi mondi, a cavallo tra antico e contemporaneo, permetterà una scissione contrastante tra l’universo umano e i propri retaggi istintuali. L’artista, tra estetica e tradizione, etica e fobie, ricostruirà le radici di un Paese che intende risalire, trasformare e sublimare la situazione socio-politica che in questi anni lo ha contraddistinto.
Descrivici il padiglione greco alla 56. Biennale di Venezia?
Porterò un intero negozio di pellame, attualmente in attività, da Volos allo spazio del padiglione greco ai Giardini. Il proprietario di questa vecchia bottega ha ottantuno anni e passa la maggior parte del proprio tempo raccontando storie del passato anche recente della Grecia. Questo strano negozio potrebbe essere definito come il suo habitus.
Quale tipo di lavoro hai fatto a partire dalla bottega di Volos?
Il mio lavoro, in primo luogo, è fondato sulla relazione esistente tra umani e animali. Il titolo (Agrimiká. Why look at animals?) indica un termine greco che definisce una specie di animali che non può essere del tutto addomesticata, come le volpi, gli orsi, i conigli o cinghiali. La relazione tra uomini e animali include molte riflessioni possibili, spaziando dalla politica alla storia, dall’economia alla tradizione, così come ai campi dell’etica e dell’estetica, della paura dello straniero e dell’incomprensibile. Il nostro profondo antropocentrismo permette una definizione del nostro Sé come entità non-selvaggia e distinta rispetto al regno di natura, all’animalità.
Nel paesaggio composto di rovine del padiglione greco, gli animali che per natura non possono essere addomesticati diventeranno il veicolo per un’allegoria contemporanea di quelle bestie che ci resistono per evitare di diventare di nostra proprietà. In un certo senso, il mio lavoro è relativo tanto alla storia tanto pubblica quanto a quella personale di ciascuno di noi. Il titolo Agrimiká non è solo relativo agli animali, ma è anche l’insegna di un vecchio negozio.
Qual è la tua definizione di istinto? Come può essere rappresentato?
Ho sempre creduto nei miei istinti, e infatti il mio lavoro è un responso istintuale ai luoghi, alle relazioni e alle vicende.
Premesso ciò, non so quanto né come sia possibile teorizzare su come gli istinti possono essere presentificati e rievocati. Gli istinti per definizione non possono essere rappresentati, perché sono una parte intrinseca di noi stessi che sconfigge ogni simbolismo o simulacro. Non è mia intenzione rappresentare una dimensione legata all’istinto. Voglio evocare reazioni istintive e mi piacerebbe che lo spettatore interagisse, mosso dalla curiosità di fronte al mio lavoro, oltrepassando ogni interpretazione possibile.
Come avete lavorato, tu e Gabi Scardi?
Ho cominciato a collaborare con Gabi Scardi nel 2003. Abbiamo concepito e assemblato progetti molto importanti e siamo continuamente in dialogo. È stata sua l’idea di unirci a collaborare una volta di più e di partecipare alla presentazione dei progetti per il padiglione greco. Il progetto Agrimiká è nato all’università di Thessaly, nel Dipartimento di Architettura della città di Volos, attraverso infinite discussioni con i miei colleghi e con il mio amico di lunga data Yorgos Tirtzilakis. Così ho suggerito a Gabi la proposta da sottoporre al Ministero della Cultura Greco per la Biennale, un progetto basato sull’idea di trasposizione di diversi piani.
Certo, l’ambito universitario è completamente diverso rispetto al mondo dell’arte, ma abbiamo lavorato assieme a questa sorta di traslitterazione. La base del nostro lavoro, comunque, rimane sostanzialmente la ricerca universitaria. Non dobbiamo dimenticare, infatti, anche il supporto dell’assistente alla curatela Alexios Papazacharias, che ha svolto un ruolo essenziale.
Nella pratica organizzativa, come e quanto la fragile condizione economica in Grecia ha influito sul corso del tuo lavoro?
Il mio lavoro si rivolge alle condizioni economiche fragilissime della Grecia attuale. Premesso questo, abbiamo formulato un progetto che non necessita di un budget eccessivo, peraltro estremamente ridotto se comparato con le precedenti edizioni del padiglione.
Una delle caratteristiche positive di questa recessione è che sta dando vita a nuove forme di solidarietà e di collaborazione: Agrimiká coinvolge molte istituzioni private e individuali, parallele rispetto al settore pubblico.
Quale tipologia di scenario visivo o di atmosfera culturale conferirà Agrimiká alla Grecia in Biennale?
Preferirei non rivelare troppi dettagli: vorrei che rimanesse una sorta di sorpresa per lo spettatore e, in un certo senso, anche per me. Ogni opera d’arte e, per definizione, ogni rappresentazione ufficiale è una sorta di specchio. Mi piacerebbe proporre e ricreare l’atmosfera di questo vecchio negozio, ma anche le sue tracce post-umane, condizioni intra-specie che evochino una riflessione dalle forme molteplici.
Quali luoghi, territori, angoli segreti o nuovi paesaggi hai attraversato per completare il tuo lavoro al padiglione?
Volos è una città storica e un porto molto importante, con un’industria significativa e una tradizione commerciale. A Volos appartiene anche la tradizione di una sorta di mercato unificato e di circolazione di ideali progressisti. La situazione attuale di demolizione e degrado del paesaggio urbano rivela un terreno per la melanconia e l’inerzia.
Con Agrimiká, la vecchia bottega e le storie che vi sono state narrate, vorrei proporre un’altra visione della Grecia contemporanea, che oltrepassi i preconcetti e le immagini alle quali siamo abituati.
In che modo la struttura architettonica del padiglione ai Giardini entrerà in dialogo con il tuo progetto?
Quando a dicembre ho fatto un sopralluogo quasi operativo al padiglione, si trovava in uno stato di abbandono: erano evidenti le tracce di degrado e cattivo mantenimento. E di mancanza di fondi. Una cornice ideale per installare il mio negozio di pellami. Una sorta di vecchia bottega all’interno di un vecchio padiglione, una scatola nella scatola.
Così sono immediatamente entrata in contatto con Yiannis Aesopos, il curatore della Greek Representation alla Biennale di Architettura del 2014, che avrebbe dovuto rimuovere la sua installazione, e gli ho domandato i materiali che aveva usato per costruire le finte pareti. Li ho letteralmente riciclati e poi sono andata anche da altri padiglioni nazionali e ho raccolto materiali che avrei potuto riutilizzare. Anche i detriti rappresentano la storia.
Di quale esperienza ci nutriremo?
Il lavoro dovrebbe essere il più possibile aperto a diverse interpretazioni e a molteplici letture. Vorrei che facesse scattare ricordi e storie in ciascuno. Agrimiká dovrebbe essere capace di trarre diversi elementi da ognuno di noi con il solo scopo di lasciarci tracciare un itinerario personale.
Potresti formulare un pensiero o un invito che accompagni il visitatore al padiglione greco?
Il vecchio commerciante, da sempre proprietario del negozio di pellami, racconta di princìpi e valori. Vorrei che il mio lavoro rendesse le persone memori che non sempre esiste una descrizione lineare o una spiegazione razionale per la situazione della Grecia, e che in un certo senso il mio Paese sta combattendo per far valere quegli stessi princìpi e valori di cui racconta l’anziano signore.
Ginevra Bria
http://greeceatvenice.culture.gr/
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