Malta Confabulations
Malta è sempre stata una terra di confine e di contrasti, crocevia di culture e di forti tradizioni. Ora Valletta, in occasione della sua elezione a Città Europea della Cultura nel 2018, si appresta ad aprirsi a una serie di impegni culturali. Con la realizzazione del nuovo Gate di Renzo Piano e una crescente attività espositiva e curatoriale, la città si prepara così a vivere una nuova stagione artistica.
Passeggiando per Sliema, giungendo sulla passerella che collega il lungomare a The Point, il più grande centro commerciale dell’isola, e guardando di fronte, a poche centinaia di metri, l’inconfondibile skyline di Valletta con le sue cupole e i suoi palazzi che sembrano costruiti gli uni sugli altri, non è difficile leggere le due anime di Malta. Una modernità architettonica caotica e in frenetica costruzione nell’assenza di spazio cerca di dialogare con il passato austero e glorioso della capitale, custodita tra alcune delle più imponenti fortificazioni progettate dall’ingegno umano.
Malta – Melitè per i Greci, in omaggio alla dolcezza del suo miele – è una terra di confine che conserva tra le pieghe delle sue baie tutte le tracce delle infinite dominazioni del passato: fenici, greci, romani, bizantini, arabi, normanni, aragonesi, cavalieri e impero britannico. Tutte hanno plasmato un territorio complesso e multiculturale racchiuso in appena trecento chilometri quadrati.
Multiforme e sfaccettata in quanto ponte tra Oriente e Occidente, fortemente radicata nella fede e tradizione cattolica sostenute dall’Ordine di San Giovanni soprattutto dopo il Grande Assedio dei turchi del 1565, l’arcipelago può vantare una storia artistica di indubbio spessore. Si possono trovare nelle due isole ben sette strutture megalitiche che testimoniano l’apice dell’architettura nel tardo neolitico, più di trecento chiese, molte in forma monumentale e ricchissime di tesori, tra le quali spicca per maestosità la Rotunda di Mosta, che vanta la quarta cupola autoportante più grande al mondo.
Valletta si può considerare, dopo Roma, il luogo migliore per apprezzare il meglio del Barocco romano, esploso poi durante i quarant’anni di permanenza di Mattia Preti, che ha lasciato circa quattrocento opere sparse tra chiese, palazzi e conventi, senza dimenticare la presenza di Caravaggio il quale alloggiò a Malta, dopo la sua fuga dall’Urbe, circa un anno e mezzo dipingendo uno dei suoi capolavori, la Decollazione di San Giovanni, e diventando Cavaliere di Obbedienza prima di fuggire, espulso con ignominia per uno screzio con un Cavaliere, dalle profonde carceri di Castel Sant’Angelo.
Per questo sostrato artistico e culturale, e un profondo radicamento al territorio e alla forma, l’arte contemporanea maltese si è mantenuta nel Novecento sostanzialmente figurativa, con alcune interessanti declinazioni post-impressioniste, futuriste e simboliste, anche dopo la fine della Seconda guerra mondiale, quando la ricostruzione è venuta a legarsi con l’indipendenza e il nazionalismo, e quindi con la relativa conservazione della tradizione (il movimento Neo-Rondista italo-maltese sorto negli Anni Cinquanta, soprattutto in ambito letterario, tendeva a conciliare Classicismo e Futurismo con una visione educativa e spirituale dell’arte), mentre solo negli ultimi decenni ha trovato un interessante spinta di rinnovamento, pur dovendosi scontrare con un ambiente sostanzialmente conservatore. Una conferenza dell’artista e curatore Raphael Vella del 2008 era intitolata proprio Catholicism: The Ghost is here to stay or, The Maltese artist’s inability to forget religion, e del resto questo tentativo di rapporto con la religione e i luoghi del sacro, in assenza del recupero della tradizione o quantomeno di una componente antropologica, spesse volte si è posta più come un limite che come una sperimentazione per gli artisti.
