Expo Milano 2015. Se qualcuno ha sbagliato, paghi
Expo Milano 2015: da dove cominciare? Il grande evento internazionale che ha segnato tappe memorabili della storia moderna e contemporanea, al quale dobbiamo la realizzazione del Crystal Palace e della Tour Eiffel, fra pochi giorni inaugurerà la sua nuova edizione. Nel trambusto generale, forse è il caso di iniziare a chiederci cosa resterà dopo la sua conclusione, quale sarà la sua legacy.
Il valore del marchio Expo non è di per sé sinonimo di successo e, come ci insegna il passato, la differenza la fanno elementi come la location e l’organizzazione. Pensiamo alla grandiosa edizione di Parigi del 1900, al segno indelebile lasciato nella storia e nello skyline della città, e alla più triste edizione di Torino del 1910, con solo quattro milioni di visitatori. Pensiamo a Shanghai con i suoi 73 milioni di visitatori e alla meno fortunata Hannover, i cui partecipanti non hanno superato i 18 milioni. Ogni Expo è una scommessa, una partita da giocare sul campo, dall’inizio alla fine. Auguriamoci che Milano abbia i suoi assi nella manica.
PROGETTI-SOGNO E CANTIERI APERTI
Da dove vogliamo cominciare, forse dalla Biblioteca d’Europa, la Città della Salute o dai piani per potenziare la viabilità su rotaia e su gomma? Tutti progetti che – come molti altri, inizialmente annunciati a gran voce – non hanno trovato spazio nella realtà. I ritardi accumulati a seguito delle vicende politiche, dalle elezioni ai vari livelli di governo alle liti per la spartizione delle poltrone, nonché le varie inchieste avviate, hanno ben presto portato a ridimensionamenti, accantonamenti, posticipazioni e alla situazione attuale, in cui ancora non sappiamo se l’arcidiscusso Padiglione Italia sarà consegnato in tempo per il taglio del nastro.
Si era parlato del Cerba – Centro Europeo di Ricerca Biomedica Avanzata, della Città dello Sport, così come della Città della Giustizia: grandi ambizioni o specchietti per le allodole, a seconda dei punti di vista.
A parere della gran parte della stampa, la certezza diffusa fra gli addetti ai lavori è che i cantieri non saranno ultimati per tempo e che diversi padiglioni non saranno terminati per il 1° maggio, fra cui anche il Padiglione del Vaticano: poco male, Papa Francesco ha già annunciato che non sarà presente all’inaugurazione.
INCHIESTE E DIPENDENTI
I dati del portale Open Expo a fine febbraio rivelavano una situazione alquanto preoccupante: su circa 700 milioni di euro di appalti risultavano pagati solo 339 milioni e il 74% dei lavori risultavano ancora in corso. Per salvare le apparenze si ricorrerà all’effetto “camouflage”, con l’utilizzo di una serie di pannelli che promettono di mascherare i moduli di cantiere assicurando un aspetto estetico di altissimo livello.
Fra le costruzioni che più preoccupano c’è il Padiglione Italia, l’unico edificio realizzato in bio-cemento e anche l’unica costruzione – fra i padiglioni di Expo – a essere finita nel mirino della Procura di Firenze. Inserita fra le opere sospette nel contesto dell’operazione Sistema attualmente in corso, un’indagine che vuole fare luce sull’affidamento dei lavori per le grandi opere italiane degli ultimi dieci anni, il Padiglione Italia non smette di attirare su di sé attenzioni e indiscrezioni.
Anche sul fronte dell’occupazione, molte speranze si sono infrante. Lo studio di dicembre 2013, condotto dall’Università Bocconi e commissionato dalla Camera di Commercio di Milano e da Expo SpA, sosteneva che se gli organizzatori fossero riusciti a portare a Milano venti milioni di visitatori, Expo avrebbe generato un incremento di 191mila unità di lavoro fra il 2012 e il 2020, fra impatti diretti, indiretti e di legacy. Di questi 191mila contratti, 100mila sarebbero stati nella città di Milano, 26mila nelle altre province lombarde e 62mila nel resto d’Italia.
I più modesti 15-16mila posti di lavoro recentemente annunciati dall’amministratore delegato di Expo SpA, Giuseppe Sala, sembrano più credibili in relazione ai pochi dati attualmente disponibili. Manpower, l’agenzia del lavoro che ha vinto la gara per la selezione del personale da impiegare nel sito espositivo, ha parlato di 650 assunti e 195 tirocinanti. Altri 4mila posti di lavoro sono stati attivati dalle aziende e dai Paesi partecipanti e 9mila lavoratori si stima saranno impiegati dagli appaltatori.
Interessante sarebbe sapere quanti contratti prevedono una scadenza successiva al 31 ottobre 2015.
CAMOUFLAGE, ANCHE SU DATI
La verità è che un sistema informativo che indichi con certezza la forza lavoro impiegata da Expo attualmente non c’è e che i dati diffusi da enti e organizzazioni sono facilmente soggetti ad analisi e interpretazioni fuorvianti. Anche in questo caso si può parlare di effetto “camouflage”.
Altrettanto fumosi risultano i dati relativi alla vendita dei biglietti. Il 3 marzo Giuseppe Sala ha annunciato la vendita di 8,5 milioni di biglietti, risultato vicino all’obiettivo del premier Renzi di raggiungere i dieci milioni, ma assai distante dalla media di visitatori delle esposizioni universali organizzate dagli Anni Ottanta in poi – 19 milioni – e ancora più lontani dalla media di 32 milioni di visitatori del periodo d’oro dei grandi eventi, dal secondo dopoguerra agli Anni Ottanta. Per non parlare dei 74 milioni di visitatori di Shanghai del 2010.
Quanti dei biglietti venduti ai broker sono stati effettivamente acquistati dall’utenza finale? Sarebbe interessante sapere anche questo.
CHI HA SBAGLIATO PAGHERÀ?
Ritorniamo quindi a interrogarci sulla legacy di questa controversa edizione. Dal canto mio una certezza ce l’ho ed è quella della mia presenza alla manifestazione. Io scelgo di andare a Expo Milano 2015, perché nonostante tutte le criticità che sempre più la stanno dipingendo come un’edizione sconfitta in partenza, non voglio perdere l’occasione di assistere alla celebrazione della cultura e della tradizione italiana, da sempre dimora di eccellenze, dall’enogastronomia all’arte, dall’architettura alla manifattura. Al di là della mala politica, della corruzione e dell’inefficienza che purtroppo oggi caratterizzano gran parte della vita di questo Paese, c’è un mondo di imprese, di saperi e di tradizioni produttive che merita di essere celebrato e valorizzato, se non altro per la sua capacità di fiorire in un ambiente così ostile.
Speriamo che il grande evento riesca a sorprenderci tutti, questa volta in positivo. Come legacy post-evento invece auspichiamo indagini accurate e punizioni esemplari, nella speranza che chi sbaglia ogni tanto paghi.
Stefano Monti
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