Biennale di Venezia. Il padiglione delle Mauritius raccontato da Alfredo Cramerotti
A Palazzo Flangini, affacciato sul Canal Grande, si allestirà la mostra di quattordici artisti che per la prima volta rappresenteranno la Repubblica delle Mauritius alla Biennale di Venezia. Con il progetto “From One Citizen You Gather an Idea”, il curatore Alfredo Cramerotti – insieme a Olga Jürgenson – ne traccerà un ritratto socio-culturale.
Il primo Padiglione della Repubblica delle Mauritius alla Biennale di Venezia sarà basato su un dialogo tra artisti europei e mauriziani. Virtualmente disabitata fino alla fine del XVI secolo, l’isola è stata colonia olandese, francese e britannica, prima di raggiungere l’indipendenza nel 1968. Ma a partire dal 2000, l’Ibrahim Index of African Governance ha descritto le Mauritius come il migliore governo di una nazione africana, in termini di sicurezza, sviluppo economico e rispetto dei diritti umani. Il Padiglione non rappresenta solo uno spaccato della scena artistica e culturale, ma si trasforma anche in un dialogo sulle convenzioni occidentali nell’assegnare la contemporaneità dell’arte e i canoni degli approcci critici a tematiche del presente.
Il curatore Alfredo Cramerotti qui presenta alcune anticipazioni sul Padiglione.
Potresti cortesemente descrivere il titolo (From One Citizen You Gather an Idea) e il tema scelti per rappresentare il Padiglione mauriziano alla 56. Biennale d’Arte di Venezia?
Il titolo viene dal diario di viaggio di Mark Twain, poi ripubblicato nel libro Following the Equator (1897). È la prima parte di una citazione che normalmente viene omessa dall’informazione riguardante le Mauritius. Nelle brochure e nella comunicazione turistica (ma anche nelle recensioni online, ad esempio) la sola parte del testo di Mark Twain riportata è “you gather the idea that Mauritius was made first, and then heaven; and that heaven was copied after Mauritius. La frase completa è invece: Here the citizen does the talking about the country himself; the stranger is not asked to help. You get all sorts of information. From one citizen you gather the idea that Mauritius was made first, and then heaven; and that heaven was copied after Mauritius. Another one tells you that this is an exaggeration…”.
È interessante vedere come Twain dicesse che in realtà la bellezza e il fascino delle Mauritius dipendono da chi stia parlando, anziché essere valori assoluti. Da qui parte l’idea curatoriale del Padiglione, che vuole mettere a confronto idee su canoni estetici diversi e aprire un dialogo su sistemi di valutazione artistica a volte in opposizione. Gli artisti lavorano su questo piano: confrontare opinioni e valori su canoni artistici cui non siamo abituati.
Come avete selezionato i quattordici artisti che troveremo nel padiglione?
Gli artisti mauriziani sono stati selezionati tramite una open call l’anno scorso. Un comitato ha poi sottoposto la shortlist a noi curatori, il sottoscritto e Olga Jürgenson (Olga è anche uno degli artisti partecipanti). I sette artisti europei sono stati invece selezionati attraverso il lavoro curatoriale, prendendo in considerazione quei Paesi che hanno avuto un impatto sociale, politico, economico e culturale sulle Mauritius: Olanda, Francia, Regno Unito e Russia. I primi tre in quanto colonizzatori nei secoli scorsi, l’ultimo in quanto l’ex Unione Sovietica aveva estesi rapporti di scambio culturali ed educativi dopo l’indipendenza del 1968.
Quali luoghi, paesaggi e territori verranno evocati?
Sarà un Padiglione eclettico, quasi libero da tematiche fisse o soggetti precisi, se non quello, appunto, dell’aprire e sostenere una conversazione sull’idea di come applichiamo i nostri canoni estetici a produzioni artistiche con le quali non siamo familiari. Quindi i principali territori che gli artisti toccheranno saranno appunto la diversità delle discipline artistiche – da quelle tradizionali di rappresentazione ed espressione a quelle concettuali e di ricerca; e la diversità di interesse riguardo ai contenuti – dall’attivismo politico all’arte come formula meditativa. Una costellazione di valori e soggetti su cui il visitatore è invitato prima a confrontarsi, poi a riflettere.
Qual è l’identità nazionale della Repubblica di Mauritius?
Le Mauritius sono una sorta di melting pot socio-culturale. Razze diverse, religioni diverse, sistemi morali e sociali diversi tra di loro, che rimangono in equilibrio senza annullarsi a vicenda. C’è molto da imparare.
Quale scenario visivo, quale atmosfera cultural, ritieni che i lavori di From One Citizen You Gather an Idea assegneranno al Padiglione delle Mauritius?
La stessa idea del melting pot che sono le Mauritius stesse, articolata con lavori, soggetti, tecniche e discipline artistiche.
Quali sono le caratteristiche struttural-architettoniche della sede del padiglione?
Ho visto molti spazi ma Palazzo Flangini, con la sua posizione sul Canal Grande, lo stile signorile e il piano nobile con le riproduzioni di dipinti antichi, forniva il perfetto set-up per parlare di canoni estetici dentro e fuori l’Occidente. Venezia, in fondo, è proprio questo.
Come si rapporta From One Citizen You Gather an Idea al tema proposto da Enwezor, All the World’s Future?
Si innesca direttamente, ponendosi obliquamente al tema principale. Invece che affrontare i temi sociali, politici, economici e di identità in maniera frontale, lo fa attraverso il linguaggio artistico in senso stretto. Mette a confronto i canoni estetici su cui è stata fondata la Biennale stessa più di un secolo fa.
Potresti esprimere un pensiero o formulare un invito, un tuo desiderio che accompagni il Padiglione mauriziano in Biennale?
Mi auguro che lo spettatore non si fermi a giudicare alla prima occhiata. O meglio, mi auguro che lo faccia continuamente, per ognuno dei lavori in mostra, per realizzare alla fine che nessun criterio valutativo è assoluto. Tantomeno quelli con cui siamo cresciuti.
Ginevra Bria
https://mauritiusbiennalevenice.wordpress.com/
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