Pompierismo. 15 luglio 1944
[…] Nei momenti di crisi il solo intelletto dei politici non basta, e sarebbe saggio allora chiamare a consulto anche medici, ingegneri, filosofi, e magari anche artisti e poeti, ossia uomini che per abito mentale e “tecnica di mestiere” sanno vedere e giudicare uomini e cose con criteri diversi da quelli soliti e grossi dei politici. Questi giudici più illuminati e sottili avrebbero detto prima di tutto che un uomo che dipinge i quadri che ha dipinto Adolf Hitler, che ha scritto ciò che ha scritto, che ha scelto la Trilogia di Wagner come espressione sonora della sua volontà di potenza è un pompiere, cioè a dire un uomo privo di “senso originale della vita” e destinato dunque a portare a morte tutto quello che tocca. Pompiere è colui che non pensa per criterio proprio, ma secondo schemi prestabiliti e consacrati dall’opinione dei più. […] (Guardati attorno, lettore, esàmina anche te stesso, e sentirai come pesa sul mondo la cappa del pompierismo, e come schiavo è il mondo, come schiavo sei tu stesso di opinioni tronfie e inerti, e incapaci perciò di generare opere vive e contenenti un loro proprio avvenire). In politica, il pompiere pensa che una grande opera politica non può essere fatta se non sul modello dell’Impero Romano. E Hitler, che è il più grande pompiere apparso finora per nostro danno sulla faccia della terra, ha sognato di rifare a suo modo l’Impero Romano, pur senza dichiararlo esplicitamente […]
Resta a dire questo a favore di Hitler: che una “sua” idea di costruzione dell’Europa, ancorché pompieristica e inattuabile, Hitler l’aveva. Ora quale altro senso ha – quale altro senso può avere la vasta, la multiforme crisi che noi andiamo attraversando dal 1914 in poi, ossia dalla fine del “tempo liberalistico” in qua, e che si manifesta nei modi più svariati, come crisi della cultura, come crisi della civiltà, come crisi economica, come crisi finanziaria, come conflitto sociale, come guerra tra nazioni e nazioni, come guerra tra continenti – quale altro senso può avere questa vasta crisi, quale altro senso e quale altro fine essa può avere se non la formazione della futura Europa, ossia il passaggio dall’attuale Europa divisa in nazioni, in una Europa “nazione unica”, e che propagherà se stessa anche sul continente africano? A questo solo fine devono tendere tutte le menti e tutte le volontà, tutte le forze e tutte le intelligenze; davanti a questo fine deve cedere qualunque interesse particolare, ossia qualunque ragione “nazionale”.
Il “sogno di Carlomagno” è un sogno “a ripetizione”. L’ha sognato Hitler, ma prima di Hitler l’ha sognato Carlomagno stesso, poi l’hanno sognato gli autori del Sacro Romano Impero, poi l’ha sognato Carlo Quinto, poi l’ha sognato Napoleone, poi l’ha sognato Guglielmo II. L’idea è sempre la stessa: unire l’Europa. Ma questo sogno è stato sognato finora da pompiere. Questo il suo principale difetto. Questa la ragione profonda del suo fallimento. È un modo sbagliato. È un modo inattuale – e inattuabile. È un modo che trae ancora dalla mentalità tolemaica. […]
Fare l’Europa. Ma per “fare” l’Europa – per fare naturalmente l’Europa, per fare umanamente l’Europa, per fare validamente l’Europa, bisogna liberarsi anzitutto del concetto tolemaico del mondo – che è concetto teocratico e dunque imperialista – liberarsi del concetto tolemaico in tutte le sue forme (che son infinite) ed entrare nel concetto copernicano del mondo, ossia il concetto democratico. Passare dal concetto verticale del mondo al concetto orizzontale. Passare dal concetto accentratore al concetto espansivo. Passare dal concetto Uomo (re, capo, nazione dominante) al concetto Idea. Perché nessun Uomo (sogno di Carlo Quinto, di Napoleone, di Hitler), nessuna Potenza, nessuna Forza potranno unire gli europei e “fare” l’Europa. Solo una Idea li potrà unire: solo una Idea potrà “fare” l’Europa. Idea: questa “cosa umana” per eccellenza.
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Conclusione
[…] Questa idea è l’idea della comunità sociale. Non c’è nessun’altra idea, ora, che possa operare il “miracolo” atteso da tutti: l’unione dell’Europa. Perché la sola idea feconda e pratica del nostro tempo è l’idea della comunità sociale. Perché l’idea “pratica” del nostro secolo è l’idea della comunità sociale, come l’idea “pratica” del secolo passato era l’idea liberale. E questa unione “naturale” dell’Europa avverrà. Avverrà prima o poi. Avverrà presto o tardi. Avverrà nonostante tutto. Avverrà a dispetto di tutto. Qualunque altro piano o disegno di costruzione europea non potrà essere se non un ostacolo e un ritardo, e destinato a fallire perché “innaturale”. Insisto su questa qualità: naturale. Il che viene a dire che nella formazione dell’Europa unita, l’azione di qualsiasi patrono riuscirà inutile se non addirittura dannosa. […] Per arrivare a una unione naturale e dunque valida, l’Europa deve scoprire da sé, inventare da sé la ragione profonda di essa unione: non riprenderla, non imitarla da altri. Altrimenti anche l’Europa farà il suo “sogno di Carlomagno”, il suo “sogno di Napoleone”, il suo “sogno di Hitler”. Altrimenti anche l’Europa farà il suo “sogno da pompiere”.
Alberto Savinio
Sorte dell’Europa (1945), Adelphi, Milano 2014, pp. 32-35 e 87-88
a cura di Christian Caliandro
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