IL PROCESSO E LA SELEZIONE
In questi giorni il Ministro della Cultura Dario Franceschini dovrebbe ricevere le terne dei nomi così come sono state selezionate dopo gli esami orali di cui vi abbiamo parlato qui. Va avanti, insomma il processo di selezione dei nuovi direttori di alcuni importanti e importantissimi musei italiani.
Che si tratti di una rivoluzione ve lo abbiamo ripetuto in più salse, il nostro giudizio positivo sul cambio di passo dato da Franceschini a questo ambito è stato più volte rimarcato. Tra breve, insomma, potremmo commentare non solo il modello, ma anche i primi risultati che produrrà: i nomi dei direttori.
La procedura è stata semplice: un bando, dei partecipanti, una shortlist ha passato gli scritti, una seconda short list (di tre figure per ogni museo) finirà nelle mani del ministro che avrà – presumibilmente consigliato accuratamente dal suo cerchio magico – l’ultima parola. Il tutto, con ogni probabilità, prima della pausa agostana.
Al di là del processo, e della novità che rappresenta (novità positiva purchessia, a prescindere e a priori, nell’imbalsamato mondo dei ministeri italiani), fondamentale rimarrà la scelta.
NUOVI DIRETTORI: STRANIERI E NON MINISTERIALI
Dario Franceschini, questo possiamo già anticiparlo, sicuramente dovrà consegnare alla sua rivoluzione un’allure di internazionalità. Molto dei candidati stranieri che hanno passato gli scritti (e gli orali) potranno farcela proprio in quanto stranieri. La cosa verrebbe venduta, giustamente intendiamoci, come un segnale di apertura del nostro sistema, percepito all’estero (e all’interno) come burocratico, elefantiaco, anchilosato e immobile. Il ministro non si lascerà sfuggire l’occasione.
L’altra occasione che non deve lasciarsi sfuggire, poi, è quella di inserire, al di là degli stranieri, dei personaggi che risultino distanti dalla mentalità ministeriale, che non abbiamo quel tipo di imprinting, che non considerino normale ciò che invece è anomalo. Conosciamo alla perfezione le qualità (altissime) dei candidati provenienti dal ministero, ma siamo convinti che questa partita debba essere giocata e debba favorire figure avulse da quel sistema. Figure che non hanno mai avuto a che fare con la macchina dello Stato. Che non sono mai sottostate, per incarichi o carriera, ai tentacolari meccanismi ministeriali che ti stringono e ti avviluppano fino a farti considerare accettabile ciò che invece è inaccettabile.
ABBIAMO BISOGNO DI FIGURE RIVOLUZIONARIE
Nei musei che si doteranno di nuovi direttori vogliamo veder scoppiare una rivolta. Nel senso vero della parola. Se non ci sarà rivolta vorrà dire che i direttori non staranno lavorando bene. E una rivolta la può far scoppiare solo chi non ha passato anni a sottostare al meccanismo malato della burocrazia pubblica e al giogo sindacale.
Nei musei italiani i nuovi direttori dovranno radicalmente modificare i rapporti di lavoro; rivoluzionare i tempi, i giorni, gli orari di apertura; cambiare in maniera feroce il rapporto con cittadini e utenti; fare piazza pulita di molti fornitori adottandone altri; licenziare persone incapaci e inefficienti assumendone invece di capaci e all’altezza.
Sarà buon segno, insomma, se vedremo i picchetti dei sindacati fuori dalle nostre istituzioni culturali per un buon numero di mesi. Fermo restando, ed ecco la chiave di volta di tutta l’operazione, che queste nuove personalità avranno dei mezzi, delle leve, delle deleghe e un impianto di regolamenti che permetta loro di incidere e impattare.
Se questo non accadrà il rischio di restare solo sulla facciata sarà molto alto, ricacciando un’operazione rivoluzionaria nei ranghi della normalità. Sarebbe l’ennesima imperdonabile occasione perduta.
Massimiliano Tonelli
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati