GIOVANE ARTE E MIGRANTI
Un problema angoscioso su cui conviene insistere è la scarsa attenzione rivolta alle nuove ondate dell’arte italiana da parte delle istituzioni nazionali e internazionali. Il problema rassomiglia, se ci si pensa, a quello dell’accoglienza da riservare agli immigrati: noi pretendiamo che gli altri Paesi ne accolgano una quota, ma poi le nostre Regioni fanno a gara nel respingerli.
Ebbene, così pure le nostre fondazioni sono ben scarse nell’accogliere nuove presenze, i vari “curators” preferiscono in genere soffermarsi sull’“usato sicuro”, allineare cioè i “soliti noti”, così evitando il rischio di compromettersi.
OCCASIONI MANCATE
La Biennale di Venezia nell’attuale edizione schiera appena due artiste già presenti in molte delle edizioni precedenti, il Padiglione Italia è invece generoso, ma diciamolo pure, l’organo giusto di informazione non è un ente illustre come la Biennale, che dovrebbe farsi carico di lanciare in orbita, avviandoli alla conquista dei Leoni d’oro, i nostri grandi nomi, proprio sul tipo dei Kounellis e Paladino e Parmiggiani, ora invece invitati quasi come fossero giovanotti di primo pelo.
La Fondazione Prada si conforma ai listini ufficiali, sdegnando inserimenti compromettenti. Qualcosa fanno, o facevano, a Roma, il Macro e il Maxxi, ma l’ente pubblico da cui si dovrebbero pretendere interventi in misura più massiccia è il Comune di Milano, visto che il capoluogo lombardo, e il suo retroterra, è pur sempre il luogo di maggiore presenza di giovani artisti, e di gallerie private che ne sostengono l’attività, ora incoraggiata anche dal miart, una fiera in via di espansione.
IL CASO MILANO
Dopo decenni di attesa Milano è riuscita finalmente a darsi un Museo del Novecento, che però ha scontato, nelle dimensioni assai ridotte, il privilegio di sorgere nel punto ombelicale della città, e dunque si è visto costretto a fermarsi alla soglia dei Settanta. Ma si era assicurato che in seguito, a breve, lo si sarebbe prolungato allestendo un Museo del contemporaneo a tutti gli effetti, aperto al mezzo secolo ormai successivo, e si era anche individuato il luogo nell’enorme spazio dell’ex Ansaldo. Poi però l’amministrazione ambrosiana è stata presa da dannosi dubbi in merito e ha ripiegato su un sostanzialmente inutile Museo delle Culture, in una città in cui non mi risultano essere copiose le collezioni di carattere antropologico rivolte a tutto giro a illustrare la platea del mondo.
Insomma, non è Milano la città ideale per ospitare un Musée de l’homme, mentre potrebbe offrire una straordinaria campionatura del meglio delle attuali tendenze artistiche nell’intero pianeta, a cominciare proprio da quelle italiane, senza peraltro chiudersi a riccio su di esse.
E SE RIUSASSIAMO UN PADIGLIONE DI EXPO?
Tutto non è perduto. Sul mio blog ho dato un giudizio del tutto positivo sulla miriade di eccellenti padiglioni esteri che ora costellano Expo. In uno di questi, se preservato e mantenuto, sarà pur possibile che il Comune ambrosiano si ricreda e collochi davvero un pulsante e dinamico centro della creatività nel visivo, con tutti gli opportuni addentellati che le si convengono.
Renato Barilli
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati