Biennale di Venezia. Il Padiglione dell’Azerbaijan raccontato da Emin Mammadov
Il Padiglione dell'Azerbaijan alla Biennale di Venezia presenta due mostre. Ma il progetto più storico e collegato alla cultura e alla storia azera sarà quello quasi prettamente pittorico. Siamo a Palazzo Lezze, in campo Santo Stefano: qui si svolgerà “Beyond the Line”.
Nella seconda partecipazione dell’Arzebaijan alla Biennale d’Arte di Venezia, grazie al sostegno della Fondazione Heydar Aliyev, la presenza si sdoppia con due mostre che celebrano le voci di artisti che trattano di questioni sociali, politica ed ecologia.
De Pury de Pury e Emin Mammadov curano la prima mostra, Beyond the Line, che mette in luce lo spirito che ancora permane di artisti le cui vite e il cui lavoro nella metà del XX secolo furono oscurati dal regime repressivo sovietico. Susie Allen, Laura Culpan e Dea Vanagan di Artwise curano invece Vita Vitale, con la quale l’Arzebaijan mette insieme artisti contemporanei internazionali il cui lavoro esprime la preoccupazione per il destino del nostro pianeta. Se le si guarda insieme, le due mostre rivelano un Paese che contempla il suo passato e il suo futuro, attento all’impatto che le trasformazioni sociali e industriali del XX secolo hanno sul suo stesso suolo e su quello del mondo intero.
In questa intervista, Emin Mammadov mette in luce le fila di Beyond the Line e il suo significato a Venezia.
Perché Beyond the Line?
Lavori innovativi di artisti appartenenti a un movimento quasi clandestino hanno sviluppato un percorso dedicato alla periferia dell’arte ufficiale, completamente a sé stante nei confronti del pensiero ufficiale e dei retaggi dell’ideologia sovietica. In questo modo la quasi totalità degli artisti è rimasta dietro, al di là della linea del riconoscimento ufficiale e del successo, non essendo autorizzati a esporre in alcun padiglione.
Raccontiamo il percorso di visita.
L’installazione scultorea di Huseyn Hagverdi darà il benvenuto ai visitatori e farà da collegamento con le vite e le produzioni creative di due ere: l’era del totalitarismo sovietico e il periodo dell’indipendenza azera. Poco distante, Javad Mirjavadov si svelerà come il vero ribelle intriso di una passione gorgogliante, talento che lega indissolubilmente il quotidiano con il mistico, l’ordinario con la fantasmagoria. E qui i suoi lavori sono mostrati al pubblico per la prima volta in una mostra. Lui era il fondatore dell’avanguardia azera, che ha fortemente inciso sull’intero panorama dell’arte in Azerbaijan. Inoltre presenteremo alcuni capolavori di Ashraf Murad, un artista fuori dall’ordinario, un uomo dal destino tragico, che ha cominciato a essere compreso e conosciuto solamente l’anno successivo alla propria morte. Inoltre sarà possibile visionare lavori di Tofik Javadov, una persona con un grande talento naturale, un artista che travalicò il proprio tempo e anticipò l’arte, nonché alcune ricerche figurative della pittura sovietica, al confine tra gli Anni Cinquanta e Sessanta durante l’era del disgelo di Kruscev.
Rasim Babayev si presenterà come l’artista emblematico dell’avanguardia azera. Ci sarà poi Fazil Najafov, il grande scultore infinitamente devoto all’arte, che ha passato tutta la sua vita sperimentando una forma e una ricerca di significati dell’espressione tridimensionale, creando una sorta di definizione del senso per la modernità. Lui sarà l’unico artista a presentare di persona i propri lavori. Inoltre proporremo il film di Shamil Najafzada, dal titolo Stepping Over the Horizon, basato sulla narrazione della vita della scrittrice e critico Sarah Oghuz Nazirova, che ha dedicato la propria vita alla creatività degli artisti avanguardisti.
Approfondiamo la questione della linea…
Questi uomini e artisti degli Anni Sessanta erano al di fuori di qualsiasi sistema statale che regolasse l’arte ufficiale nei Paesi sovietici. Non erano esiliati in campi e poi fucilati, ma erano puniti differentemente: ignorati e posti al di fuori della vita artistica. Queste infinite linee parallele, ma anche intersecanti, rappresentano le fila riccamente elaborate dei destini umani e si riflettono nel progetto di questa nostra esposizione, così come nel titolo, così come nella grafica di tutti i materiali stampati a corredo e, di sicuro, nell’installazione suprematista di Huseyn Hagverdi, dal titolo Beyond the Line, costellata da profondi buchi, brecce e spazi vuoti, riproducendo l’era che ha danneggiato i destini di milioni i persone.
Si può parlare di artisti ribelli?
Ogni artista ha avuto il proprio destino e non è corretto definire ciascuno di essi ribelle o rivoluzionario. Non hanno mai osteggiato apertamente il sistema, a parte alcune eccezioni, e nemmeno tutti furono dissidenti. Hanno preferito rimanere isolati. Erano liberi creatori e non avevano paura di mettere in scena una nuova arte, sperimentando forme espressive considerate pericolose. È importante per noi mostrare che a Baku, diversamente da Mosca e Leningrado, non si è tenuta alcuna mostra d’arte contemporanea e nelle collezioni dei musei locali non c’erano dipinti del XX secolo di artisti orientali.
Quali sono gli obiettivi di questo progetto?
Non importa quale linguaggio venisse parlato e quale era abbiano vissuto gli artisti: quel che è più importante è la loro eredità. Lo spettatore occidentale scoprirà un mondo assolutamente nuovo, pieno di immaginazione, profondità e pensiero, così come un temperamento inarrestabile e un forte grado di professionalità. I nomi di questi straordinari artisti che hanno dedicato le loro vite all’arte verrà conosciuto in tutto il mondo e comincerà a ritrovare il proprio posto nella storia dell’arte.
Qual è la tua valutazione sulla sede della mostra, Palazzo Lezze?
È stata la Heydar Aliyev Foundation, in qualità di commissario della Biennale nel 2013, che ha stabilito Ornamentum a Palazzo Lezze. Questo fantastico palazzo del XVI secolo è collocato nel cuore di Venezia, in un luogo centrale per proporre capolavori museali, grazie anche all’atmosfera estetica particolarmente veneziana e antica.
Quali sono i legami con All the World’s Future, il tema proposto da Okwui Enwezor?
Anni di privazioni, povertà, vita reclusa, distanti dalle più comuni vanità, la passione che ha salvato la creatività, senza la speranza di un riconoscimento: tutto questo è stato il passato di questi artisti. Oggi il successo e un adeguato riconoscimento, le mostre, le recensioni entusiastiche dovrebbero essere ripartite equamente tra gli artisti già mancati e quelli viventi, che hanno tenuto duro per vivere quei minuti di creatività come momenti di vera felicità.
Potresti esprimere un pensiero o formulare un invito, un tuo desiderio che accompagni il percorso storico e pittorico del Padiglione azero in Biennale?
Noi offriamo la possibilità di visitare non solo un’esposizione, ma anche di consultare una documentazione per chiunque volesse avere maggiori dettagli sulle biografie degli artisti e sulla mostra, imparando la storia del nostro Paese attraverso un capitolo fondamentale della sua arte. Per fare esperienza ed essere ispirati dalla profondità della nostra cultura d’origine.
Ginevra Bria
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