Vince Briffa, Austin Camilleri, Pierre Portelli e Raphael Vella sono stati i fondatori del gruppo Start, il primo sodalizio artistico in territorio maltese con un manifesto e una precisa azione comune. Si conoscevano ben prima di formare un gruppo, ma l’artista e curatore maltese Mark Mangion, tornato nel 2002 dagli Stati Uniti, fu il primo a pianificare una mostra nel tentativo di far partire un progetto più complesso. La collettiva, chiamata Uber, fu allestita in uno spazio nella zona di Paceville, dando modo a tante persone di conoscersi, collaborare e pensare a un’azione comune. Nell’estate del 2002 un altro progetto, chiamato Cityspaces, organizzato e curato da Raphael Vella, ha aiutato la formazione del sodalizio: “Noi tutti volevamo intraprendere un viaggio di cambiamento”, ci racconta Pierre Portelli, “e per questo abbiamo deciso di scegliere il nome Start. Volevamo Start per attuare un’esplorazione dell’alternativa, un’innovazione senza essere necessariamente commerciali. Non volevamo Start come un movimento di divisione. Volevamo Start come una piattaforma di collaborazione tra artisti locali e stranieri, attraverso la quale educare giovani studenti e artisti alla sperimentazione. Credo che abbiamo ottenuto questo risultato”. La prima mostra ufficiale di Start è stata Borders, nel 2003, presso Pinto Vaults, quello che oggi è il rinnovato Valletta Waterfront, e il gruppo è diventato da subito un punto di riferimento per il pubblico e per gli studenti che si occupavano di contemporaneo, andando a svolgere anche un ruolo didattico, dato che diversi artisti hanno avuto poi modo di insegnare presso l’università e altre istituzioni. Oggi il gruppo è sciolto da diversi anni e i suoi esponenti hanno intrapreso strade e ricerche differenti, ma si percepisce, guardando l’ultima generazione di artisti, come la loro esperienza legata a pratiche installative e performative, dal forte impatto visivo e di critica anche all’ambiente di appartenenza, abbia positivamente inciso sul contesto artistico.
Un’importante azione di apertura è stata intrapresa da Mark Mangion, fondatore e direttore di MCA – Malta Contemporary Art, un progetto curatoriale che dal 2008 al 2011 ha portato sull’isola interessanti ricerche artistiche dal respiro internazionale, tra le quali Geography of Proximity di Roberto Daolio e Alessandro Castiglioni.
Oltre al programma espositivo dell’MCA, è importante notare come tra gli eventi che hanno maggiormente inciso sul sostrato artistico maltese, con forti ricadute nell’opinione pubblica, sia da includere anche l’avveniristico intervento di riqualificazione urbana progettato da Renzo Piano per Valletta. Si chiama Valletta City Gate il progetto a cui lo Studio Renzo Piano Building Workshop lavora dal 2008 per riqualificare l’accesso al centro storico della capitale maltese deturpato, negli Anni Sessanta, da un intervento di architettura brutalista. Il complesso comprende anche il nuovo Parlamento, pensato nella calda pietra locale con interventi lapidei destrutturanti che danno risalto e movimento alla facciata, e il recupero dell’adiacente Royal Opera House, abbattuta durante i bombardamenti tedeschi e lasciata oggi volutamente quale “open theatre” con pochi e minimali accorgimenti strutturali. L’aspetto maggiormente innovativo dell’operazione, però, e che inizialmente era stato poco gradito dall’opinione pubblica, suscitando accesi dibattiti tra la popolazione, è stato quello dell’abbattimento del vecchio Gate e la completa eliminazione del concetto di barriera, lasciando la porta quale uno spazio aperto e transitabile, un filtro solo concettuale che vorrebbe “aprire” la città al contesto europeo in vista della sua elezione a Città Europea della Cultura per il 2018, che segue di alcuni anni il suo status di patrimonio mondiale dell’Unesco. Tale ribaltamento semantico dell’idea di porta, dal forte impatto visivo, con inserti contemporanei nel tessuto dell’antica cinta muraria e in una conformazione urbanistica, quella di Valletta, “Città Umilissima” o anche “una città costruita dai gentiluomini per i gentiluomini”, come scrisse Walter Scott, estremamente geometrica e rigorosa nella sua unità, non può che essere per gli artisti un richiamo alla modernità e un invito a non guardare solamente al passato bensì ad aprirsi alla sperimentazione.
