Thomas Hirschhorn secondo Francesco Bonami
Continuiamo a regalarvi perle monografiche dall’ultimo libro di Francesco Bonami, pubblicato da Electa. Dopo Carolyn Christov-Bakargiev e Rirkrit Tiravanija, ora si parla di Thomas Hirschhorn.
A vederlo sembra uscito da un fumetto di Tin Tin e sembra avere uno smisurato senso dell’umorismo. In realtà Thomas Hirschhorn è uno degli uomini più seri che frequentino il mondo dell’arte. Il nome è di battaglia, quello vero non si sa. Colmo dell’ironia, proprio lui, il cavaliere senza macchia e senza paura del proletariato artistico, è nato a Davos, dove ogni anno si riuniscono i titani del capitalismo mondiale per partecipare a quel rito di onanismo collettivo che sono gli incontri sul futuro del mondo. Hirschhorn però parla del presente, con la sua arte e le sue installazioni fatte di nastro adesivo da pacchi, plastica e vecchi televisori, dove scorrono immagini prese dal web, ora di trucida pornografia, ora di brutali attentati terroristici, ora di sfilate di moda.
Chi lavora per lui percepisce sostanziosi stipendi in linea con le norme sindacali. Spesso coinvolge nel suo lavoro – come per il monumento a Gramsci nel Bronx – interi quartieri della città. Magari agli spettatori di Gramsci non importa nulla, ma trovano curioso questo spilungone che invade il loro mondo scuotendolo dalla monotonia del degrado sociale in cui spesso naviga e nel quale probabilmente tornerà a navigare quando le baracche di Hirschhorn verranno smontate. Thomas non si prende sul serio, è sinceramente e profondamente serio. Con Franco Bernabè, il presidente della Biennale da me curata, ho visitato uno dei suoi accampamenti a Kassel durante Documenta 12 curata da Okwui Enwezor: Bernabè lo definì “una cazzata”. Forse un filo di verità c’era in quell’affermazione tranchant, ma se Hirschhorn non esistesse bisognerebbe inventarlo. Se il risultato può lasciare a desiderare o non essere gradito a tutti – sicuramente non a Bernabè – gli va riconosciuta l’energia che questo artista mette nel suo lavoro, che è contagiosa. L’arte è anche questo, una forma di contagio. L’arte, diceva un tale, non deve pensare di cambiare il mondo ma prendere un piccolo pezzo di questo mondo e trasformarlo nel modo migliore. Ora, forse Thomas Hirschhorn non prende i pezzi migliori del mondo, ma sicuramente quelli che prende ce li racconta in modo eccezionale e reale. Forse anche troppo. Io sono contento di averlo incontrato, mi ha insegnato che l’arte non deve fare politica ma la politica può trasformarsi in qualche caso anche in arte.
Francesco Bonami
Francesco Bonami – Il Bonami dell’arte. Incontri ravvicinati della giungla contemporanea
Electa, Milano 2015
Pagg. 125, € 12,90
ISBN 9788837099053
www.electaweb.com
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