Pochissimi anni dopo, un osservatore acuto come Giorgio Bocca fotografava così la compresenza di opposti e la schizofrenica opulenza della metropoli settentrionale, che aspira ad essere in questo giro di anni l’unica città realmente europea d’Italia: “I bancari, i consulenti del terziario avanzato, quelli delle boutique, gli stilisti e le loro indossatrici divine che passano per via Bagutta, Sant’Andrea e Del Gesù nelle loro guaine di pelle o nelle mutande nere, o nei tortiglioni un po’ carciofeschi da odalisca, le bellissime che vanno senza guardare come teleguidate, come dei semoventi su quelle loro lunghe bielle, passamuro intoccabili, la pura essenza femminile che però dalle otto del mattino alle otto di sera corre anche lei dietro la lira, verso gli agenti, gli sponsor, i fotografi, gli stilisti, i pubblicitari, gli editor, i seminari, le convention, verso la ‘grana’, i conti correnti, gli assegni, gli Ecu, i dollari, i Cct. E già alle nove del mattino del sabato […] arrivano con il metrò o in motoretta quelli della barriera corallina, i giovani e i giovanissimi con giacconi di similpelle, i jeans e quei riccioloni neri, quelle spazzole nere di folte capigliature, dio quanti capelli hanno questi e come sono conciate le loro ragazze, anche loro alla Krizia o alla Versace…” (Metropolis. Milano nella tempesta italiana, Mondadori 1992).
Il 17 febbraio 1992 l’ingegner Mario Chiesa, presidente del Pio Albergo Trivulzio, viene arrestato in flagranza di reato mentre incassa sette milioni, una tangente per materiale sanitario all’istituto: l’evento, che in principio passa sottotraccia nei notiziari e sui giornali, segna l’inizio dell’inchiesta Mani Pulite, che è destinata a sconvolgere e cambiare per sempre il volto, gli assetti e gli equilibri della politica in Italia. E che scoperchierà il groviglio di corruzione e di malaffare diffuso capillarmente in ogni settore della vita collettiva.
L’inchiesta è un autentico terremoto che spazza via il sistema politico-istituzionale della Prima Repubblica, l’intera architettura su cui si era retto il cinquantennio seguito alla guerra. Gli italiani scoprono con rabbia, frustrazione, smarrimento, disincanto il velo di illusioni che copre una realtà amara, fatta di declino materiale e morale, di degrado della vita pubblica e di quella individuale. Le indagini – condotte inizialmente dal pool della Procura di Milano, formato dai magistrati Antonio Di Pietro, Piercamillo Davigo, Gherardo Colombo, Francesco Greco, Tiziana Parenti, Ilda Boccassini e coordinato dal procuratore capo Francesco Saverio Borrelli e dal suo vice Gherardo D’Ambrosio, e allargatesi ben presto all’intero territorio nazionale – suscitano l’indignazione pubblica e portano alla scomparsa dei partiti storici: Dc, Psi, Psdi, Pli. Lo scandalo di Tangentopoli è il pozzo in cui sprofonda e si congela la nazione: “Il quadro che venne alla luce […] era impressionante: l’istituzionalizzazione della ‘tangente’ per ogni appalto pubblico, con percentuali fisse per l’insieme dei partiti di governo (e talora anche per il Pci, come nel caso milanese) che variamente oscillavano attorno al 10%; la metodica violazione del diritto e la trasformazione dell’illegalità in norma; la collusione aperta fra amministratori locali, faccendieri di vario tipo, imprenditori – piccoli o grandi, in crisi o emergenti – e vertici politici” (Guido Crainz).
Oltre al malaffare diffuso nelle amministrazioni locali, emerge anche la gigantesca tangente versata per il tentato accordo fra Eni e Montedison, che porterà al suicidio nel luglio 1993 dell’ex presidente dell’Eni Gabriele Cagliari e dell’imprenditore Raul Gardini. In aprile, il referendum per l’introduzione del sistema elettorale maggioritario raccoglie l’82,7% dei suffragi, divenendo di fatto un plebiscito contro la classe politica, mentre a maggio e a luglio a Firenze in via dei Georgofili, a Milano in via Palestro e a Roma davanti a San Giovanni in Laterano e a San Giorgio al Velabro scoppiano altre bombe mafiose, che causano morti e feriti: “E così la Prima repubblica se ne va, nella peggiore maniera possibile: tra stragi, bombe, processi televisivi, suicidi, proposte costituzionali di separazione, neppure tanto consensuali, crisi finanziarie” (Enrico Deaglio, Patria 1978-2008, Il Saggiatore 2009).
Christian Caliandro
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