Che l’abbattimento del vecchio Gate sia stato, a livello simbolico e iconico, un avvenimento importante nella storia visiva maltese lo sa bene l’artista Bettina Hutschek che, tra il 2011 e 2014, ha girato il documentario City Gate – Diary of a Demolition dedicato proprio alla demolizione della vecchia porta della città. Bettina, di origini tedesche e operativa tra Malta e Berlino, ha impostato la sua ricerca sulla pratica multidisciplinare e su forti legami con l’antropologia culturale, sociale e fisica dei contesti nei quali si è trovata a vivere, generando da quest’analisi installazioni estremamente immersive e complesse: “La mia pratica artistica”, ci spiega, “è impostata sulla ricerca multidisciplinare che genera varie forme: film-saggi, testi o performance. Partendo sempre da osservazioni sul reale e da pratiche narrative, cerco di affiancare strati di finzione e realtà, al fine di creare ‘spazi transitori’, e cerco da questi transiti di creare luoghi mentali e narrazioni mitologiche”.
La sua ultima personale, dall’eloquente titolo Maltese Confabulations, una vera e propria vertigine visiva e mentale sull’idea stessa di “Malta” e dei suoi abitanti, è stata presentata nell’ottobre del 2014 presso gli spazi di Blitz, una galleria privata nel cuore di Valletta, l’unica con un preciso taglio curatoriale e un’attiva politica culturale, allestita in un antico palazzo seicentesco e portata avanti dall’artista e curatrice Alexandra Pace. La stessa Alexandra, che ha inaugurato la galleria nel 2013 con una sua personale dal titolo Tampered evidence, ha analizzato più volte, attraverso i suoi scatti, l’idea di memoria e di tempo in legame anche con l’ambiente stratificato della sua isola; un lavoro che Bettina porta avanti altresì attraverso il programma Fragmenta Malta, un progetto curatoriale diffuso che semplicemente accade, per mostrare al pubblico qualcosa di bello della propria terra: “Con Fragmenta organizzo mostre pop-up in spazi pubblici o semi-pubblici in tutta Malta. Fragmenta avviene nel corso di un singolo giorno o di un pomeriggio. Fragmenta è anche offrire esperienze. È per le persone che la visitano perché la cosa affascinante di uno spazio pubblico è che si ha fanno sempre incontri imprevisti e si deve improvvisare. Fragmenta quindi è un discorso sul dialogo”.
Tornando al progetto City Gate, si nota come questa spinta di riqualificazione urbanistica abbia dotato Valletta di uno spazio-palcoscenico-piazza che probabilmente mancava e che si pone anche come vetrina per gli artisti. Significativo, in tal senso, il progetto portato avanti dalla fondazione Pjazza Teatru Rjal di presentare, ciclicamente, sugli spazi all’aperto del teatro, un’opera d’arte contemporanea pubblica di un artista maltese. L’ultima in ordine di tempo è stata l’installazione rePUBBLIKA di Pierre Portelli, un enorme megafono realizzato in occasione della Festa della Repubblica, il quale dà letteralmente voce alle persone permettendo a chiunque di parlare all’interno e di farsi udire, tramite un’amplificazione, in tutta la piazza. “Credo che l’obiettivo sia stato raggiunto”, ci ha scritto l’artista. “L’interazione con il lavoro è continua. È l’elemento ludico che attira soprattutto le giovani generazioni verso l’opera (a volte la vecchia generazione è troppo timida per partecipare). L’elemento sonoro infatti è stato una sorpresa per il pubblico, che non si aspettava una forma tale di contatto”. Un’opera, quindi, dalla forte carica politica, com’era stata in precedenza l’impressionante scultura Zieme di Austin Camilleri, un cavallo bronzeo senza una zampa posto su un basamento, di fronte al nuovo edifico del Parlamento, il quale, proprio facendo leva sull’idea celebrativa del monumento equestre, forniva una testimonianza ironica e illusoria circa il ruolo del potere e probabilmente una critica alla violazione delle mura della città.
