Station to Station. Intervista a Doug Aitken
Le Notti di mezza Estate fiorentine si preparano ad accogliere un professionista della creatività. È Doug Aitken, che ha scelto Firenze e la preview del festival novembrino lo Schermo dell’Arte per presentare il film ispirato al suo ultimo progetto. Ne abbiamo parlato con lui, in un’intervista che fa ben sperare nelle potenzialità della condivisione.
Mancano solo pochi giorni al debutto sulle scene fiorentine – in anteprima nazionale – di Station to Station, l’esperimento cinematografico realizzato dall’artista Doug Aitken (California, 1968) come summa del progetto intrapreso nel 2013. Il film, distribuito in Italia da Wanted, sarà proiettato nel suggestivo contesto architettonico di Piazza Santissima Annunziata, nel cuore di Firenze, il prossimo 20 luglio.
Già presentata negli Stati Uniti e attualmente in cartellone al Barbican Centre di Londra, la pellicola è l’esito di un lungo viaggio da New York a San Francisco a bordo di un treno, capace di rispondere visivamente agli input ambientali suggeriti dai paesaggi attraversati. Un coast to coast di 4.000 miglia che ha potuto contare sulla partecipazione di grandi artisti internazionali, invitati a esprimere la propria creatività durante il tragitto e in una delle dieci tappe intermedie.
Acuto interprete delle sfumature contemporanee, Doug Aitken ha puntato sull’interazione tra artisti, ambiente e pubblico, lasciando che personalità del calibro di Beck, Cat Power, Dan Deacon, Olafur Eliasson, Urs Fischer e Patti Smith dessero il proprio contributo a un progetto in grado di mettere in circolo nuove energie, facendo della condivisione una cifra essenziale. Interpellato sull’argomento, Aitken ha confermato un approccio multidisciplinare, incentrato sulla forza dell’interazione come nuovo strumento di lettura della realtà.
Parliamo di Station to Station, il progetto che stai per presentare a Firenze e a cui lavori dal 2013. Come hai convinto gli artisti a partecipare?
Il progetto è piuttosto unico nel suo genere. Ogni artista, musicista, filmmaker ha creato qualcosa di fresco e inedito. Il fulcro è il dialogo tra le persone coinvolte riguardo a ciò che creano e hanno intenzione di creare in futuro. Sono molto interessato a costruire un dialogo e una conversazione fluida, senza separazioni, una sorta di fiume creativo fatto di idee e contatto. Una delle peculiarità di Station to Station è che abbiamo cercato di trovare un modo nuovo affinché tutto questo potesse succedere, grazie ai nuovi lavori realizzati da chi era impegnato a creare. Il progetto è molto living e guarda al cambiamento.
Osservandone lo sviluppo, si percepisce che l’interazione è uno dei suoi punti cardine. Credi che l’interazione possa essere un modo per sviluppare la creatività e magari per rappresentarla?
Credo che oggi molta della produzione culturale si basi su una separazione tra lo spettatore e l’opera. Ma penso che l’era del voyeurismo possa cambiare in qualcosa di più partecipativo.
Soprattutto quando si uniscono arti visive e cinema…
È esattamente questa la ragione per cui abbiamo realizzato il film. Station to Station riunisce diversi tipi di esperienza e la forma filmica riflette questo movimento, questi cambiamenti tipici del creare. Il film è fatto di storie brevi, montate una dopo l’altra, e l’obiettivo è dare origine a un ampio e aperto paesaggio di idee.
Una sorta di opera d’arte totale. Che cosa pensi di questo concetto?
Ha molto a che fare con il processo di realizzazione del film. L’intento era di rompere lo schermo, permettendo alle idee di recuperare la loro immediatezza. Il film Station to Station è il mio primo tentativo di dar vita a una pellicola per il cinema e la domanda che mi sono subito posto riguardava come creare un nuovo tipo di struttura che avesse senso per il modo di vivere odierno. Una struttura che rendesse conto del nostro modo di esperire le informazioni e di condividerle gli uni con gli altri.
Viviamo in un mondo affollato di frammenti di vita e di esperienze. Noi abbiamo fatto un film completamente frammentario, fatto di brevi storie che, messe insieme, portano lo spettatore a vivere un’esperienza completa. Alla fine del progetto, volevamo davvero diffondere questo film, volevamo condividere ogni idea, ogni incontro, in una sorta di sistema di scambio di idee libero e aperto. Per me è come un fiume di idee. A mio avviso, la situazione ottimale è che lo spettatore si immerga nel film e viva il presente, guardando ogni momento come qualcosa di nuovo.
Che tipo di reazioni ti aspetti dal pubblico?
Penso che il film sia piuttosto estremo, per il tipo di narrazione verbale e visiva che propone. Sono stato veramente attratto dall’idea di creare un paesaggio davvero vasto, come se il film fosse un paesaggio in cui lo spettatore può immergersi, scoprire e connettere le proprie esperienze a quelle degli altri.
Quindi, anche se lo spettatore non è un artista o non conosce l’opera degli artisti coinvolti nel progetto, può comunque comprenderne il senso e l’energia?
Sì, penso che questo si richiami all’idea di living film che avevo in mente.
Presenterai la tua opera a Firenze. Qual è il tuo rapporto con l’Italia?
Sono stato già varie volte in Italia a presentare i miei lavori e per me è un luogo davvero importante. Sono grato di poter condividere il mio film con il pubblico italiano.
Arianna Testino
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