A pochi passi dal Teatro, salendo per la rinnovata Pjazza de Valette, si giunge a un altro luogo significativo per l’arte contemporanea a Malta: il St James Cavalier Centre for Creativity. Inaugurato nel 2000 negli spazi riconvertiti del cinquecentesco Bastione di San Giacomo, il St James ha come scopo quello di sostenere il patrimonio e la cultura artistica del Paese, aprendosi anche a esperienze internazionali. Dotato di un piccolo teatro, un cinema d’essai, una sala per concerti e diverse gallerie, ha accolto negli anni artisti, scrittori, musicisti, attori, pensatori maltesi e stranieri, organizzando svariate mostre contemporanee, pur mancando però, soprattutto nel campo dell’arte, di una precisa e coerente linea di sviluppo. Il suo nuovo direttore artistico, Toni Sant, ha dichiarato di voler lavorare molto sul contesto maltese e ha aperto un bando pubblico per la selezione di proposte espositive. L’evento, invece, maggiormente riuscito è di certo Ziguzajg, un festival annuale d’arte e creatività dedicato al mondo dei bambini, con tante attività e performance sperimentali riservate appunto ai più piccoli. Da poco inaugurata è possibile visitare invece la collettiva Afterselfie. Beyond masks a cura di Carolina Bortolotti, una mostra concepita durante la 2014 VIVA Curatorial School.
Tra gli eventi temporanei più significativi degli ultimi anni, infatti, vi è VIVA – Valletta International Visual Arts Festival, un festival elaborato con lo scopo di internazionalizzare la scena delle arti visive attraverso la creazione di nuove reti artistiche che riuniscano curatori e artisti internazionali e locali di diverse generazioni; legato al festival vi è anche un progetto di residenze per curatori e, appunto, una curatorial school che comprende molte pubbliche lecture. Tra gli artisti protagonisti di VIVA 2014, svoltasi lo scorso anno a settembre, sono da segnalare Mieke Bal, Democracia, Austin Camilleri e JP Azzopardi, mentre la terza edizione del concept Divergent Thinkers, unito quest’anno all’evento, dedicato ai giovani artisti maltesi emergenti e curato da Raphael Vella, è stato ospitato proprio negli spazi di Blitz. Il tema dominante dell’edizione era Radical: Back and Forth e presentava stimolanti lavori, tra i quali quelli di Adrian Abela, Matyou Galea e LaKri (Kristina Borg). Del resto, le nuove generazioni si stanno spostando sempre più fuori confine, preferendo come luoghi di formazione artistica soprattutto l’Inghilterra, con Londra in testa, la Scozia e anche l’Italia, e ciò porta un continuo afflusso di idee nuove e aggiornate alle ultime tendenze artistiche e curatoriali, con una predilezione per l’arte relazionale, la videoarte e la fotografia.
A pochi passi dal St James, per il 2018 è prevista l’inaugurazione del rinnovato National Museum of Fine Arts, MUZA in acronimo, abbreviazione di Mużew tal-Arti che significa appunto in maltese Museo Nazionale di Belle Arti ma che rimanda anche alle Muse. Il museo, ora ospitato in un palazzo secentesco nella parte terminale di South Street, verrà spostato nel luogo in cui era stato istituito nel 1924, ovvero presso l’Auberge d’Italie ora sede dell’Autorità del Turismo, e per l’occasione, oltre a spazi ristrutturati, presenterà al pubblico un innovativo allestimento. Il museo vanta una collezione di grande qualità, considerando l’importante presenza di molte opere di Mattia Preti, di un folto gruppo di caravaggisti e di altre chicche tra le quali spicca uno splendido acquerello di Turner, ma presenta anche una ricca collezione dedicata al Novecento maltese, e in questo senso le scelte di mostre temporanee non riguardano solo l’arte moderna ma anche il contemporaneo. Particolare e coraggioso allora il criterio allestitivo adottato per la sua nuova veste, dato che la collezione non sarà più fruibile in ordine cronologico bensì attraverso quattro tematiche o “storie”: Malta, la Sicilia e il Mediterraneo; Malta e la cultura europea; Malta e l’impero; Malta e i suoi artisti. Sandro Debono, senior curator, ne parla in questi termini: “Una storia è più coinvolgente, secondo me, rispetto alla cronologia, perché la cronologia, di nuovo, è relativa. Cronologia secondo che cosa? Secondo l’opinione internazionale? Secondo quello che sta succedendo a Malta? Sono due cose diverse. Esiste una cronologia internazionale dell’arte, ma ci sono anche diverse cronologie nazionali quindi in un certo modo dobbiamo riferirci a come la comunità guarda alla propria eredità, come guarda alla propria storia dell’arte, quali sono i valori che questa storia dell’arte rappresenta”. Nell’idea del racconto e della storia, il lavoro sul contemporaneo è pensato pertanto come un confronto tra l’artista e il passato, anche se in questo dialogo sembra che il contemporaneo debba svolgere più che altro un ruolo succedaneo a qualsiasi altra forma di narrazione, e non sperimentale.
Altro spazi stimolanti a Valletta, quantomeno per la stratificazione e maestosità degli ambienti, che hanno ospitato eventi temporanei sono il Fortress Builders Fortifications Interpretation Centre e il Castel Sant’Elmo, mentre tra gli Istituti di Cultura maggiormente attivi, data anche la sua centralità nella Vecchia Cancelleria in St George Square, è da menzionare quello italiano, che coinvolge artisti italiani e maltesi e che nel 2011 ha curato l’ultima personale, prima della scomparsa, di Riccardo Licata.
Riguardo ai progetti in programma per il 2015, naturalmente continuano gli eventi legati alla Fondazione Valletta 2018 col suo direttore artistico Mario Philip Azzopardi e il programma costruito intorno a quattro nuclei-simbolo: Generations, Routes, Cities e Islands. Tra questi si segnala Mdina Cathedral Contemporary Art Biennale, da novembre con la direzione artistica di Giuseppe Schembri Bonaci, che coinvolgerà l’intera città di Mdina, la vecchia capitale dell’arcipelago, intesa come un’unica sede espositiva sul tema di Christianity, Spirituality and the Other”, e la nuova edizione di VIVA con i suoi nuovi programmi curatoriali, mentre la galleria Blitz attiverà un programma di residenze d’artista. Kinemastic International Short Film Festival, invece, si è occupato e si occupa di un complesso programma culturale, che culmina nel festival e che comprende in tutta l’isola proiezioni, talk, esposizioni e concerti non legati solo alla cinematografia bensì a una linea e a un immaginario underground.
Del resto, per quanto riguarda spazi stabili, quello che sembra ancora mancare, soprattutto nella capitale, è un luogo pubblico attivo di confronto che si faccia carico di innovare e influire su un ambiente sostanzialmente instabile fra la tendenza a rimanere racchiuso nel proprio passato e l’impulso ad accogliere acriticamente una modernità culturale distruttiva e speculativa. C’è da dire anche che probabilmente proprio l’assenza di un museo nazionale d’arte contemporanea, con relativa imposizione di una forte strategia curatoriale che giocoforza diventa anche politica, ha permesso lo sviluppo di diverse ed eterogenee realtà artistiche. Ma è proprio questa continua tensione e scrupolosità molto “british” che si scontra con i ritmi lenti di un ambiente mediterraneo, quasi una propaggine del sud Italia o, come direbbe Carmelo Bene, del “sud del Sud dei santi”, a rendere Malta un luogo di confine estremamente affascinante, carico di aspettative, memorie e di tempi illusori. Come i due orologi presenti nei campanili delle sue chiese, che segnano ore diverse affinché il Diavolo venga ingannato e non si presenti durante la Messa. Un luogo dove la tendenza generale al vintage e alle ultime tracce dell’illusionismo e dello spettacolo barocco viene a legarsi e a dialogare con progetti contemporanei stimolanti e di grande qualità, un luogo “fuori dal comune”, come descritto meravigliosamente all’esploratore moderno nel libro Uncommon. Malta e Gozo a cura di Emma Mattei e Joh Banthorpe: una raccolta di pensieri, racconti, reportage e impressioni di artisti, scrittori, viaggiatori, fotografi sulla segreta e sregolata bellezza di questa terra.
L’ARTISTA. MARK MANGION
Mark Mangion è un artista e curatore indipendente. È il fondatore e il direttore di Malta Contemporary Art e Parallel Borders. L’MCA è stata fondata nel 2008 come uno spazio artistico non profit geograficamente localizzato, una piattaforma internazionale e locale per le arti visive che ha molto influito sul contesto maltese. Dal 2008 MCA ha collaborato con oltre cento artisti e altri professionisti in oltre venticinque mostre, progetti ed eventi, coinvolgendo fra gli altri Simon Starling, Cyprien Gaillard, Spartacus Chetwynd, Douglas White, Jess Flood-Paddock e Haris Epaminonda.
“In origine MCA ha seguito una serie di progetti all’interno di varie strutture artistiche e non, intitolate ‘The search for a space’. Successivamente si è lavorato duro per riempire il vuoto della scena contemporanea maltese delle arti visive. Il suo obiettivo”, prosegue Mangion, “è stato quello di supportare gli artisti locali e di impegnare il pubblico in un dibattito più critico. In due anni di attività è diventato così il primo spazio delle arti visive contemporanee di Malta, lavorando con interessanti e differenti gruppi di artisti internazionali. Essendo stata sempre ferma nei suoi principi curatoriali e avendo ottenuto un riconoscimento internazionale, si è battuta all’interno di un sistema locale molto conservativo, con l’eccezione di un piccolo gruppo di individui. MCA ha ottenuto un piccolo finanziamento a Malta e ha adottato un approccio rigoroso, ma al contempo giocoso verso il suo programma”.
La seconda questione riguarda l’approccio curatoriale dell’MCA fino alla nascita di Parallel Borders, ovvero dallo spostamento dal micro al macro contesto, con una impressione anche su alcune difficoltà dell’ambiente maltese per quanto riguarda il contemporaneo: “Gli artisti sono stati invitati a sperimentare quello che non potrebbero in istituzioni dove c’era molto in discussione. Il programma differente rifletteva un’apertura e un approccio ricco di interrogativi, allontanandosi dallo spettacolo e dal risolutivo”, spiega l’artista-curatore. “Parallel Borders fu costituita come un’estensione del progetto MCA, che purtroppo, dopo il suo impegno, perse tutto il sostegno governativo. MCA ha sempre avuto modesti ma ambiziosi programmi per l’arte contemporanea a Malta. Ci sono stati piccoli tagli, ma il progetto è stato deliberato e poco limitato. Parallel Borders emerse come una nuova e transnazionale piattaforma, che si riflette sugli spazi geopolitici e narrativi e territori fisici presentati come una serie di progetti in tutta Europa da Atene a Reykjavik e in tutte le principali città europee. La sua seconda edizione, attualmente in produzione, invita a creare una rete di collaboratori in tutto il Medio Oriente per archiviare collettivamente e cumulativamente e localizzare una serie di progetti geograficamente specifici in uno spazio visivo. È difficile valutare l’esatta influenza che MCA possiede a Malta. Poiché lavorare a Malta è stato talvolta frustrante, MCA ha contribuito a creare un dibattito sull’importanza dell’arte contemporanea e a fissarla nell’agenda nazionale. Il tempo ce lo dirà!”.
LO SPAZIO. BLITZ
Alexandra Pace ha iniziato la sua carriera nel campo della fotografia e del graphic design. Dopo aver operato con successo nel mondo dell’arte e della fotografia commerciale a Malta per oltre dieci anni, si trasferisce a Londra, dove frequenta il Central Saint Martins College of Art & Design. Ritornata sull’isola nel 2013 apre la galleria BLITZ negli splendidi spazi di un palazzo secentesco, la casa della sua famiglia lasciata disabitata per molto tempo, nel cuore profondo di Valletta.
Ne nasce uno spazio dinamico, l’unico luogo privato sperimentale attivo nella capitale, in continua evoluzione e mutazione che si appresta a portare avanti una serie di collaborazioni e attività culturali: “Il feedback positivo dei visitatori”, racconta, “mi ha incoraggiato a portare avanti questo ambizioso progetto che ha trovato ora lo status di organizzazione non profit. Per il 2015 l’idea è quella di rafforzare ulteriormente la nostra volontà di essere un luogo di sperimentazione e coinvolgimento, cercando il sostegno finanziario per rendere l’intera operazione fattibile e sostenibile. In linea con gli obiettivi della ‘National Cultural Policy’, Blitz si propone di adottare un approccio concreto verso il raggiungimento dei suoi obiettivi di integrazione, diffusione e partecipazione. Pertanto il ruolo di Blitz nella politica culturale nazionale sarebbe quello di creare un ambiente sperimentale in cui una larga parte della società non sia solamente consapevole delle sfere rizomatiche e stratificate dell’arte contemporanea, ma sia soprattutto attiva”.
In questo processo di ricerca e dialogo un importante ruolo assume il programma di residenza. “Come parte dei suoi piani per un programma di collaborazione internazionale, Blitz prevede di avviare un corso di artist-in-residency, per cui i residenti potranno occupare lo spazio della galleria per un periodo di tempo, potranno vivere, lavorare e alla fine presentare i propri lavori”, spiega Pace. “Le nostre aspettative per questo programma sono la creazione di un sito permanente di ricerca, sperimentazione e creatività. Per nutrire l’ethos di Blitz come spazio per sviluppare idee, costruire relazioni e coltivare i talenti; uno spazio per la pratica delle arti sperimentali e un parco giochi per le idee”.
Oltre ad essere curatrice, Alexandra è soprattutto un’artista e una ricercatrice che, come fotografa, ha lavorato molto sui concetti di tempo, memoria e presenza. “Sono artista, educatore e curatore e inizierò a breve a Londra un dottorato di ricerca in filosofia. La mia area di studio è la durata e la temporalità nell’opera d’arte e nella pratica curatoriale, soprattutto nell’utilizzo dei nuovi media. Il mio processo si basa sulla comprensione dell’immagine come intensiva-interattiva, intercambiabile, incompleta e multipla. Sono in particolare interessata all’arte che va oltre i propri confini e mette in discussione la presenza della nostra esistenza attraverso tematiche quali la tecnologia, la scienza e la cultura delle merci. Il mio obiettivo è focalizzare il programma qui a Blitz su progetti che sfidano la staticità della musealizzazione e curare una serie di mostre ed eventi che riguardano la molteplicità del fare arte oggi”.
Tommaso Evangelista
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #24
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